Questa nota paese fornisce una panoramica della situazione del mercato del lavoro in Italia, basandosi sui dati delle Prospettive dell’occupazione OCSE 2024. La nota, inoltre, analizza come la transizione verso la neutralità climatica entro il 2050 influirà sul mercato del lavoro e sull'occupazione dei lavoratori.
Prospettive dell'occupazione OCSE 2024 Nota Paese: Italia
I mercati del lavoro si sono dimostrati solidi ma resta difficile reperire manodopera
I mercati del lavoro dell’area OCSE hanno continuato a registrare ottimi risultati, con molti Paesi che hanno registrato livelli storicamente elevati di occupazione e storicamente bassi di disoccupazione. A maggio 2024, il tasso di disoccupazione dell'OCSE era al 4.9%. Nella maggior parte dei Paesi, i tassi di occupazione sono progrediti più per le donne che per gli uomini, rispetto al livello pre-pandemia. Le difficoltà a reperire manodopera si sono parzialmente attenuate, ma restano generalmente elevate.
Nonostante il rallentamento della crescita economica dalla fine del 2022, il mercato del lavoro italiano ha raggiunto livelli record di occupazione e livelli minimi di disoccupazione e inattività. Il tasso di disoccupazione in Italia è sceso al 6,8% a maggio 2024, 1 punto percentuale in meno rispetto a maggio 2023 e 3 punti percentuali in meno rispetto a prima della crisi COVID-19, ma ancora al di sopra della media OCSE del 4,9%. Anche l'occupazione totale è aumentata nell'ultimo anno, con un incremento su base annua del 2% ad maggio 2024. Tuttavia, il tasso di occupazione italiano rimane ben al di sotto della media OCSE (62,1% contro 70,2% nel 1° trimestre 2024).
Si prevede che il mercato del lavoro continuerà a crescere nei prossimi due anni: nonostante la riduzione della popolazione in età da lavoro, l'occupazione totale dovrebbe crescere dell'1,2% nel 2024 e dell'1% nel 2025.
Nonostante i record recenti, l'Italia è ancora indietro rispetto a molti altri Paesi OCSE in termini di occupazione femminile e giovanile, dove sono necessari ulteriori progressi, anche per coprire il numero relativamente elevato di posti di lavoro vacanti.
A inizio anno, il governo ha sostituito il Reddito di cittadinanza con l’Assegno di inclusione (Adi) e il Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl). Gli incentivi al lavoro per i beneficiari dell'Adi potrebbero essere migliorati con una revoca più graduale dei diritti alla prestazione per coloro che iniziano a lavorare. Estendere l’accesso all'Adi a tutta la popolazione a rischio di povertà e con limitate prospettive di lavoro permetterebbe di proteggere i più vulnerabili concentrando le limitate risorse per la formazione sulle persone più vicine al mercato del lavoro.
I salari reali sono in crescita, ma devono ancora recuperare il terreno perduto
I salari reali sono in crescita su base annua nella maggior parte dei Paesi OCSE, in un contesto di inflazione in calo. Tuttavia, in molti Paesi sono ancora al di sotto del livello del 2019. Mentre i salari reali stanno recuperando parte del terreno perduto, i profitti iniziano ad assorbire parte dell'aumento del costo del lavoro. In molti Paesi c'è spazio per i profitti per assorbire ulteriori aumenti salariali, soprattutto perché non ci sono segnali di una spirale prezzi-salari.
L'Italia è il Paese che ha registrato il maggior calo dei salari reali tra le maggiori economie dell'OCSE. Nel primo trimestre del 2024, i salari reali erano ancora inferiori del 6,9% rispetto a prima della pandemia.
Grazie ai rinnovi di importanti contratti collettivi, soprattutto nel settore dei servizi, il numero di dipendenti del settore privato coperti da un contratto collettivo scaduto è sceso nel primo trimestre del 2024 al 16,7% dal 41,9% dell'anno precedente. Ciò ha contribuito a spingere la crescita dei salari negoziati al 2,8% rispetto all'anno precedente.
Nel complesso, la crescita dei salari reali dovrebbe rimanere contenuta nei prossimi due anni. Si prevede che i salari nominali (retribuzione per dipendente) in Italia aumenteranno del 2,7% nel 2024 e del 2,5% nel 2025. Sebbene questi aumenti siano significativamente inferiori a quelli della maggior parte degli altri Paesi OCSE, consentiranno comunque un recupero di parte del potere d'acquisto perduto, dato che l'inflazione è prevista all'1,1% nel 2024 e al 2% nel 2025.
Le politiche per contrastare il cambiamento climatico porteranno a una significativa riallocazione dei posti di lavoro
Gli ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni stabiliti dai diversi Paesi OCSE avranno un effetto marginale sul numero totale di occupati. Tuttavia, alcuni posti di lavoro scompariranno, mentre nuove opportunità emergeranno e molti posti di lavoro esistenti si trasformeranno. In tutta l'OCSE, il 20% della forza lavoro è impiegata in professioni “green-driven”, cioè professioni che contribuiscono direttamente alla riduzione delle emissioni, ma anche professioni di supporto alle attività verdi e che sono necessarie alla transizione. Circa il 7%, invece, è occupato in industrie ad alta intensità di emissioni di gas serra.
In Italia, il 19,5% della forza lavoro è impiegata in occupazioni “green-driven”. Di queste, solo il 13,7% sono vere e proprie nuove occupazioni verdi. Al contrario, circa il 5,1% dell'occupazione italiana è in occupazioni ad alta intensità di emissioni. La percentuale più alta di occupazioni "green-driven" si trova in Abruzzo, mentre la percentuale più alta di occupazioni ad alta intensità di gas serra si trova in Sardegna.
In Italia, gli uomini hanno maggiori probabilità di essere impiegati in occupazioni “green-driven” e ad alta intensità di gas serra, mentre i lavoratori più anziani hanno maggiori probabilità di essere impiegati in occupazioni ad alta intensità di gas serra.
Le occupazioni ad alta intensità di emissioni e “green-driven” altamente qualificate sono simili nei requisiti di competenze, il che significa che i lavoratori altamente qualificati possono passare da professioni in industrie ad alta intensità di emissioni a professioni che contribuiscono alla neutralità climatica con un sforzo di riqualificazione relativamente basso. Tuttavia, questo non è il caso dei lavoratori meno qualificati, che avranno bisogno di un maggiore sforzo di riqualificazione per uscire dalle occupazioni ad alta intensità di emissioni.
Attualmente, tuttavia, il tasso di partecipazione in programmi di formazione dei lavoratori in Italia rimane basso e i lavoratori che svolgono occupazioni ad alta intensità di emissioni tendono a ricevere una formazione significativamente inferiore rispetto agli altri lavoratori. Il nuovo Supporto per la formazione e il lavoro fornisce un ulteriore incentivo alla formazione. Per contribuire anche alla transizione verde, dovrebbe, però, essere più mirato per rispondere alla carenza di manodopera nei settori chiave per la transizione a zero emissioni. Inoltre, meccanismi di certificazione della qualità dei programmi di formazione dovrebbero diventare la norma in tutte le regioni del Paese.
In termini di qualità del lavoro, i lavori “green-driven” a bassa qualifica tendono ad avere salari e una protezione nel mercato del lavoro significativamente più bassi rispetto ad altri lavori a bassa qualifica. Ciò suggerisce che, al momento, le occupazioni “green-driven” a bassa qualifica rappresentano un'opzione relativamente poco attraente per i lavoratori a bassa qualifica.
I costi della transizione verso la neutralità climatica devono essere confrontati con i costi anche occupazionali dell'inazione nell'affrontare i cambiamenti climatici. Se da un lato le politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici possono imporre dei costi ai mercati del lavoro dell'OCSE, dall'altro i cambiamenti climatici stessi avranno ripercussioni sui lavoratori e sulle imprese: l'8% dei lavoratori in Italia riferisce di soffrire di un forte disagio da caldo per più di metà del tempo lavorativo. Questo è un problema che tocca in particolare i lavoratori che svolgono attività all'aperto e quelli delle industrie di processo e pesanti, con probabili effetti negativi sulla loro salute e produttività.
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Stefano SCARPETTA (✉ stefano.scarpetta@oecd.org)
Andrea GARNERO (✉ andrea.garnero@oecd.org)
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