Nel 2023, la crescita globale si è mostrata resiliente, con un calo dell'inflazione più rapido del previsto. I risultati riportati dai vari Paesi sono divergenti, con una forte crescita negli Stati Uniti e in molte economie emergenti compensata da un rallentamento nella maggior parte dei Paesi europei.
Gli indicatori recenti mostrano una lieve diminuzione della crescita, in un contesto in cui l'inasprimento delle condizioni finanziarie ha continuato a manifestarsi nel mercato del credito e in quello immobiliare e il volume degli scambi commerciali a livello mondiale è rimasto contenuto. Gli attacchi alle navi mercantili nel Mar Rosso hanno determinato un brusco aumento dei costi del trasporto marittimo, allungando i tempi di consegna, congestionando i programmi di produzione e aumentando le pressioni sui prezzi.
Secondo le proiezioni, la crescita del PIL mondiale dovrebbe rallentare e passare dal 3,1 % registrato nel 2023 al 2,9 % nel 2024, per poi risalire al 3,0 % nel 2025, per effetto dell'allentamento delle condizioni finanziarie.
La crescita annua del PIL negli Stati Uniti dovrebbe continuare a essere sostenuta dalla forte spesa delle famiglie e dalle solide condizioni del mercato del lavoro, ma dovrebbe scendere al 2,1 % nel 2024 e all'1,7% nel 2025. Nella zona euro, la crescita del PIL dovrebbe attestarsi allo 0,6 % nel 2024 e all'1,3 % nel 2025, mentre si prevede che l'attività economica subirà inizialmente una frenata dovuta alle condizioni creditizie restrittive nel breve termine, per poi riprendersi con il consolidamento dei redditi reali. Le previsioni indicano che la crescita in Cina subirà un rallentamento, scendendo al 4,7 % nel 2024 e al 4,2 % nel 2025, malgrado gli stimoli aggiuntivi derivanti dalle politiche, per effetto della domanda contenuta dei consumatori, dell'elevato debito pubblico e della debolezza dei mercati immobiliari.
Entro la fine del 2025 l'inflazione dovrebbe tornare all'obiettivo nella maggior parte dei Paesi del G20. Si prevede che l'inflazione complessiva nelle economie di detti Paesi scenderà dal 6,6 % nel 2024 al 3,8 % nel 2025, mentre l'inflazione di fondo nelle economie avanzate del G20 diminuirà dal 2,5 % nel 2024 al 2,1 % nel 2025.
Tuttavia, è troppo presto per avere la certezza che le pressioni sottostanti sui prezzi siano pienamente contenute. Le condizioni del mercato del lavoro sono divenute più equilibrate, ma la crescita del costo unitario del lavoro rimane generalmente superiore ai tassi compatibili con gli obiettivi di inflazione a medio termine.
Le forti tensioni geopolitiche rappresentano un rischio significativo sul breve termine per l'attività economica e l'inflazione, in particolare qualora il conflitto in Medio Oriente dovesse turbare i mercati dell'energia. Il persistere delle pressioni sui prezzi dei servizi potrebbe inoltre generare inattesi aumenti dell'inflazione e innescare una ridefinizione dei prezzi nei mercati finanziari che segue la rivalutazione delle aspettative di allentamento della politica monetaria. La crescita potrebbe inoltre indebolirsi in misura maggiore del previsto se gli effetti persistenti dei passati aumenti dei tassi di riferimento fossero più forti del dovuto.
La politica monetaria deve rimanere prudente per garantire che le pressioni inflazionistiche sottostanti siano costantemente arginate. Esiste un margine per abbassare i tassi di interesse di policy con il calo dell'inflazione, ma l'orientamento delle politiche dovrebbe rimanere lievemente restrittivo per qualche tempo nella maggior parte delle principali economie.
I governi si trovano ad affrontare crescenti sfide di bilancio derivanti dall'aumento dell'onere del debito e dal considerevole incremento delle pressioni sulla spesa futura. Occorre compiere sforzi più decisivi sul breve termine per contenere la crescita della spesa, nonché definire quadri di bilancio a medio termine ben concepiti per contribuire ad assicurare la sostenibilità e fornire flessibilità per reagire agli shock futuri.
È necessario consolidare le basi per la crescita futura mediante riforme politiche volte a migliorare i risultati dell'istruzione, a potenziare lo sviluppo delle competenze e a ridurre i vincoli sui mercati del lavoro e dei prodotti che ostacolano gli investimenti e la partecipazione alla forza lavoro.
Occorre rinforzare la cooperazione internazionale per rilanciare il commercio mondiale, garantire progressi più rapidi e meglio coordinati verso la decarbonizzazione, nonché ridurre l'onere del debito nei Paesi a basso reddito.
Prospettive economiche dell'OCSE, Rapporto intermedio, febbraio 2024
Sintesi
Sviluppi recenti
Nel 2023 l'economia mondiale ha dimostrato di essere resiliente, ma ha perso slancio alla fine dell'anno
1. Lo scorso anno la crescita del prodotto mondiale ha dimostrato una tenuta inaspettatamente buona (Figura 1, Grafico A). All'inizio del 2023 sembrava possibile un rallentamento più marcato della crescita in un contesto caratterizzato da un calo dei redditi reali e da un rapido e diffuso inasprimento della politica monetaria. L'inflazione è scesa più rapidamente del previsto e le misure di sostegno relative all'energia hanno contribuito a tutelare i redditi delle famiglie e a sostenere l'attività in molte economie avanzate. Nel corso dell'anno, la crescita è stata particolarmente vigorosa negli Stati Uniti, anche nel quarto trimestre, sostenuta da una robusta spesa per i consumi, dalla riduzione dei risparmi in eccesso accumulati dalle famiglie dall'inizio della pandemia (Figura 2), nonché dall'aumento della spesa pubblica. In molte altre economie avanzate, specie in Europa, si sono registrati invece risultati più deboli, che rispecchiano la relativa importanza del finanziamento bancario e i perduranti effetti avversi degli shock sui prezzi dell'energia. La crescita ha subito un calo anche nei Paesi in cui i tassi di riferimento più elevati hanno rapidamente generato un incremento dei tassi debitori. In generale, la crescita nelle economie emergenti è proseguita a un ritmo sostenuto, malgrado l'inasprimento delle condizioni finanziarie, sulla scia dei benefici derivanti dal miglioramento del quadro di riferimento delle politiche macroeconomiche, dagli ingenti investimenti nelle infrastrutture operati da diversi Paesi, tra cui l'India, e dal costante aumento dell'occupazione. In Cina, la riapertura dell'economia all'inizio dell'anno ha favorito la ripresa dell'attività, sebbene la contenuta spesa per i consumi e la duratura contrazione del mercato immobiliare stiano continuando a far calare la domanda interna.
I recenti indicatori relativi all'attività economica segnalano il protrarsi di una crescita contenuta a livello mondiale
2. Gli indicatori ad alta frequenza dell'attività mostrano, in generale, che i recenti livelli moderati di crescita continueranno a essere osservati in futuro. Le indagini congiunturali sulle imprese segnalano una maggiore dinamicità dell'attività nel settore dei servizi rispetto a quello manifatturiero, con una stagnazione della produzione industriale, ad eccezione della Cina, negli ultimi mesi e andamenti divergenti nei vari Paesi. Si osservano chiari segnali di un forte slancio a breve termine in India, di una relativa debolezza in Europa e di una crescita moderata nel breve periodo nella maggior parte delle altre principali economie (Figura 1, Grafico B). Anche la fiducia dei consumatori resta bassa rispetto alle tendenze di lungo periodo in molte economie avanzate e in Cina, ma ha resistito meglio in un gran numero di economie emergenti in cui la crescita è stata recentemente più forte del previsto, in particolare in Messico e Brasile.
3. Gli scambi commerciali a livello mondiale rimangono deboli, ma hanno iniziato a mostrare alcuni segni di miglioramento. La graduale ripresa della produzione di semiconduttori e prodotti elettronici in Asia e l'aumento delle vendite di autoveicoli contribuiscono a sostenere gli scambi di merci, mentre gli scambi di servizi sono sostenuti dal ritorno del traffico aereo internazionale di passeggeri al suo livello precedente alla pandemia. Tuttavia, le misure relative agli ordini di esportazione elaborate in base alle indagini rimangono generalmente limitate, in particolare nel settore manifatturiero, mentre emergono ulteriori interruzioni degli approvvigionamenti.
4. Gli attacchi alle navi nel Mar Rosso hanno portato a un riorientamento dei flussi commerciali (Figura 3, Grafico A). Si è registrato un brusco aumento dei costi di spedizione (Figura 3, Grafico B) e i tempi di consegna si sono allungati, in particolare per i flussi commerciali dall'Asia all'Europa. Tali problematiche hanno già iniziato a causare interruzioni dei programmi di produzione in Europa, in particolare per le case automobilistiche. Nel 2022, attraverso il Mar Rosso è transitato circa il 15 % del volume degli scambi commerciali marittimi a livello mondiale. L'utilizzo di una rotta più lunga, che circumnaviga il Capo di Buona Speranza, porta ad un incremento del tempo di percorrenza tra il 30 % e il 50 %, a seconda della rotta intrapresa, e aumenta la necessità globale di capacità di trasporto marittimo. Lo sviluppo di capacità di approvvigionamento quest'anno, legato all'aumento dei nuovi ordinativi di container dopo la pandemia, dovrebbe contribuire a soddisfare il crescente fabbisogno in termini di spedizioni e a contenere le pressioni sui costi. Tuttavia, come osservato durante e immediatamente dopo la pandemia, i prezzi più elevati per il trasporto marittimo aumenteranno i costi, in particolare per le merci. Secondo le elaborazioni dell'OCSE, il recente aumento del 100 % dei costi di trasporto, se duraturo, potrebbe causare l'aumento annuo dell'inflazione dei prezzi all'importazione nella zona OCSE di quasi 5 punti percentuali, il che comporterebbe un incremento dell'inflazione al consumo di 0,4 punti percentuali dopo circa un anno.
L'inflazione complessiva e quella di fondo sono in calo, ma la disinflazione potrebbe rallentare
5. Considerato che l'inflazione dei prezzi dell'energia e dei generi alimentari è calata e le politiche monetarie hanno assunto un orientamento restrittivo, nel 2023 l'inflazione complessiva e quella di fondo hanno registrato una diminuzione. L'inflazione dei beni è scesa a un livello basso nella maggior parte dei Paesi, grazie al calo dei prezzi dell'energia e alla graduale riduzione delle strozzature della catena di approvvigionamento rispetto ai massimi raggiunti nel 2021-2022. L'inflazione dei servizi è stata generalmente più persistente, registrando una diminuzione solo graduale. La stima della scomposizione dell'inflazione al consumo tra fattori legati all'offerta e fattori legati alla domanda in vari Paesi dell'OCSE, indica che entrambi i fattori sembrano aver concorso al calo dell'inflazione per circa un anno (Figura 4). Il diffuso allentamento delle pressioni inflazionistiche ha contribuito ad attenuare i timori che le aspettative di inflazione potessero non essere ancorate, mentre le aspettative di inflazione a breve termine del settore privato hanno continuato a frenare. In alcuni Paesi il tasso annuo di inflazione complessiva ha già raggiunto l'obiettivo ufficiale, o ne è sceso al di sotto, sebbene ciò non sia ancora avvenuto per l'inflazione di fondo. In pochi altri Paesi, in particolare negli Stati Uniti, le variazioni mensili dei prezzi sono state invece recentemente in linea con l'obiettivo di inflazione.
6. Alcuni dei fattori che hanno contribuito alla disinflazione nell'ultimo anno, quali i miglioramenti nelle catene di approvvigionamento e il calo dei prezzi delle materie prime, stanno attualmente perdendo effetto o stanno mutando. Altri fattori, invece, sono esposti agli sviluppi geopolitici, agli eventi meteorologici estremi (in particolare al fenomeno de El Niño in corso) o ad altri shock esogeni. Poiché l'inflazione di fondo è ancora al di sopra dell'obiettivo nella maggior parte dei Paesi e la crescita del costo unitario del lavoro rimane generalmente al di sopra dei livelli coerenti con gli obiettivi di inflazione a medio termine, è troppo presto per essere sicuri che l'episodio inflazionistico iniziato nel 2021 terminerà nel 2025.
7. I tassi di disoccupazione sono generalmente rimasti bassi in una prospettiva storica nella maggior parte dei Paesi, mentre l'inflazione è diminuita, aumentando la probabilità di un "atterraggio morbido". Vari indicatori suggeriscono che l'equilibrio tra domanda e offerta continua a migliorare nei mercati del lavoro. Le ore lavorate totali si sono stabilizzate in molti Paesi e sono diminuite marginalmente nella zona euro e in Canada. Inoltre, la crescita dell'occupazione è rallentata e il numero di posti vacanti è diminuito (Figura 5). La forte crescita demografica e il miglioramento dei tassi di partecipazione alla forza lavoro hanno inoltre aumentato l'offerta di manodopera. I risultati dell'indagine condotta mostrano che le imprese registrano attualmente una minore carenza di manodopera, sebbene le difficoltà che hanno incontrato in passato relativamente all'assunzione di personale possano limitare la misura in cui esse sono disposte a effettuare licenziamenti. La crescita dei salari nominali sembra aver raggiunto il picco nella maggior parte delle economie, visto che il divario tra i guadagni salariali di coloro che cambiano lavoro e quelli che rimangono nei loro posti di lavoro si è ridotto e che la domanda ha subito un rallentamento. Tuttavia, in molte economie la crescita del costo unitario del lavoro rimane elevata, pari o superiore al 4 %, in parte a causa dei deboli incrementi di produttività.
Le condizioni finanziarie si sono allentate, sebbene la crescita del credito rimanga contenuta
8. Le condizioni finanziarie mondiali si sono recentemente allentate, con gli operatori dei mercati finanziari che ora si affidano a tagli dei tassi di riferimento anticipati e più rapidi di quanto previsto in precedenza. I rendimenti obbligazionari a lungo termine sono diminuiti, i corsi azionari si sono rafforzati e la volatilità è minore. Tuttavia, le condizioni finanziarie rimangono relativamente restrittive quasi ovunque. I tassi di interesse reali a lungo termine si attestano attualmente ai medesimi livelli osservati per l'ultima volta prima della crisi finanziaria mondiale in molte economie e la crescita del credito è diventata negativa in termini reali per effetto dell'incremento dei tassi sui prestiti e dell'inasprimento delle norme per la loro erogazione.
9. L'impatto dell'inasprimento della politica monetaria rimane evidente anche sui mercati immobiliari. I fattori strutturali, tra cui la forte crescita demografica e il limitato numero di immobili in vendita, hanno determinato una stabilizzazione dei prezzi delle abitazioni in diversi Paesi in cui erano inizialmente diminuiti a causa dell'aumento dei tassi di riferimento e dei tassi sui mutui. Tuttavia, il volume delle transazioni ha continuato a diminuire in modo significativo (Figura 6), suggerendo che potrebbe verificarsi un ulteriore calo dei prezzi qualora un maggior numero di proprietari di abitazioni fosse costretto a vendere i propri immobili. I volumi delle transazioni sono diminuiti anche nei mercati degli immobili a uso commerciale, dove la domanda è diminuita a causa dei maggiori costi di finanziamento e dell'adozione di nuove pratiche di lavoro a seguito della pandemia.
Proiezioni
La crescita dovrebbe rimanere contenuta, mentre l'inflazione convergerà verso gli obiettivi fissati
10. La dissipazione o l'inversione di fattori ciclici precedentemente favorevoli alla crescita, come la diminuzione delle strozzature dell'offerta a seguito della pandemia, l'orientamento restrittivo delle politiche macroeconomiche attuate nelle principali economie avanzate e le difficoltà strutturali della Cina dovrebbero tradursi in un ulteriore calo della crescita del PIL mondiale, che nel 2024 dovrebbe scendere al 2,9 %, dal 3,1 % registrato nel 2023. Questo sarebbe il terzo anno consecutivo a essere caratterizzato da una crescita moderata. Nel 2025 la crescita mondiale dovrebbe risalire al 3,0 %, sostenuta da un allentamento generalizzato delle politiche monetarie, favorito dalla convergenza dell'inflazione verso gli obiettivi delle banche centrali e da una ripresa costante del reddito reale. (Tabella 1 e Figura 7). In assenza di ulteriori shock avversi dal lato dell'offerta, l'allentamento delle pressioni sul lato della domanda dovrebbe consentire un ulteriore calo dell'inflazione complessiva e di fondo nella maggior parte delle economie.
11. Negli Stati Uniti, per il 2024 si prevede una limitazione dell'uso dei risparmi in eccesso da parte delle famiglie e dell'ingente spesa pubblica, ma il calo dell'inflazione rafforzerà la crescita positiva dei salari reali e l'abbassamento dei tassi di interesse di policy. Secondo le previsioni, la crescita annua del PIL dovrebbe diminuire gradualmente fino al livello tendenziale, raggiungendo il 2,1 % nel 2024 e l'1,7 % nel 2025. Anche l'Europa sta risentendo degli effetti di riduzione della domanda dovuti all'inasprimento delle politiche. Si prevede che nella zona euro la crescita rimanga debole durante tutto il primo semestre del 2024, prima di riprendersi costantemente in un contesto caratterizzato da una maggiore robustezza dei redditi reali: il tasso di crescita medio annuo dovrebbe salire dallo 0,6 % registrato nel 2023 allo 0,8 % nel 2024 e all'1,4 % nel 2025. Il profilo di sviluppo del Regno Unito è simile, con una crescita che dovrebbe aumentare dallo 0,3 % osservato nel 2023 allo 0,7 % nel 2024 e all'1,2 % nel 2025. In Giappone la crescita salariale dovrebbe rafforzarsi gradualmente, ma la crescita del PIL dovrebbe scendere all'1 % sia nel 2024 che nel 2025, a seguito dell'inasprimento delle politiche macroeconomiche.
12. Le condizioni economiche delle economie emergenti del G20 sono molto diverse e i principali fattori che determinano la crescita variano notevolmente. La Cina continua a confrontarsi con una crisi immobiliare in lenta evoluzione, con successive ondate di stimoli derivanti dalle politiche volti a compensare l'attuale contrazione del settore immobiliare, mentre la scarsa fiducia dei consumatori e l'inadeguatezza delle reti di sicurezza sociale ostacolano la crescita dei consumi privati. Le proiezioni indicano che la crescita del PIL in Cina scenderà dal 5,2 % registrato nel 2023 al 4,7 % nel 2024 e al 4,2 % nel 2025. L'India e l'Indonesia dovrebbero registrare un'espansione dell'attività economica nei prossimi due anni, favorita da un forte incremento degli investimenti, con un aumento del PIL rispettivamente pari a oltre il 6,25 % e al 5 % all'anno. Le proiezioni relative ad altre economie emergenti del G20 delineano per lo più un miglioramento della crescita nel periodo 2024-2025, sostenuto da condizioni finanziarie più favorevoli e dalla domanda estera, sebbene fattori idiosincratici incidano sul profilo di crescita dei singoli Paesi. L'elevata inflazione e il forte inasprimento fiscale dovrebbero portare a un calo della produzione in Argentina nel 2024, prima che la crescita riprenda nel 2025, quando gli effetti delle riforme inizieranno a farsi sentire.
13. Secondo le proiezioni, l'inflazione aggregata dei prezzi al consumo per le economie del G20 dovrebbe essere più elevata nel 2024 rispetto al 2023, ma l'entità dell'aumento dell'inflazione in Argentina e Turchia distorce questo confronto. In entrambi i Paesi l'inflazione complessiva ha subito un'accelerazione alla fine del 2023, generando un forte effetto di trasmissione sull'inflazione media annua nel 2024. Ad esclusione di detti Paesi, l'inflazione nelle economie del G20 dovrebbe scendere dal 3,6 % riportato nel 2023 al 2,7 % nel 2024 e al 2,4 % nel 2025. Entro la fine del 2025, l'inflazione dovrebbe essere in linea con gli obiettivi delle banche centrali nella maggior parte dei Paesi del G20 (Tabella 2, Figura 8).
14. Nel 2023 l'inflazione complessiva è diminuita nelle principali economie avanzate passando dal 6,5 % nel 2022 al 4,5 % su una media annua e, nell'ultimo trimestre dell'anno, si è attestata a solo il 2 % in termini annualizzati. La disinflazione è stata favorita dall'abbassamento dei prezzi dell'energia iniziato dalla metà del 2022 e dai precedenti miglioramenti nello stato delle catene di approvvigionamento. Tenendo presente che gli effetti base connessi ai prezzi dell'energia e dei beni essenziali dovrebbero essere meno favorevoli nel 2024 e che iniziano a riapparire strozzature dell'offerta, il persistente effetto frenante sulla domanda dovuto a politiche monetarie restrittive dovrebbe comportare un ulteriore graduale calo dell'inflazione complessiva nel 2024 e nel 2025. Nelle economie avanzate del G20, considerate nel complesso, l'inflazione di fondo è diminuita solo lievemente nel 2023 rispetto al 2022, ma dovrebbe continuare a rallentare nei prossimi due anni, in un contesto di graduale allentamento delle pressioni sul costo del lavoro, sostenuta da una certa compressione dei margini di profitto (Tabella 3).
15. Nelle economie emergenti, l'inflazione dovrebbe rimanere generalmente superiore a quella delle economie avanzate, diminuendo gradualmente durante il periodo 2024-2025. L'inasprimento delle politiche monetarie e l'avvicendarsi di cicli dei prezzi dell'energia e dei beni alimentari hanno anche rappresentato i principali fattori determinanti dell'inflazione in molte di queste economie. In Brasile, India, Indonesia, Messico e Sud Africa l'inflazione dovrebbe continuare a diminuire e raggiungere o convergere verso gli obiettivi delle banche centrali entro la fine del 2025. In alcuni altri Paesi, le prospettive per l'inflazione sono maggiormente condizionate da fattori idiosincratici. La Turchia e l'Argentina costituiscono eccezioni, in quanto i loro tassi di inflazione significativamente più elevati derivano dall'orientamento accomodante delle politiche macroeconomiche adottato in passato, mentre la Cina è caratterizzata dal suo ciclo, con una domanda dei consumatori contenuta e un calo dei prezzi delle carni suine che mantengono l'inflazione a un livello molto basso.
Rischi e sfide
16. Gli aumenti imprevisti dell'inflazione potrebbero portare a forti aggiustamenti dei prezzi delle attività finanziarie se i mercati incorporassero nei prezzi le loro aspettative di un prolungato mantenimento dei tassi di riferimento a un livello elevato. I dati sull'inflazione rischiano di deludere per diversi motivi. I rischi geopolitici, in particolare quelli legati al conflitto in Medio Oriente dopo gli attacchi terroristici di Hamas contro Israele, rimangono significativi (Figura 9, Grafico A). Un ampliamento o un'escalation del conflitto potrebbero portare a perturbazioni del trasporto marittimo di maggiore entità rispetto a quanto attualmente previsto, nonché aumentare le strozzature dell'approvvigionamento e spingere verso l'alto i prezzi dell'energia in caso di interruzioni del traffico sulle principali rotte di trasporto di petrolio e gas dal Medio Oriente all'Asia, all'Europa e alle Americhe (Figura 9, Grafico B). Ciò danneggerebbe la crescita, aumenterebbe direttamente le pressioni inflazionistiche e potrebbe portare a una fuga verso attività sicure sui mercati finanziari globali. L'atteso calo dell'inflazione nel settore dei servizi potrebbe anche essere ostacolato qualora persistano le pressioni sui costi a causa dell'effetto combinato della forte crescita dei salari nominali e della bassa produttività, o se i margini di profitto non dovessero restringersi come previsto. Le aspettative di inflazione potrebbero riprendersi anche in caso di ulteriori shock negativi, in particolare nei mercati dell'energia, poiché le aspettative di inflazione delle famiglie sono fortemente correlate ai prezzi della benzina.
17. Vi è anche il rischio che il futuro effetto frenante dei passati aumenti dei tassi di riferimento sia più forte del previsto. Vi è grande incertezza circa l'entità della riduzione della domanda già avviata dagli aumenti dei tassi di riferimento che sono stati finora applicati. Nel complesso, nell'ultimo anno la disinflazione ha progredito a un ritmo lievemente superiore alle attese e i tassi di interesse reali forward-looking sono diventati più restrittivi. Inoltre, l'inasprimento della politica monetaria negli ultimi due anni è stato di una portata e di una velocità raramente osservate in passato (o addirittura senza precedenti nella zona euro, istituita nel 1999) e può avere effetti non lineari. La trasmissione dell'aumento dei tassi sui prestiti sull'onere per il servizio del debito delle famiglie e delle imprese rimane parziale, in particolare nei Paesi in cui la maggior parte dei mutui immobiliari in essere sono soggetti a un tasso fisso o a un tasso che può essere rivisto solo dopo diversi anni, o in cui le imprese hanno potuto beneficiare di costi di finanziamento eccezionalmente bassi prima del 2022. Gli effetti dell'aumento dei tassi di interesse si faranno sentire sempre più quando tali debiti arriveranno a scadenza o le condizioni di prestito saranno riviste. Pertanto, è possibile che gli effetti ritardati delle misure di irrigidimento monetario già adottate sulla crescita e sull'occupazione potrebbero ancora rivelarsi superiori alle attese, in particolare nelle economie dipendenti dal credito.
Requisiti di policy
Politica monetaria
18. Nelle principali economie avanzate, i tassi di interesse di policy sono rimasti invariati negli ultimi mesi. I tassi di interesse reali forward-looking sono attualmente positivi, con la notevole eccezione del Giappone, dove la politica monetaria rimane accomodante, mentre la riduzione dei bilanci delle banche centrali continua in linea con le traiettorie chiaramente comunicate, acuendo le pressioni sui tassi di interesse a lungo termine. Anche gli effetti cumulativi delle misure di irrigidimento monetario già adottate continuano a trasmettersi sull'attività economica, sui mercati immobiliari e del credito.
19. La politica monetaria deve rimanere prudente per garantire che le pressioni inflazionistiche sottostanti siano costantemente arginate. Purché l'inflazione continui a diminuire, negli Stati Uniti e nella zona euro potrebbe essere avviato un abbassamento dei tassi nominali di riferimento già nel secondo e terzo trimestre del 2024 rispettivamente, ma l'orientamento di politica monetaria dovrebbe rimanere restrittivo per qualche tempo (Figura 10, Grafico A). Il ritmo e l'entità dei tagli ai tassi di riferimento dipenderanno dai dati e potrebbero variare da un Paese all'altro a seconda delle condizioni economiche. La stabilità dei prezzi dei beni, la continua riduzione degli squilibri tra domanda e offerta nei mercati del lavoro e la diminuzione delle pressioni sui costi e sui prezzi nei settori dei servizi saranno tutti fattori chiave che contribuiranno a stabilire i tempi di riduzione dei tassi di riferimento. In Giappone, invece, si prevede un graduale aumento dei tassi di interesse di policy nei prossimi due anni, a condizione che l'inflazione si attesti al 2 %, come previsto. Tuttavia, la politica monetaria dovrebbe rimanere accomodante per qualche tempo e i tassi di interesse reali rimarranno negativi fino alla fine del 2025.
20. La presenza di condizioni finanziarie più favorevoli a livello mondiale e la prevista introduzione di riduzioni dei tassi di riferimento nelle economie avanzate allargano lo spazio di manovra della politica monetaria nelle economie emergenti fornendo maggiore flessibilità per applicare riduzioni ai tassi di riferimento. Ciononostante, le differenze negli andamenti economici sottostanti si riflettono in un orientamento sempre più divergente delle politiche economiche nelle economie principali. Visti i livelli di inflazione ancora molto bassi, la Cina ha continuato a ridurre l'aliquota di riserva obbligatoria e alcuni tassi sui prestiti al fine di aumentare la liquidità all'interno del sistema finanziario e sostenere la crescita. Si assiste a una riduzione dei tassi di riferimento anche in alcuni Paesi dell'America latina, tra cui il Brasile, che sono stati tra i primi a inasprire in misura significativa le politiche nel 2021 e nei quali l'inflazione è ora scesa bruscamente verso l'obiettivo. In altri Paesi, tra cui India, Indonesia, Messico e Sud Africa, l'allentamento delle politiche non è stato ancora avviato e l'inflazione rimane contenuta, ma non ha ancora registrato un calo sostanziale. Nella maggior parte di queste economie vi è margine per un allentamento graduale delle politiche nei prossimi due anni, a condizione che la disinflazione prosegua (Figura 10, Grafico B). Il ritmo della riduzione dei tassi di riferimento dovrebbe rimanere moderato, per far sì che le aspettative di inflazione rimangano saldamente ancorate e venga evitato un rapido restringimento dei differenziali di interesse con le economie avanzate, il che potrebbe aumentare il rischio di deflussi di capitale o di deprezzamento valutario. In altre economie, tra cui la Turchia, i tassi di riferimento potrebbero dover rimanere invariati per frenare l'inflazione persistente.
Politica di bilancio
21. I governi devono operare scelte di bilancio difficili. L'onere del debito pubblico è aumentato considerevolmente negli ultimi quindici anni (Figura 11) e il costo del servizio del debito aumenta costantemente man mano che i titoli di debito a basso rendimento giungono a scadenza e sono sostituiti da nuove emissioni a rendimento più elevato. L'invecchiamento demografico, la transizione climatica e i piani per aumentare la spesa per la difesa rientrano tra i fattori che indicano un aumento delle pressioni future sulla spesa. In assenza di adeguamenti compensativi della spesa o di maggiori oneri fiscali, tali tensioni aumenteranno considerevolmente l'attuale livello di debito in molti Paesi nei prossimi decenni. Allo stato attuale degli accantonamenti governativi, si prevede che pochi Paesi saranno in grado di conseguire un avanzo primario (un fattore determinante che ha precedentemente ridotto, o contribuito a ridurre, l'onere del debito) per qualche tempo. Di fatto, alcuni Paesi, tra cui gli Stati Uniti e il Giappone, presentano ancora ampi disavanzi di bilancio, anche se la capacità inutilizzata nelle rispettive economie è limitata o nulla. Ciò indica la presenza di significative pressioni di bilancio sottostanti che, in assenza di controllo, potrebbero aumentare ulteriormente il debito.
22. In molte economie, è necessario attuare riforme fiscali e della spesa per garantire che il debito pubblico rimanga su un percorso sostenibile, anche intensificando gli sforzi nel breve termine per contenere la crescita della spesa, rivederne la composizione e creare un margine di manovra per far fronte alle future pressioni di bilancio. Riforme pensionistiche ambiziose, come l'indicizzazione dell'età pensionabile legale alle future variazioni dell'aspettativa di vita, combinate con riforme del mercato del lavoro volte a migliorare le prospettive occupazionali dei lavoratori più anziani, potrebbero alleggerire notevolmente le future pressioni di bilancio. Sul fronte delle entrate, lo spostamento dell'onere fiscale dal lavoro al patrimonio e ai consumi, nonché la riduzione delle esenzioni fiscali, amplierebbero la base imponibile, aumenterebbero gli introiti e renderebbero il sistema fiscale più favorevole alla crescita. Quadri di bilancio credibili a medio termine, accompagnati da chiare linee guida in materia di spesa e tasse che tengano sotto controllo il debito pubblico senza compromettere la spesa necessaria a sostenere la crescita a lungo termine e la transizione climatica, contribuirebbero inoltre a garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche, fornendo al contempo la flessibilità necessaria per rispondere agli shock futuri.
23. Le economie emergenti devono inoltre far fronte a pressioni di bilancio e a rischi di rifinanziamento connessi all'elevato livello del debito pubblico e all'aumento dei pagamenti degli interessi. Anche la percentuale di Paesi a basso reddito in sovraindebitamento rimane elevata, malgrado i recenti miglioramenti, e molti Paesi non sono stati in grado di accedere ai mercati obbligazionari internazionali negli ultimi due anni, in particolare nell'Africa subsahariana. I governi devono ricostituire il margine fiscale e ridurre l'onere del servizio del debito, proteggendo al contempo la spesa per lo sviluppo. Misure volte a rafforzare la riscossione delle entrate e a combattere l'evasione fiscale, nonché mirate a migliorare l'efficienza della spesa, ridurre l'onere per le imprese statali e ridimensionare l'attività informale fornirebbero risorse per finanziare le spese infrastrutturali necessarie ed estendere la copertura dei sistemi di protezione sociale. Regole di bilancio e istituzioni trasparenti e credibili contribuirebbero a ridurre i costi di finanziamento e a limitare la natura prociclica della politica di bilancio in molte economie ricche di materie prime, rafforzando così la stabilità macroeconomica.
Le politiche strutturali dovrebbero mirare a rafforzare le basi per una crescita sostenibile
24. I recenti shock subiti dall'economia mondiale e le sfide a lungo termine già affrontate dai governi a causa del deterioramento delle prospettive di crescita futura, della transizione climatica e della trasformazione digitale, sottolineano l'urgente necessità di riforme strutturali per aumentare la produttività, gli investimenti e l'attività, accelerare la decarbonizzazione e rendere la crescita più inclusiva. Il settore fondamentale dell'istruzione fornisce un buon esempio a tale riguardo. Il capitale umano è essenziale per la crescita, in quanto influisce sulla produttività, l'innovazione e la diffusione delle conoscenze e garantisce l'accesso alle opportunità di lavoro per tutti. L'indagine PISA 2023 dell'OCSE è particolarmente allarmante in quanto dimostra che tra il 2018 e il 2022 (un periodo che comprende l'intera durata della pandemia da COVID‑19), in molti Paesi i punteggi dei quindicenni valutati sulla lettura e sulla matematica hanno registrato un calo senza precedenti (Figura 12). I dati empirici dell'OCSE indicano che tale calo dei punteggi PISA potrebbe avere un impatto negativo duraturo sui livelli di produttività nei prossimi 30-40 anni.
25. La chiusura delle scuole durante la pandemia potrebbe aver contribuito al recente calo dei punteggi, in particolare tra gli studenti svantaggiati che non hanno potuto beneficiare appieno dell'istruzione online. Tuttavia, il recente peggioramento dei risultati segue la tendenza al ribasso dei punteggi già registrata prima del 2018, il che dimostra che i sistemi di istruzione di alcuni Paesi presentano problemi di più lungo termine. I Paesi devono agire per migliorare i loro sistemi di istruzione e lo sviluppo delle competenze. Tra le principali riforme dei sistemi di istruzione figurano: l'adozione di misure per migliorare la qualità dell'insegnamento e le qualifiche degli insegnanti; il potenziamento dell'efficienza delle risorse destinate agli studenti e alle scuole svantaggiate; l'ampliamento dell'istruzione professionale e dell'apprendimento permanente; il rafforzamento della capacità degli istituti di istruzione professionale e delle università di adattarsi alle esigenze del mercato del lavoro. Se, da un lato, tali riforme implicheranno costi di bilancio aggiuntivi, accentuando così le sfide che i governi devono affrontare, dall'altro sarà altrettanto importante migliorare la qualità della spesa.
26. Il rilancio degli scambi commerciali a livello mondiale rappresenta un'altra priorità chiave. Mercati internazionali aperti e ben funzionanti, inseriti in un sistema commerciale globale basato su regole, costituiscono un'importante fonte di prosperità di lungo termine per le economie sia avanzate che emergenti. Sebbene fattori ciclici, quali le variazioni nella composizione della domanda, abbiano influenzato i recenti andamenti commerciali, dall'inizio della crisi finanziaria mondiale si è registrato un rallentamento strutturale a più lungo termine dell'apertura del commercio internazionale. Ciò ha contribuito alla recente riduzione della crescita della produttività. L'integrazione delle catene globali del valore ha subito un rallentamento, le politiche commerciali sono diventate più restrittive e le politiche nazionali sono sempre più incentrate sulla dimensione interna. Una sfida cruciale consisterà nel continuare a tenere presenti i vantaggi che l'espansione commerciale potrebbe generare, nonché i benefici in termini di efficienza delle catene globali del valore, rafforzando nel contempo la loro resilienza.
27. Occorre intensificare la cooperazione multilaterale per affrontare la sfida comune della transizione climatica. Stando all'attuale mix di politiche pubbliche nazionali, le emissioni globali di gas serra potrebbero non iniziare a diminuire prima del 2030 e, pertanto, sarà difficile raggiungere l'obiettivo di azzerare le emissioni nette di gas a effetto serra entro la metà del secolo. Per conseguire tale obiettivo sono necessari cambiamenti economici strutturali e una sostanziale ridistribuzione del lavoro e del capitale da attività ad alta intensità di emissioni ad attività più verdi. Per accelerare il ritmo della decarbonizzazione occorreranno nuovi pacchetti di misure ambiziose. L'aumento degli investimenti nelle infrastrutture verdi e digitali e il sostegno all'innovazione, il rafforzamento delle norme per agevolare una riduzione delle emissioni e l'aumento della portata e del livello della fissazione del prezzo del carbonio costituiscono priorità fondamentali per l'azione politica.