Lo status socioeconomico può incidere in maniera significativa sulla partecipazione degli studenti all'istruzione, in particolare a quei livelli che, in molti Paesi, dipendono maggiormente dalla spesa privata, quali l'istruzione e la cura della prima infanzia e l'istruzione universitaria. In Italia, le fonti private hanno rappresentato il 19 % della spesa totale negli istituti scolastici della prima infanzia, il che costituisce una percentuale leggermente superiore alla media OCSE pari al 17 %. A livello di istruzione terziaria, in Italia il 36 % della spesa proviene da fonti private rispetto al 30 % in media nei Paesi dell'OCSE.
Le tasse universitarie degli istituti pubblici italiani per un corso di laurea sono nella media rispetto a tutti i Paesi con dati disponibili. Le tasse universitarie applicate per l’anno 2019-2020 agli studenti autoctoni ammontano a 2 013 USD all'anno per un corso di laurea, il che equivale al 29 % in più rispetto alla tassa universitaria media del periodo 2009-2010.
I trasferimenti finanziari dal settore pubblico a quello privato e il sostegno finanziario pubblico diretto agli studenti possono alleggerire l'onere finanziario dell'istruzione. In Italia, il 38 % degli studenti universitari autoctoni ha beneficiato di un sostegno finanziario sotto forma di contributi pubblici, borse di studio e prestiti agli studenti. Nel 2018 i trasferimenti da pubblico a privato hanno rappresentato il 12 % della spesa complessiva per gli istituti universitari, un dato superiore alla media OCSE pari all'8 %. I trasferimenti pubblico-privato sono generalmente meno frequenti nella scuola dell'infanzia e rappresentano in media lo 0,6 % della spesa totale in tutta l’area OCSE. In Italia, tuttavia, non si registrano trasferimenti pubblico-privato a questo livello.
Nella maggior parte dei Paesi dell'OCSE, lo status socioeconomico influenza i risultati dell'apprendimento più del genere e dello status di immigrati. In Italia la quota di minori posizionati nell'ultimo quartile dell'indice PISA in termini di status economico, sociale e culturale (ESCS) che hanno raggiunto almeno un livello PISA 2 di competenza in lettura nel 2018 era inferiore del 28 % rispetto alla percentuale osservata tra gli studenti che si posizionano nel quartile più elevato dell'indice ESCS, il che corrisponde a una quota più ristretta rispetto alla media OCSE del 29 %.
La mobilità internazionale degli studenti universitari è aumentata costantemente raggiungendo circa 54 900 studenti in Italia, pari al 3 % degli studenti universitari nel 2019. La quota maggiore di studenti universitari internazionali presenti in Italia arriva dalla Cina. Gli studenti provenienti da Paesi a basso e medio-basso reddito sono generalmente meno propensi a studiare all'estero. Nel 2019 hanno rappresentato il 29 % degli studenti internazionali nei Paesi dell'OCSE, rispetto al 20 % registrato per l'Italia.
Grandi differenze nel livello di istruzione possono portare a disparità retributive più consistenti in molti Paesi. In Italia, nel 2017, il 29 % degli adulti di età compresa tra i 25 e i 64 anni con un livello di istruzione secondaria di primo grado o inferiore ha guadagnato al massimo la metà della retribuzione mediana, collocandosi al di sopra della media OCSE del 27 %.
Education at a Glance 2021
Italia
Garantire pari opportunità per gli studenti provenienti da diversi contesti socioeconomici
Disuguaglianze di genere nell'istruzione e risultati
In Italia, nei percorsi di istruzione e formazione iniziale l'1,9 % degli studenti della scuola secondaria di primo grado e il 3,3 % degli studenti nella scuola superiore hanno ripetuto un anno nel 2019, rispetto all'1,9 % e al 3 % della media dei Paesi dell'OCSE. I ragazzi hanno più probabilità di ripetere un anno nei percorsi di istruzione e formazione iniziale della scuola secondaria rispetto alle ragazze. In Italia, il 65 % dei ripetenti nella scuola secondaria di primo grado è costituito da ragazzi, il che rappresenta una quota superiore rispetto alla media OCSE, pari al 61 %. A livello di istruzione secondaria, la percentuale di ragazzi ripetenti in Italia scende al 48 % rispetto al 57 % in media nei Paesi dell'OCSE.
Nella maggior parte dei Paesi dell'OCSE la probabilità che gli uomini perseguano un percorso tecnico-professionale a livello secondario superiore è più alta rispetto alle donne. Ciò vale anche in Italia, dove il 61 % dei diplomati di istituti tecnico-professionali di secondo grado nel 2019 era composto da uomini (rispetto alla media OCSE del 55 %). È più probabile che le donne completino cicli di istruzione secondaria superiore di indirizzo liceale. Ciò accade anche in Italia, dove le donne rappresentano il 62 % dei diplomati di corsi di studio a indirizzo liceale di istruzione secondaria superiore, rispetto al 55 % della media OCSE (Figura 1).
Negli ultimi decenni l'istruzione terziaria si è maggiormente diffusa e, nel 2020, le donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni erano più propense degli uomini a conseguire un titolo di studi terziario in tutti i Paesi dell'OCSE. In Italia, nel 2020, il 35 % delle donne appartenenti alla suddetta fascia di età aveva una qualifica di istruzione terziaria rispetto al 23 % dei loro coetanei uomini, mentre in media nei Paesi dell'OCSE le percentuali erano del 52 % tra le giovani donne e del 39 % tra gli uomini della stessa età.
Le differenze di genere nella distribuzione dei nuovi immatricolati a corsi di istruzione terziaria nelle varie discipline di studio sono significative. Nella maggior parte dei Paesi dell'OCSE le donne tendono ad essere sottorappresentate in alcuni settori della scienza, della tecnologia, dell'ingegneria e della matematica (STEM). In media, nel 2019, il 26 % dei nuovi iscritti a corsi di laurea in ingegneria o attinenti all’ambito della produzione e dell'edilizia e il 20 % dei nuovi iscritti a corsi di laurea in tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) erano donne. In Italia, le donne hanno rappresentato il 27 % dei nuovi immatricolati a corsi di ingegneria o attinenti alla produzione e all'edilizia, e il 14 % dei nuovi immatricolati a corsi attinenti alle TIC. Al contrario, esse hanno costituito il 92 % dei nuovi immatricolati a corsi di studi abilitanti all'insegnamento, un settore in cui prevalgono tradizionalmente le donne. In Italia, gli uomini rappresentano il 23 % degli insegnanti di tutti i livelli di istruzione, rispetto alla media OCSE pari al 30 %.
Le giovani donne hanno meno probabilità di trovare un impiego rispetto ai loro coetanei uomini, in particolare quando sono in possesso di un titolo di istruzione di livello inferiore. In Italia, solo il 30 % delle donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni con un diploma di istruzione secondaria di primo grado ha trovato un impiego nel 2020 rispetto al 64 % degli uomini. Questa differenza di genere è superiore alla media dell’area OCSE, dove il 43 % delle donne e il 69 % degli uomini con un livello di istruzione secondaria di primo grado ha un lavoro.
In quasi tutti i Paesi dell'OCSE e a tutti i livelli di istruzione, le donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni guadagnano meno dei loro coetanei uomini: il loro reddito corrisponde in media al 76-78 % del reddito degli uomini nei Paesi dell'OCSE. Tale percentuale varia maggiormente all'interno degli stessi Paesi a seconda dei livelli di istruzione conseguiti piuttosto che rispetto alla media OCSE. Rispetto ad altri livelli di istruzione, le donne con un'istruzione terziaria in Italia percepiscono un reddito più basso rispetto agli uomini con un livello di istruzione analogo, con una retribuzione pari al 71 % di quella degli uomini, mentre per le donne con un'istruzione secondaria di secondo grado o post-secondaria non terziaria tale percentuale è pari al 79 %.
In media nei Paesi dell'OCSE con dati disponibili, le donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni tendono a partecipare maggiormente a corsi di formazione per adulti rispetto agli uomini della stessa età. In Italia, nel 2016, il 39 % delle donne ha preso parte a corsi di apprendimento e formazione formali e informali, rispetto al 44 % degli uomini. Il 52 % delle donne ha dichiarato che le incombenze familiari costituiscono un ostacolo alla loro partecipazione a corsi di istruzione e formazione formali e/o informali rispetto al 33 % degli uomini.
Istruzione e contesto migratorio
Nell'OCSE, in media, gli adulti nati all'estero (di età compresa tra i 25 e i 64 anni) rappresentano il 22 % di tutti gli adulti con un livello di istruzione inferiore a quello secondario, il 14 % di quelli con un'istruzione secondaria superiore o post-secondaria non terziaria e il 18 % degli adulti con istruzione terziaria. In Italia, come nella maggior parte dei Paesi dell'OCSE, nel 2020 la percentuale di adulti nati all'estero rispetto al totale degli adulti con un determinato livello di istruzione è risultata la più alta tra gli adulti senza un’istruzione secondaria superiore (19 %).
Gli adulti nati all'estero incontrano maggiori difficoltà a trovare un lavoro rispetto ai loro coetanei autoctoni, in quanto affrontano varie sfide, quali le discrepanze nel riconoscimento delle qualifiche e delle competenze, e la lingua. Pertanto, è probabile che i lavoratori nati all'estero abbiano un salario di riserva inferiore (vale a dire il tasso di retribuzione più basso al quale un lavoratore sarebbe disposto ad accettare un particolare tipo di lavoro). In molti Paesi dunque il tasso di occupazione degli adulti nati all'estero con un’istruzione secondaria di secondo grado è superiore al tasso corrispondente dei loro coetanei autoctoni. In media, nei Paesi dell'OCSE, tra gli adulti che non hanno conseguito un livello di istruzione secondaria superiore, il 57 % degli autoctoni ha un impiego rispetto al 61 % degli adulti nati all'estero. In Italia, nel 2020, il tasso di occupazione degli adulti nati all'estero senza un livello di istruzione secondaria superiore era del 59 %, un dato superiore rispetto a quello dei loro coetanei autoctoni (50 %).
La probabilità di essere occupati aumenta con il livello di istruzione, ma gli adulti nati all'estero con un livello di istruzione terziaria hanno generalmente prospettive occupazionali inferiori rispetto ai loro coetanei autoctoni. In media, nei Paesi dell'OCSE, l'86 % degli adulti autoctoni con un'istruzione terziaria ha un impiego rispetto al 79 % degli adulti nati all'estero con il medesimo livello di istruzione. In Italia, tra gli adulti con istruzione terziaria, l'82 % degli autoctoni e il 66 % degli adulti nati all'estero hanno un'occupazione. Gli adulti nati all'estero che sono arrivati nel Paese in giovane età hanno trascorso alcuni anni nel sistema di istruzione del Paese ospitante e hanno ottenuto qualifiche riconosciute a livello nazionale. Essi, pertanto, conseguono generalmente risultati migliori sul mercato del lavoro rispetto a coloro che hanno raggiunto il Paese ospitante in età più adulta con una qualifica estera. In Italia, tra gli adulti nati all'estero con un diploma terziario, il 72 % di coloro che sono arrivati entro i 15 anni di età ha un impiego rispetto al 65 % di quelli giunti nel Paese oltre l'età di 16 anni.
I giovani adulti nati all’estero (di età compresa tra i 15 e i 29 anni) hanno anche maggiori probabilità di essere disoccupati e di non seguire un percorso scolastico o una formazione (NEET) rispetto ai loro coetanei autoctoni. In media, nei Paesi dell'OCSE, il 18,8 % degli adulti nati all'estero e il 13,7 % degli adulti autoctoni sono NEET. In Italia la differenza è di 13 punti percentuali (35,2 % rispetto al 22 %). L'arrivo anticipato nel Paese ospitante è generalmente associato a un minor rischio di diventare NEET. In Italia, la percentuale di NEET tra i giovani adulti nati all'estero e arrivati nel Paese entro i 15 anni di età è del 27 %, mentre la percentuale di NEET tra coloro che sono arrivati all'età di 16 o più tardi è del 49 %.
In molti Paesi dell'OCSE, gli adulti nati all'estero guadagnano meno rispetto agli adulti autoctoni. Questo divario retributivo può ridursi con livelli di istruzione più elevati. In media, nei Paesi dell'OCSE, gli adulti nati all'estero senza un’istruzione secondaria superiore e che lavorano a tempo pieno guadagnano l'89 % dei loro coetanei autoctoni; tale divario scompare tra gli adulti con istruzione terziaria. In Italia, nel 2017, tra gli adulti senza un diploma di istruzione secondaria superiore, i redditi dei lavoratori a tempo pieno nati all'estero erano pari all'80 % di quelli dei loro coetanei autoctoni. Tale percentuale scende al 78 % per gli adulti con un diploma di istruzione secondaria superiore o post-secondaria non terziaria e al 79 % per coloro che hanno un diploma di istruzione terziaria.
Istruzione e disparità tra le regioni
I dati a livello nazionale spesso nascondono importanti disuguaglianze a livello regionale per quanto riguarda l'accesso dei minori all'istruzione e la loro partecipazione ai programmi didattici. In generale, le disuguaglianze tra le regioni tendono ad ampliarsi nei livelli di istruzione non obbligatoria. Ad esempio, nella maggior parte dei Paesi, la variazione del tasso di iscrizione dei bambini di 3-5 anni è spesso maggiore della variazione tra i bambini di 6-14 anni. È il caso dell'Italia, dove il tasso di iscrizione dei bambini di 3-5 anni varia dall'89 % nella regione Lazio al 100 % in Basilicata, mentre l'iscrizione dei bambini di età compresa tra 6 e 14 anni varia dal 97 % al 100 % in tutte le regioni. Analogamente, in Italia il tasso di iscrizione dei giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni varia dal 79 % al 94 %.
Il conseguimento di un titolo di istruzione terziaria può variare in modo significativo all'interno di uno stesso Paese. In Italia, la percentuale di adulti di età compresa tra i 25 e i 64 anni con un livello di istruzione terziaria varia dal 15 % nella regione Sicilia al 27 % nel Lazio, il che corrisponde a una delle variazioni regionali più basse tra i Paesi dell'OCSE con dati disponibili.
In media, nei Paesi dell'OCSE e nei Paesi partner per cui sono disponibili dati subnazionali sullo status della forza lavoro, si osservano maggiori variazioni a livello regionale dei tassi di occupazione tra coloro senza un livello di istruzione secondaria superiore (17 punti percentuali) e coloro che hanno un livello di istruzione terziaria (8 punti percentuali). In Italia, vi è una differenza di 36 punti percentuali nel tasso di occupazione degli adulti senza un'istruzione secondaria superiore tra le diverse regioni del Paese, rispetto ai 19 punti percentuali per gli adulti con istruzione terziaria.
La percentuale di giovani NEET mostra notevoli differenze subnazionali e nazionali tra l'OCSE e i Paesi partner. In Italia, la differenza nella percentuale di NEET di età compresa tra i 18 e i 24 anni tra le regioni con il valore più elevato e quelle con il valore più basso è di 28 punti percentuali, contro gli 11 punti percentuali in media dei Paesi dell'OCSE.
COVID-19: 18 mesi di pandemia
Nel 2021 la diffusione del COVID-19 ha continuato a impedire l'accesso all'istruzione in presenza in molti Paesi del mondo. A metà maggio dello stesso anno, 37 Paesi dell'OCSE e Paesi partner, avevano vissuto periodi di totale chiusura delle scuole dall’inizio del 2020.
I Paesi hanno affrontato decisioni difficili sul modo di gestire al meglio le loro risorse per garantire che gli studenti possano continuare ad accedere a un'istruzione di qualità nelle condizioni più sicure possibili e ridurre al minimo le interruzioni dell'apprendimento. Prima della pandemia, nel 2018, la spesa pubblica totale per l'istruzione primaria, secondaria e post-secondaria non terziaria in Italia aveva raggiunto il 3 % del prodotto interno lordo (PIL), che corrisponde a una percentuale inferiore alla media OCSE pari al 3,2 %. Circa due terzi dei Paesi dell'OCSE e dei Paesi partner hanno segnalato aumenti dei finanziamenti destinati alle scuole primarie e secondarie per aiutarle a far fronte alla crisi nel 2020. Rispetto all'anno precedente, per gli esercizi finanziari 2020 e 2021 l'Italia ha registrato un aumento di bilancio a favore dell'istruzione primaria e secondaria di primo grado.
Venti Paesi dell'OCSE e Paesi partner, tra cui l'Italia, hanno dichiarato che l'assegnazione di fondi pubblici aggiuntivi a sostegno della risposta dell'istruzione alla pandemia nelle scuole primarie e secondarie si è basata sul numero di studenti o classi. Al contempo, 16 Paesi tra cui anche l’Italia hanno destinato fondi aggiuntivi per agli studenti svantaggiati da un punto di vista economico e sociale al fine di garantire che le risorse fossero destinate a coloro che ne avevano più bisogno.
L'impatto della pandemia sull'economia ha sollevato preoccupazioni circa le prospettive dei giovani adulti, specialmente di coloro che hanno lasciato l'istruzione prima di altri. In Italia, il tasso di disoccupazione tra i 25-34enni con un titolo di studio inferiore alla scuola secondaria superiore era pari al 20,3 % nel 2020, con un calo di 1 punto percentuale rispetto all'anno precedente. In confronto, il tasso medio di disoccupazione giovanile del 15,1 % registrato nel 2020 nei Paesi dell'OCSE ha rappresentato un aumento di 2 punti percentuali rispetto al 2019 (Figura 2).
Al contempo, il numero di adulti che partecipano all'istruzione e alla formazione formale e/o informale è diminuito in media del 27 % nella zona OCSE tra il secondo trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2020 (vale a dire durante il picco della prima ondata di COVID-19 in molti Paesi dell'OCSE). In Italia la partecipazione degli adulti all'istruzione e alla formazione formale e/o informale nello stesso periodo è diminuita del 19 %
Nonostante l'impatto della crisi sull'occupazione, durante il primo anno della pandemia da COVID-19 la quota di NEET tra i 18 e i 24 anni non è aumentata considerevolmente nella maggior parte dei Paesi dell'OCSE e dei Paesi partner. In media, la quota di NEET di età compresa tra 18 e 24 anni nei Paesi dell'OCSE è passata dal 14,4 % nel 2019 al 16,1 % nel 2020. In Italia, la quota di NEET appartenenti alla stessa fascia d'età era del 24,2 % nel 2019 ed è aumentata al 25,5 % nel 2020.
Investire nell’istruzione
La spesa annuale per studente destinata agli istituti di istruzione è indice di quanto un Paese investe su ciascun discente. Al netto dei trasferimenti da pubblico a privato, la spesa pubblica per gli istituti di istruzione da primaria a terziaria per studente a tempo pieno in Italia è stata pari a 9 722 USD nel 2018 (in USD equivalenti convertiti utilizzando le PPA per il PIL) rispetto ai 10 000 USD in media nei Paesi dell'OCSE.
La spesa per i servizi dell'istruzione di base quali la didattica e l'insegnamento costituiscono la quota principale della spesa per l'istruzione. Tuttavia, anche i servizi ausiliari (quali quelli relativi al benessere degli studenti) e le attività di ricerca e sviluppo (R&S) incidono sul livello di spesa per studente. In Italia, in tutti i livelli di istruzione, dalla primaria al livello terziario, il 90 % della spesa degli istituti per studente è destinato ai servizi didattici di base (rispetto all'89 % in media nei Paesi dell'OCSE). Tale quota è generalmente più bassa a livello di istruzione terziaria in ragione della spesa per la ricerca e lo sviluppo. Ciò vale anche per l'Italia, dove il 62 % della spesa totale è destinato ai servizi dell'istruzione di base.
L'offerta formativa degli istituti pubblici e di quelli privati influenza l'attribuzione delle risorse tra i vari livelli di istruzione e i tipi di istituti. Nel 2018, l'Italia ha speso 11 202 USD per studente nell'istruzione primaria, secondaria e post-secondaria non terziaria, 748 USD in più rispetto alla media OCSE di 10 454 USD. A livello di istruzione terziaria, l'Italia ha investito 12 305 USD per studente, ossia 4 760 USD in meno rispetto alla media OCSE. La spesa per studente negli istituti pubblici è superiore a quella degli istituti privati in media nei Paesi dell'OCSE. Questo è anche il caso dell'Italia, dove la spesa totale per gli istituti pubblici dell'istruzione dalla primaria al livello terziario ammonta a 11 730 USD per studente, rispetto agli 8 058 USD degli istituti privati.
Tra il 2012 e il 2018, la spesa per studente per l'istruzione da primaria a terziaria è aumentata a un tasso medio annuo dell'1,6 % nei Paesi dell'OCSE. In Italia, la spesa per gli istituti di istruzione è cresciuta ad un tasso medio annuo dell'1,3 %, mentre il numero di studenti è diminuito in media dello 0,1% all'anno nello stesso periodo. Ciò ha generato un tasso di crescita medio annuo dell'1,4 % nella spesa per studente per il periodo preso in esame.
L'Italia si è collocata tra i dieci Paesi dell'OCSE ad aver speso la percentuale più bassa del PIL per gli istituti di istruzione da primaria a terziaria. Nel 2018 ha speso il 4,1 % del PIL per gli istituti di istruzione da primaria a terziaria, cifra pari a 0,8 punti percentuali in meno rispetto alla media OCSE. Tra i vari livelli di istruzione, l'Italia ha destinato una quota inferiore del PIL rispetto alla media OCSE a livello sia terziario che non terziario (Figura 3).
In Italia, la quota della spesa in conto capitale sulla spesa totale per gli istituti di istruzione è inferiore alla media OCSE ai livelli da primario a terziario. A livello primario, secondario e post-secondario non terziario, la quota in conto capitale rappresenta l'1 % della spesa totale per gli istituti di istruzione, pari a 7 punti percentuali sotto la media OCSE (8 %). A livello terziario, tale quota rappresenta il 9 %, cifra leggermente inferiore alla media dei Paesi OCSE pari all'11 %.
La retribuzione dei docenti e del personale non docente impiegato negli istituti di istruzione rappresenta la quota maggiore della spesa corrente per l'istruzione, da quella primaria a quella terziaria. Nel 2018, l'Italia ha destinato il 72 % della sua spesa corrente alla retribuzione del personale, rispetto al 74 % in media tra i Paesi dell'OCSE. La retribuzione del personale tende a costituire una quota minore della spesa corrente degli istituti terziari in ragione dei costi più elevati delle strutture e delle attrezzature. In Italia la retribuzione del personale costituisce il 52 % della spesa corrente degli istituti terziari, rispetto al 77 % dei livelli non terziari. In media nei Paesi dell'OCSE, la quota è del 68 % a livello terziario e del 77 % a livello non terziario.
Condizioni di lavoro dei docenti
Gli stipendi del personale scolastico, e in particolare dei docenti e dei dirigenti scolastici, rappresentano la principale voce di spesa dell'istruzione formale. I loro livelli salariali influiscono sull'attrattiva della professione di insegnante. Nella maggior parte dei Paesi e delle economie dell'OCSE, gli stipendi tabellari degli insegnanti (e dei dirigenti scolastici) negli istituti pubblici aumentano proporzionalmente al grado di istruzione in cui insegnano, nonché in funzione degli anni di esperienza. In media, nel 2020, gli stipendi tabellari dei docenti con qualifiche al vertice della scala salariale di appartenenza (stipendi massimi) erano tra l'86 % e il 91 % più alti di quelli dei docenti con qualifiche minime all'inizio della loro carriera (stipendi minimi) ai livelli di scuola dell’infanzia (ISCED 02), primaria e secondaria di primo e secondo grado a indirizzo generale. In Italia, gli stipendi massimi erano tra il 46 % e il 55 % più alti degli stipendi minimi ad ogni livello di istruzione (Figura 4). Tuttavia, la maggior parte degli insegnanti percepisce una remunerazione compresa tra detti minimi e massimi salariali.
Tra il 2005 e il 2020, nei Paesi dell'OCSE con dati disponibili per tutti gli anni del periodo di riferimento, gli stipendi tabellari degli insegnanti con 15 anni di esperienza e con le qualifiche più diffuse sono aumentati (a prezzi costanti) dal 2 % al 3 % ai livelli di istruzione primaria e secondaria di primo e secondo grado a indirizzo generale, nonostante un calo degli stipendi seguito alla crisi finanziaria del 2008. In Italia, gli stipendi degli insegnanti a questi livelli sono diminuiti del 5 %.
Gli stipendi effettivi dei docenti si compongono dei loro salari tabellari e dei pagamenti aggiuntivi legati al loro lavoro. Gli stipendi effettivi medi dipendono altresì dalle caratteristiche del corpo docenti, quali l'età, il livello di esperienza e di qualifica. In Italia, gli stipendi medi effettivi degli insegnanti (dopo la conversione in USD utilizzando le PPA per il consumo privato) ammontano a 38 978 USD al livello di scuola dell’infanzia (ISCED 02) e primaria, a 41 800 USD per la scuola secondaria di primo grado a indirizzo generale, e a 44 464 USD al livello di secondaria di secondo grado a indirizzo generale. Nei Paesi dell'OCSE gli stipendi effettivi medi degli insegnanti sono stati registrati pari a 40 707 USD, 45 687 USD, 47 988 USD e 51 749 USD rispettivamente a livello infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado (Figura 4).
Detti stipendi rimangono inferiori a quelli dei lavoratori con istruzione terziaria in quasi tutti i Paesi e a quasi tutti i livelli di istruzione. Nei Paesi e nelle economie dell'OCSE gli stipendi medi effettivi degli insegnanti ai livelli di istruzione dell’infanzia (ISCED 02), primaria e secondaria a indirizzo generale sono compresi tra l'81 % e il 96 % delle retribuzioni dei lavoratori con istruzione terziaria. In Italia, la proporzione varia dal 66 % al 76 % per i livelli di istruzione dell’infanzia, primaria e secondaria a indirizzo generale.
Tuttavia, si rilevano differenze significative tra uomini e donne nei salari dei docenti a causa del divario di genere nelle retribuzioni sul mercato del lavoro (gli stipendi tabellari sono uguali per i docenti di sesso maschile e femminile negli istituti scolastici pubblici). Nel confrontare gli stipendi medi effettivi degli insegnanti con quelli dei lavoratori con istruzione terziaria, si rileva che tali stipendi relativi sono solitamente più alti per le donne e più bassi per gli uomini. In Italia, la percentuale varia dall'80 % al 92 % per le donne (dal 98% al 110% in media nei Paesi e nelle economie dell'OCSE), e dal 56 % al 64 % per gli uomini (dal 76 % all'85 % in media nei Paesi e nelle economie dell'OCSE) nell'istruzione primaria e secondaria a indirizzo generale.
Il numero medio di ore di insegnamento all'anno richieste a un insegnante degli istituti pubblici nei Paesi dell'OCSE tende a diminuire con l'aumentare del livello di istruzione: nel 2020 varia da 989 ore per l’infanzia (ISCED 02), a 791 ore a livello di scuola primaria, 723 ore al livello di secondaria di primo grado (programmi a indirizzo generale) e 685 ore a livello di secondaria di secondo grado (programmi a indirizzo generale). In Italia, i docenti insegnano 918 ore all'anno a livello infanzia, 746 ore a livello di scuola primaria, 610 ore a livello di scuola secondaria di primo grado (programmi a indirizzo generale) e 610 ore a livello di scuola secondaria di secondo grado (programmi a indirizzo liceale).
Nell'istruzione primaria e secondaria, circa il 35 % degli insegnanti ha almeno 50 anni in media nei Paesi dell'OCSE e potrebbe raggiungere l'età pensionabile nel prossimo decennio. Il numero della popolazione in età scolastica, invece, è destinato ad aumentare in alcuni Paesi, il che fa emergere la necessità impellente per molti governi di assumere nuovi insegnanti e formarli. Nel 2019, il 58 % degli insegnanti della scuola primaria in Italia aveva almeno 50 anni, una percentuale superiore alla media OCSE pari al 33 %. In media in tutti i Paesi dell'OCSE, la percentuale di insegnanti con almeno 50 anni di età aumenta con l'aumentare dei livelli di istruzione in cui essi esercitano l'insegnamento, fino al 36% nell'istruzione secondaria di primo grado e al 40% nell'istruzione secondaria di secondo grado. In Italia questa percentuale varia dal 53 % al livello di secondaria di primo grado al 62% al livello di secondaria di secondo grado.
Riferimenti bibliografici
OECD (2021), Education at a Glance 2021: OECD Indicators, OECD Publishing, Parigi, https://dx.doi.org/10.1787/69096873-en.
OECD (2021), “Regional education”, OECD Regional Statistics (database), https://dx.doi.org/10.1787/213e806c-en (consultato in data 27 luglio 2021).
OECD (2021), “The state of global education – 18 months into the pandemic”, OECD Publishing, Parigi, https://doi.org/10.1787/1a23bb23-en.
Ulteriori informazioni
Per avere maggiori informazioni sulla pubblicazione "Uno sguardo sull’istruzione 2021" e accedere alla serie completa di indicatori, consultare: https://doi.org/10.1787/b35a14e5-en
Per maggiori informazioni sulla metodologia per la raccolta dei dati per ogni indicatore, sui riferimenti alle fonti e sulle note specifiche per ogni Paese, si veda l'Allegato 3 (https://www.oecd.org/education/education-at-a-glance/EAG2021_Annex3.pdf).
Per informazioni di carattere più generale sulla metodologia consultare la pubblicazione dal titolo "OECD Handbook for Internationally Comparative Education Statistics: Concepts, Standards, Definitions and Classifications" (https://doi.org/10.1787/9789264304444-en).
È possibile reperire online i dati aggiornati visitando l'indirizzo http://dx.doi.org/10.1787/eag-data-en e seguendo gli StatLinks 2 sottostanti alle tabelle e ai grafici della presente pubblicazione.
Per taluni indicatori sono disponibili dati relativi alle regioni subnazionali nella banca dati "OECD Regional Statistics" (OECD, 2021). Nell'interpretare i risultati sulle entità subnazionali, è opportuno tenere conto del fatto che la dimensione della popolazione delle entità subnazionali può variare ampiamente all'interno dei Paesi. Ad esempio, la presenza di studenti che frequentano la scuola in una regione diversa dalla loro area di residenza, in particolare ai livelli di istruzione più alti, può influire sulla variazione regionale del numero degli iscritti. Inoltre, le disparità regionali tendono ad essere maggiori laddove nell'analisi si tenga conto di più entità subnazionali.
Per scoprire più dati, compararli e averne una raffigurazione si invita ad utilizzare l'"Education GPS":
https://gpseducation.oecd.org/
I dati relativi alle risposte dell'istruzione durante la pandemia da COVID-19 sono stati raccolti ed elaborati dall'OCSE sulla base del "Survey on Joint National Responses to COVID-19 School Closures" (Indagine sulle risposte nazionali congiunte alle chiusure scolastiche dovute al COVID-19), che è frutto di uno sforzo collaborativo condotto dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO), dall'Istituto di Statistica dell'UNESCO (UIS), dal Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF), dalla Banca Mondiale e dall'OCSE.
Per eventuali quesiti rivolgersi a: Marie-Helene Doumet Direzione Istruzione e Competenze |
Autori delle Note Paese: Etienne Albiser, Heewoon Bae, Andrea Borlizzi, António Carvalho, Eric Charbonnier, Corinne Heckmann, Bruce Golding, Yanjun Guo, Gara Rojas Gonzalez, Daniel Sanchez Serra, Markus Schwabe e Giovanni Maria Semeraro. |
Il presente studio è stato pubblicato sotto la responsabilità del Segretario Generale dell'OCSE. Le opinioni espresse e gli argomenti utilizzati nel presente rapporto non riflettono necessariamente i punti di vista ufficiali dei Paesi membri dell'OCSE.
Il presente documento, così come tutti i dati e tutte le mappe geografiche che esso comprende, non pregiudica lo status o la sovranità su ogni territorio, con riferimento alla delimitazione delle frontiere e dei confini internazionali e alla denominazione di ogni territorio, città o area.
I dati statistici concernenti Israele sono forniti dalle autorità israeliane competenti e sotto la responsabilità delle stesse. L’uso di tali dati dall’OCSE non pregiudica lo status delle Alture del Golan, di Gerusalemme Est e delle colonie di popolamento israeliane in Cisgiordania ai sensi del diritto internazionale.
L'utilizzo della presente pubblicazione, in formato sia digitale che cartaceo, è disciplinato dai termini e dalle condizioni generali consultabili all'indirizzo www.oecd.org/termsandconditions/.