L'economia globale è stata duramente colpita dall'invasione russa dell'Ucraina. La crescita economica globale ha subito un forte rallentamento nel secondo trimestre del 2022 e, in molte economie, gli indicatori denotano attualmente un lungo periodo di crescita moderata.
La guerra ha generato un considerevole aumento dei prezzi dell'energia e dei generi alimentari, aggravando le pressioni inflazionistiche in un momento in cui il costo della vita era già in rapida crescita in tutto il mondo.
La crescita globale dovrebbe rallentare passando dal 3 % nel 2022 al 2¼ per cento nel 2023: un ritmo decisamente inferiore a quello previsto prima della guerra. Nel 2023, i redditi reali globali potrebbero essere inferiori di circa 2 800 miliardi di USD rispetto a quanto previsto un anno fa (vale a dire un calo di poco più del 2 % del PIL in termini di PPP).
La crescita annua del PIL dovrebbe quindi rallentare per stabilirsi all'½ per cento negli Stati Uniti e all'¼ per cento nella zona euro nel 2023, con il rischio di un ulteriore calo della produzione in diverse economie europee durante i mesi invernali. Secondo le proiezioni, quest'anno la crescita in Cina scenderà al 3,2 % a causa della sospensione di alcune attività dovuta al COVID-19 e della debolezza del mercato immobiliare, ma il sostegno politico potrebbe contribuire alla ripresa della crescita nel 2023.
L'inflazione è diventata generalizzata in molte economie. L'inasprimento della politica monetaria e l'allentamento delle strozzature dell'offerta dovrebbero contenere le pressioni inflazionistiche l'anno prossimo, ma l'aumento dei prezzi dell'energia e il rincaro del costo della manodopera dovrebbero arginare questo rallentamento.
Nelle economie del G20 l'inflazione complessiva dovrebbe scendere dall'8,2 % di quest'anno al 6½ per cento nel 2023, mentre nelle economie avanzate del G20 dovrebbe diminuire dal 6,2 % di quest'anno al 4 % nel 2023.
Le proiezioni sono caratterizzate da un notevole grado di incertezza. Il peggioramento delle carenze di combustibili, in particolare di gas, potrebbe ridurre la crescita in Europa di ulteriori 1¼ punti percentuali nel 2023, generando un calo della crescita globale di ½ punto percentuale, nonché aumentare l'inflazione in Europa di oltre 1½ punti percentuali.
Nella maggior parte delle principali economie sarà necessario incrementare ulteriormente i tassi di interesse per ancorare le aspettative di inflazione e garantire una riduzione duratura delle pressioni inflazionistiche.
Occorre un sostegno fiscale per attenuare l'impatto degli elevati costi dell'energia su famiglie e imprese. Tuttavia, tali misure dovrebbero essere temporanee, concentrarsi sui soggetti più vulnerabili, mantenere gli incentivi per ridurre il consumo di energia ed essere ritirate in parallelo alla diminuzione delle pressioni sui prezzi dell'energia.
Le misure di bilancio di breve termine, volte a salvaguardare il tenore di vita, dovrebbero tenere conto della necessità di evitare un effetto di ripresa persistente in un contesto di inflazione elevata, nonché garantire la sostenibilità del bilancio.
I governi devono assicurare che gli obiettivi della sicurezza energetica e della mitigazione dei cambiamenti climatici siano allineati. Gli sforzi volti a garantire la sicurezza energetica a breve termine e l'accessibilità economica attraverso il sostegno fiscale, la diversificazione degli approvvigionamenti e la riduzione del consumo energetico dovrebbero essere integrati da misure politiche più rigorose volte a migliorare gli investimenti nelle tecnologie pulite e nell'efficienza energetica.
Le ripercussioni del conflitto rimangono una minaccia per la sicurezza alimentare globale, in particolare se combinate a ulteriori eventi meteorologici estremi dovuti ai cambiamenti climatici. La cooperazione internazionale è fondamentale per mantenere aperti i mercati agricoli, rispondere alle necessità urgenti e rafforzare l'offerta.
Prospettive economiche dell'OCSE, Rapporto intermedio, settembre 2022
SINTESI
La ripresa ha subito un rallentamento e l'inflazione continua ad aumentare
Si osserva un rallentamento dell'attività economica a livello globale e, in modo particolare, in Europa
Quest'anno l'economia globale ha perso slancio. In effetti, dopo la forte ripresa dalla pandemia da COVID-19, l'economia mondiale sembrava aver intrapreso la strada del ritorno a una situazione di maggiore normalità prima che la Russia provocasse un'aggressione immotivata, ingiustificabile e illecita nei confronti dell'Ucraina. Le ripercussioni della guerra e le continue conseguenze dovute ai focolai di COVID-19 in alcune parti del mondo hanno intaccato la crescita ed esercitato ulteriori pressioni al rialzo sui prezzi, soprattutto dell'energia e dei generi alimentari. Nel secondo trimestre del 2022 si è registrato un ristagno del PIL mondiale e la produzione è diminuita nelle economie del G20. Nonostante si preveda una crescita positiva nel terzo trimestre, trainata dalla ripresa della Cina, diversi indicatori si sono deteriorati e le prospettive di crescita a livello mondiale si sono offuscate.
Gli indicatori ricavati dalle indagini sono particolarmente deboli. Gli indicatori delle inchieste congiunturali mostrano una stagnazione della produzione in molte economie (figura 1, pannello A), mentre la fiducia dei consumatori è scesa a livelli notevolmente bassi nella maggior parte delle economie avanzate (figura 1, pannello B). L'indicatore composito avanzato dell'OCSE per le economie dei Paesi membri dell'Organizzazione si attesta attualmente al livello più basso registrato dalla crisi finanziaria mondiale, ad eccezione di un breve calo all'inizio della pandemia nella primavera del 2020. Poiché la crescita dei salari nominali non riesce a tenere il passo con l'inflazione, i redditi reali disponibili delle famiglie sono diminuiti in molte economie dell'OCSE, frenando la crescita dei consumi privati.
Le condizioni finanziarie si sono inasprite poiché le banche centrali hanno reagito sempre più vigorosamente alla crescita dell'inflazione al di sopra dell'obiettivo, spingendo verso l'alto le misure dei tassi di interesse reali basate sul mercato. Quest'anno, i mercati azionari in gran parte del mondo hanno subito un brusco calo, i rendimenti nominali delle obbligazioni sono aumentati, il dollaro statunitense si è apprezzato in modo significativo e la propensione al rischio è diminuita. I differenziali delle obbligazioni societarie sono aumentati, in particolare in Europa, e i deflussi di capitali dalle economie dei mercati emergenti si sono intensificati. Negli Stati Uniti, il differenziale tra i rendimenti dei titoli di Stato decennali e quelli biennali è diventato negativo: un fenomeno che spesso, in passato, è stato seguito da recessioni cicliche. Le curve dei rendimenti hanno assunto un orientamento simile in alcune altre economie avanzate, in particolare nel Regno Unito (figura 2). L'aumento dei tassi di interesse frena anche il dinamismo dei mercati immobiliari. Le vendite, i prestiti ipotecari e la costruzione di nuove case sono diminuiti bruscamente in molti Paesi e, in alcuni, si osserva una diminuzione mensile dei prezzi.
La situazione del mercato del lavoro è tesa praticamente ovunque (figura 3). In molte economie dell'OCSE, i tassi di disoccupazione sono ai livelli più bassi degli ultimi 20 anni, mentre il rapporto tra persone in cerca di lavoro e i posti vacanti rimane storicamente basso. Tuttavia, il ritmo della crescita dell'occupazione in Nord America e in Europa è rallentato, i posti vacanti hanno iniziato a diminuire in alcuni Paesi e la riduzione del tasso di disoccupazione sembra essersi arrestata o addirittura invertita in alcuni paesi.
I prezzi dell'energia hanno registrato un brusco aumento, in particolare per il gas naturale. La progressiva riduzione dei flussi di gas in Europa quest'anno ha costretto le economie europee ad acquistare più gas naturale liquefatto (GNL) sui mercati a pronti, generando un aumento dei prezzi del GNL. I prezzi all'ingrosso del gas in Europa hanno subito un'impennata (figura 4, pannello A) e, poiché i prezzi all'ingrosso dell'energia elettrica in Europa sono legati al gas (che è la fonte marginale per la produzione di energia elettrica), si è verificato un picco simile del prezzo dell'elettricità (figura 4, pannello B). Anche i prezzi del carbone sono vicini a livelli record, poiché i produttori di energia elettrica e alcuni settori industriali hanno sostituito il gas con il carbone e il petrolio. Detti fenomeni sono stati più accentuati in Europa, ma hanno influito sui prezzi anche in altre regioni, in particolare in Asia.
Ai livelli attuali, i prezzi del gas in Europa sono ancor più che triplicati nell'ultimo anno e sono circa decuplicati rispetto alla loro media nel periodo 2010-19. Insieme all'aumento dei prezzi medi del petrolio, del carbone e dell'elettricità registrati finora quest'anno, i calcoli illustrativi indicano che, nel 2022, il rapporto tra la spesa economica per l'energia e il PIL sarebbe considerevolmente aumentato in molti Paesi, in particolare in Europa (figura 5). Il mondo, e in particolare l'Europa, sta sostenendo il costo della guerra in Ucraina, e molte economie si preparano ad affrontare un inverno difficile.
L'inflazione rimane saldamente ancorata a un livello elevato
Anche prima dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, l'inflazione era al di sopra degli obiettivi delle banche centrali nella maggior parte dei Paesi del G20, a causa della prima impennata dei prezzi dell'energia dovuta alla ripresa dell'attività economica dopo la pandemia, nonché delle strozzature nelle catene di approvvigionamento, dell'aumento dei costi di trasporto e dello spostamento della struttura dei consumi privati verso i beni. In molti Paesi, a tale scenario si è aggiunto l'incremento dei prezzi dei generi alimentari. La guerra in Ucraina ha rafforzato la pressione sui prezzi. In un clima caratterizzato dai timori relativi all'interruzione delle forniture di materie prime dalla Russia e dall'Ucraina, i prezzi del petrolio, del gas, del carbone e dei metalli industriali, nonché del grano, del mais e degli oli alimentari, hanno subito un forte aumento nel marzo 2022, per poi fluttuare su livelli più alti nei mesi successivi. I prezzi dell'energia rimangono elevati, ma gli accordi per consentire la ripresa di alcune esportazioni agricole dall'Ucraina hanno contribuito a far scendere i prezzi dei generi alimentari, mentre il rallentamento della domanda cinese ha allentato la pressione sui prezzi dei metalli.
Al contempo, le pressioni inflazionistiche si sono sempre più estese ad altre categorie di beni e servizi, in quanto l'aumento dei costi dell'energia e dei trasporti, tra gli altri, è stato trasferito sui prezzi (figura 6). La crescita dei salari e del costo unitario del lavoro si è rafforzata in molti paesi, in particolare negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito, esercitando una pressione al rialzo sui prezzi di un'ampia gamma di beni e servizi. L'accelerazione dei salari nominali nella zona euro non è ancora evidente, in parte a causa del basso impatto dell'indicizzazione automatica dei salari, ma l'inflazione complessiva e le condizioni rigide del mercato del lavoro rendono probabile un'accelerazione della crescita salariale.
La crescita mondiale dovrebbe ulteriormente rallentare nel 2023 e l'inflazione dovrebbe gradualmente attenuarsi
Secondo le proiezioni, la crescita globale rimarrà debole nel secondo semestre del 2022 e perderà ulteriormente vigore nel 2023, con un aumento medio annuo della produzione leggermente inferiore al 3 % nel 2022 e al 2 ¼ per cento nel 2023 (figura 7). Rispetto alle proiezioni elaborate dall'OCSE nel dicembre 2021, prima della guerra in Ucraina, la produzione mondiale dovrebbe ora essere inferiore di circa 2 800 miliardi di USD nel 2023 (a parità di potere d'acquisto e rispetto ai prezzi del 2015).
Un fattore chiave che rallenta la crescita globale è l'inasprimento generalizzato della politica monetaria praticato nella maggior parte delle principali economie in risposta al superamento degli obiettivi di inflazione, superiore alle aspettative, registrato lo scorso anno. Inoltre, l'erosione del reddito disponibile reale delle famiglie, la debole fiducia dei consumatori e i prezzi elevati di alcuni prodotti energetici, in particolare del gas naturale in Europa, avranno un effetto negativo sia sui consumi privati che sugli investimenti delle imprese.
La crescita del PIL dovrebbe rallentare nel 2022 e 2023 nella maggior parte delle economie del G20 (Tabella 1). Negli Stati Uniti, il tasso di crescita annualizzato dovrebbe essere ben al di sotto del suo potenziale, intorno all'½ per cento nella seconda metà del 2022 e per tutto il 2023. In Europa, è probabile che molte economie registrino al massimo una crescita debole nella seconda metà del 2022 e nel primo trimestre del 2023, prima di registrare un certo miglioramento nel corso del 2023. In alcune economie, in particolare in Germania, Italia, Regno Unito e nella zona euro nel suo complesso, è probabile che si verifichino cali della produzione a breve termine, a causa della diminuzione dei redditi reali e delle perturbazioni nei mercati dell'energia. Lo slancio della crescita è attualmente un po' più forte in Giappone, Corea e Australia rispetto a Europa e Stati Uniti, ma si prevede un indebolimento nei prossimi trimestri, in parte a causa dell'indebolimento della domanda esterna.
In Cina, si prevede che le misure di rilancio degli investimenti infrastrutturali, pari al 2 % del PIL, unite alla ripresa dalle restrizioni legate al COVID-19 di quest'anno, contribuiranno a far salire la crescita al 4 ¾ percento nel 2023, rispetto al valore eccezionalmente basso del 3,2 % registrato nel 2022. In India, l'indebolimento della domanda esterna contribuisce al previsto rallentamento della crescita annuale, che passerà dall'8,7 % dell'anno fiscale 2021-22 a circa il 7 % nell'anno fiscale 2022-23 e poi a circa il 5¾ per cento nell'anno fiscale 2023-24, sebbene queste cifre rappresentino ancora una rapida espansione economica nel contesto di un'economia globale stagnante. Si prevede che l'economia dell'Indonesia rallenti nel secondo semestre di quest'anno a causa dell'aumento dell'inflazione che frena la crescita dei consumi privati, ma il PIL dovrebbe crescere di circa il 5 % nel 2022 e del 4 ¾ per cento nel 2023. In Arabia Saudita, la crescita della produzione è stata favorita dagli alti prezzi dell'energia e, sebbene si preveda che l'espansione economica assumerà un ritmo più moderato nel periodo di proiezione, il tasso di crescita annuale potrebbe attestarsi intorno al 10 % nel 2022 e al 6 % nel 2023. L'anno prossimo, la crescita annuale in Sudafrica, Argentina, Brasile e Messico – Paesi relativamente esposti al ciclo economico globale e agli sviluppi della domanda nelle economie avanzate – dovrebbe rallentare tra lo ½ e l'1½ per cento.
Con l'inversione del ciclo economico globale, l'indebolimento dell'inflazione dei prezzi dell'energia e gli effetti sempre più tangibili dell'inasprimento della politica monetaria da parte della maggioranza delle principali banche centrali, si prevede che l'inflazione dei prezzi al consumo si conterrà gradualmente. Sulla base del livello dei prezzi dell'energia osservato nella prima metà di settembre, l'inflazione complessiva dovrebbe raggiungere il picco in questo trimestre nella maggior parte delle principali economie, prima di attenuarsi nell'ultimo trimestre del 2022 e per tutto il 2023 nella maggior parte dei Paesi del G20 (Tabella 2). Ciononostante, nel 2023 l'inflazione annuale rimarrà quasi ovunque al di sopra dell'obiettivo (figura 8).
Negli Stati Uniti, dove l'inflazione potrebbe aver già raggiunto il suo picco e l'inasprimento della politica monetaria è iniziato prima rispetto alla maggior parte delle altre principali economie avanzate, l'inflazione dovrebbe riallinearsi all'obiettivo più rapidamente che nella zona euro o nel Regno Unito. L'inflazione di fondo (misurata dal deflatore dei consumi privati) dovrebbe attestarsi in media intorno al 3 % nel 2023 (Tabella 3) e intorno al 2 ¾ per cento entro la fine dell'anno. In Giappone le pressioni inflazionistiche sono aumentate, ma rimangono contenute rispetto a quelle osservate in altre economie avanzate. L'inflazione di fondo dovrebbe rimanere al di sotto del 2 % per tutto l'anno in corso e per il prossimo, mentre l'attuale impennata dell'inflazione complessiva si sta lentamente attenuando. Alla luce della recente impennata dei prezzi dell'energia che si è diffusa in tutta l'economia e dell'attuazione di una politica monetaria più rigida in ritardo rispetto agli Stati Uniti, si prevede invece che l'inflazione sia complessiva che di fondo rimangano elevate in gran parte dell'Europa. Nella zona euro, l'inflazione complessiva dovrebbe raggiungere un picco di poco superiore al 9 %, per poi attestarsi su una media del 6 ¼ per cento nel 2023. L'inflazione di fondo rimarrà più contenuta, raggiungendo un picco del 4½ per cento verso la fine del 2022 e scendendo poi al di sotto del 4 % nella seconda metà del 2023. Analogamente, nel Regno Unito si prevede che l'inflazione complessiva raggiunga il 10 % circa entro la fine del 2022, prima di calare gradualmente, con un valore medio annuo nel 2023 di poco inferiore al 6 % per quella complessiva e del 6 ¾ per cento escludendo generi alimentari ed energia.
Nelle principali economie di mercato emergenti le prospettive di inflazione variano notevolmente. La Cina è ancora caratterizzata da un'inflazione relativamente bassa e stabile, malgrado le pressioni al rialzo esercitate dai generi alimentari e dall'energia, ma si prevede che nel 2023 l'inflazione complessiva sarà leggermente più alta rispetto al passato più recente, intorno al 3 %. L'inflazione complessiva delle altre principali economie emergenti asiatiche, ossia India e Indonesia, è attualmente al di sopra degli obiettivi delle rispettive banche centrali, ma l'inasprimento della loro politica monetaria e l'indebolimento della domanda globale dovrebbero contribuire a riportare l'inflazione vicino all'obiettivo entro la fine del 2023. Nelle principali economie dell'America Latina, Brasile e Messico, le banche centrali hanno già aumentato i tassi di interesse in modo consistente e tali misure, combinate a un rallentamento dell'aumento dei prezzi dell'energia, dovrebbero innescare un calo significativo dell'inflazione complessiva nel 2023. L'Argentina e la Turchia registrano da tempo tassi d'inflazione molto elevati, che si prevede continueranno nel 2023, anche se l'inflazione complessiva media annua sarà leggermente inferiore a quella del 2022.
I principali rischi legati alle proiezioni sono al ribasso
Le proiezioni di crescita e inflazione sono subordinate a una serie di ipotesi chiave, tra cui l'assenza di nuove ondate di contagi da COVID-19, l'assenza di un'escalation e di un ampliamento del conflitto in Ucraina e la graduale dissipazione delle tensioni nel mercato energetico europeo.
Tra i rischi principali per le proiezioni figura la possibilità che i tagli alle forniture energetiche all'Unione europea da parte della Russia, attualmente in corso e pianificati, possano causare perturbazioni di portata considerevolmente più ampia rispetto a quelle ipotizzate nelle proiezioni di base. I prezzi del gas e dell'elettricità sono già elevati e potrebbero aumentare ulteriormente in caso di carenze in Europa. Queste ultime potrebbero verificarsi qualora le forniture aggiuntive provenienti da Paesi terzi, e non dalla Russia, non si concretizzassero nella misura prevista o se la domanda di gas fosse eccezionalmente elevata a causa di un inverno rigido. Quest'anno, i livelli delle scorte di gas dell'UE sono notevolmente aumentati e ora sono in media tra l'80 % e il 90 % nella maggior parte degli Stati membri. Tuttavia, anche tali livelli potrebbero non essere sufficienti a soddisfare la domanda di un inverno tipico senza evitare che le scorte del mercato europeo del gas scendano al di sotto del normale livello operativo (figura 9). Un inverno rigido potrebbe aumentare ulteriormente le carenze, a meno che non si riescano a ottenere ulteriori forniture di gas nel breve termine, il che comporterebbe inevitabilmente la necessità di aumentare in maniera significativa i prezzi.
Per ridurre al minimo il rischio di interruzione dell'approvvigionamento occorre pertanto reperire forniture aggiuntive, diversificare le fonti di approvvigionamento e attuare misure significative di riduzione della domanda. Tali riduzioni potrebbero creare disagi a molte imprese e, probabilmente, anche alle famiglie. Diversi settori manifatturieri sono particolarmente esposti alla riduzione delle forniture di gas, in particolare l'industria metallurgica, ma l'entità di questa esposizione varia notevolmente tra le economie europee (figura 10). Anche laddove le medesime riuscissero ad assicurarsi forniture aggiuntive sostanziali, vi sarebbero comunque costi globali dovuti alla pressione al rialzo sui prezzi del gas a livello mondiale e alla riduzione delle forniture disponibili per altri Paesi.
Simulazioni illustrative, effettuate utilizzando il modello macroeconomico globale NiGEM, evidenziano il rischio di potenziali ricadute sulla crescita e di ulteriori aumenti dell'inflazione causati dalle carenze di gas nelle economie europee. Si ipotizza che dette carenze possano causare un incremento dei prezzi globali dell'energia, compromettere la fiducia dei cittadini, peggiorare la situazione finanziaria e comportare la necessità di obbligare le imprese a ridurre temporaneamente il loro consumo di gas.
In questo scenario, si presuppone che i prezzi del gas a livello mondiale aumentino del 50 % a partire dal primo trimestre del 2023, a causa della stretta sui mercati mondiali del gas dovuta ai tentativi delle economie europee di ottenere forniture aggiuntive. Si prevede che l'incremento dei prezzi del gas conduca al rialzo anche quelli dei concimi, per i quali si ipotizza un aumento del 25 %, e che l'accresciuta domanda di rifornimenti energetici propagherà i suoi effetti sui mercati del petrolio, per i cui prezzi si ipotizza un aumento del 10 %. Questi shock dureranno, con ogni probabilità, per almeno un anno civile prima di dissiparsi.
Poiché le interruzioni della fornitura energetica saranno accompagnate da una maggiore incertezza, nelle economie europee potrebbero prodursi ulteriori effetti derivanti dal declino nella fiducia e dagli elevati costi di finanziamento per le imprese. Tali effetti sono integrati nel modelli mediante un aumento ex-ante di un punto percentuale nel tasso di risparmio delle famiglie e mediante un aumento di 1 punto percentuale nel costo del capitale per l'utente.
L'imposizione alle imprese di una riduzione temporanea del consumo di gas all'inizio del 2023, che costituirebbe uno shock negativo per l'offerta, secondo le simulazioni comporterebbe un calo del 3 % della produzione potenziale in tutte le economie dell'UE (e nel Regno Unito) nel primo trimestre del 2023, dovuto alla combinazione della perdita di efficienza tecnica e della riduzione delle ore medie lavorate. In presenza di un obbligo di riduzione del 10 % del gas, il calo della produzione sarebbe proporzionale a quello delle forniture energetiche totali per il settore commerciale dell'economia tipica. Si ipotizza che questo shock si dissiperà gradualmente nel corso del 2023.
In questo scenario, la politica monetaria risponde all'aumento dell'inflazione incrementando inizialmente i tassi di interesse guida, che si stabilizzano successivamente al loro livello di riferimento una volta attenuatesi le pressioni inflazionistiche. Gli stabilizzatori fiscali automatici aiutano ad attutire in parte l'impatto dello shock, ma sarebbero necessarie ulteriori misure discrezionali per preservare completamente i redditi delle famiglie.
Se considerati nel loro insieme, questi shock potrebbero ridurre la crescita nelle economie europee di oltre 1¼ punti percentuali nel 2023, in relazione allo scenario di riferimento, e aumentare l'inflazione di oltre 1½ punti percentuali (figura 11). Tali circostanze potrebbero portare diversi Paesi a subire una recessione per tutto il 2023 e indebolire la crescita nel 2024. Il reddito reale disponibile delle famiglie verrebbe ulteriormente eroso, a causa dell'effetto negativo dell'aumento dei prezzi e della riduzione delle ore lavorate, e gli investimenti delle imprese subirebbero un duro colpo. L'impatto degli shock sarebbe minore al di fuori dell'Europa, ma si ravviserebbero comunque effetti negativi dovuti all'accelerazione dell'inflazione che incide sui redditi reali (tranne che nelle economie produttrici di gas) e all'indebolimento della domanda europea. A livello globale, l'inflazione dovrebbe aumentare di oltre ½ punto percentuale nel 2023 e la crescita si ridurrebbe di poco meno di ½ punto percentuale.
Un rischio correlato è che l'impatto delle sanzioni occidentali sulle esportazioni di petrolio russo, che è stato integrato nelle proiezioni di base, possa rivelarsi più forte del previsto. Dato il recente livello delle forniture, è probabile che l'esportazione di circa 2 milioni di barili al giorno di petrolio russo, sia greggio che raffinato, verso l'UE possa cessare quando entreranno in vigore le sanzioni dell'UE sul petrolio russo trasportato via mare. Qualora ciò comporti il ritiro temporaneo di queste forniture (che rappresentano quasi il 2 % dell'offerta globale) dai mercati mondiali a causa delle difficoltà di trasporto verso altri mercati, i prezzi internazionali di alcuni prodotti potrebbero essere significativamente più alti rispetto ai livelli ipotizzati nelle proiezioni di base. L'imminente divieto che l'UE imporrà sulla fornitura di servizi assicurativi per il trasporto marittimo di petrolio russo a Paesi extra-UE aumenta la probabilità che tali interruzioni si verifichino. Inoltre, quest'inverno potrebbero esservi carenze di alcuni tipi di carburanti precedentemente forniti dalla Russia, causando notevoli difficoltà economiche. Ciò potrebbe riguardare, ad esempio, il gasolio in alcune parti d'Europa. Tali fattori aumentano il rischio che il costo della guerra per l'economia globale possa essere ancora più alto di quanto ipotizzato nello scenario di base. Ad esempio, un ulteriore aumento del 20 % del prezzo del petrolio a livello mondiale per un anno, con un picco all'inizio del 2023 che successivamente si ridurrebbe, potrebbe far aumentare l'inflazione dei prezzi al consumo a livello mondiale nello stesso anno di 0,6 punti percentuali e portare a una riduzione della crescita globale compresa fra 0,1 e 0,2 punti percentuali.
Tra gli altri rischi importanti per le prospettive figurano l'evoluzione incerta dei prezzi dei generi alimentari e i rischi associati all'entità del debito e alla fragilità dell'immobiliare in Cina.
Quest'anno, gli effetti della guerra in Ucraina, combinati a una serie di eventi climatici estremi, hanno reso alcuni mercati alimentari vulnerabili a ulteriori shock. Il forte aumento dei prezzi dei concimi di quest'anno potrebbe avere un effetto negativo sui raccolti del prossimo anno e sulla sicurezza alimentare, in particolare nelle economie di mercato emergenti e nei Paesi in via di sviluppo. Con gli eventi meteorologici estremi che diventano più frequenti e intensi a causa dei cambiamenti climatici e la siccità in Europa e in Cina, v'è un chiaro rischio di ulteriori aumenti dei prezzi dei generi alimentari, il che darebbe luogo a ulteriori pressioni inflazionistiche e aumenterebbe la povertà e la fame.
In Cina non sarà facile risolvere i problemi sollevati dall'attuale recessione nel settore immobiliare in un contesto di elevato indebitamento delle imprese. Se le autorità riusciranno nel loro intento, la crescita economica potrebbe tornare a un ritmo costante, come previsto per la fine del 2022 e nel 2023. Tuttavia, vi è il rischio che la Cina possa attraversare un periodo prolungato di indebolimento dell'attività, a causa di un significativo indebolimento della domanda privata a livello nazionale. Ciò comporterebbe un notevole rallentamento della crescita globale e i prezzi dell'energia e di altre materie prime verrebbero trascinati al ribasso.
Requisiti di policy
Dinanzi all'elevata incertezza, al rallentamento della crescita, alle forti pressioni inflazionistiche e all'impatto della guerra in Ucraina sui mercati energetici, i responsabili politici si trovano a dover operare scelte difficili. La politica monetaria deve essere ulteriormente inasprita per ridurre l'inflazione in modo sostenibile. Le misure a livello nazionale dovranno essere attentamente calibrate in considerazione delle incertezze che circondano le prospettive di crescita, della velocità con cui gli aumenti dei tassi di interesse avranno effetto e dei potenziali effetti di ricaduta ("spillover") delle politiche restrittive in altri Paesi. Si stanno giustamente adottando misure fiscali temporanee per attutire l'impatto immediato dell'aumento dei costi dei generi alimentari e dell'energia sui consumatori e sulle imprese, ma occorrerà tenere presente la necessità di ridurre il consumo di energia, di limitare qualsiasi ulteriore stimolo alla domanda in tempi di inflazione elevata e di garantire la sostenibilità del debito. Le scelte politiche dei governi dovranno anche garantire che gli sforzi per aumentare la sicurezza energetica non compromettano la necessità di accelerare la transizione verde. Sono necessarie riforme efficaci e ben mirate per migliorare la produttività, ridurre le disuguaglianze, rafforzare la resilienza e aumentare il tenore di vita. Politiche ben scelte, quali un maggiore sostegno all'assistenza all'infanzia e la riduzione del cuneo fiscale sui salari più bassi, potrebbero aiutare le famiglie a basso reddito a far fronte alle pressioni cui sono attualmente sottoposte, con benefici a medio termine per l'occupazione e l'inclusione.
Occorre un ulteriore inasprimento della politica monetaria per ridurre l'inflazione
Negli ultimi mesi, la maggior parte delle principali banche centrali ha aumentato bruscamente i tassi di interesse, operando scelte politiche sempre più dipendenti dagli sviluppi in corso. In diversi Paesi, tra cui gli Stati Uniti, le condizioni finanziarie si stanno inasprendo anche a causa della continua riduzione dei bilanci delle banche centrali. La generalizzazione delle pressioni sui prezzi in tutta l'economia ha indotto le autorità ad alzare i tassi più di quanto suggerito dal loro precedente quadro previsionale, per ridurre al minimo il rischio che l'aumento dei prezzi si consolidi nelle aspettative inflazionistiche e si ripercuota sull'aumento dei salari in un contesto di mercati del lavoro storicamente rigidi. Un ritardo nell'intervento avrebbe aumentato il rischio di dover adottare misure ancora più incisive per ridurre l'inflazione. Il differenziale tra i tassi di riferimento nazionali e quelli statunitensi sta assumendo un ruolo sempre più importante anche nelle economie le cui valute si sono deprezzate in modo significativo rispetto al dollaro USA negli ultimi mesi, aumentando le pressioni sui prezzi.
Nella maggior parte delle principali economie avanzate sono necessari ulteriori aumenti dei tassi di riferimento per garantire il ritorno a aspettative positive sui tassi di interesse reali e per ottenere una riduzione sostenibile delle pressioni inflazionistiche. È probabile che ciò comporti un periodo di crescita inferiore alla tendenza per consentire l'allentamento dei vincoli sulle risorse. Si prevede che nel 2023 i tassi saliranno al 4 ½-4¾ per cento negli Stati Uniti, al 4 ½ per cento in Canada e al 4 ¼ per cento nel Regno Unito, rispecchiando le tangibili pressioni del mercato del lavoro in questi Paesi, e al 3,6 % in Australia (figura 12). Nella zona euro, la BCE si trova ad affrontare un contesto difficile a causa delle elevate incertezze che circondano le prospettive a fronte di pressioni inflazionistiche sempre più diffuse. Il tasso di rifinanziamento principale dovrebbe salire al 4 % nel 2023 e la BCE utilizzerà tutta la sua flessibilità nel reinvestire i proventi delle obbligazioni in scadenza nel suo bilancio per limitare la frammentazione finanziaria nella zona euro. In Giappone, dove le pressioni sottostanti sui prezzi rimangono modeste, la Banca del Giappone dovrebbe continuare a concentrarsi sul controllo della curva dei rendimenti e lasciare invariati i tassi di riferimento.
L'inasprimento delle condizioni finanziarie globali e le persistenti pressioni inflazionistiche richiederanno probabilmente un ulteriore irrigidimento della politica monetaria in molte delle principali economie di mercato emergenti e limiteranno il margine di allentamento nei Paesi in cui la crescita sta rallentando e i tassi di interesse hanno già subito un considerevole aumento. I prezzi elevati dei generi alimentari, dei concimi e dell'energia pesano in maniera notevole sulle misure nazionali relative all'inflazione e hanno un impatto significativo sulle aspettative di inflazione. In Cina, i requisiti di riserva e i tassi di interesse di riferimento sono stati recentemente abbassati per fronteggiare il rallentamento della crescita, ma non si prevede un ulteriore allentamento della politica monetaria.
Calibrare l'inasprimento della politica monetaria è particolarmente difficile date le incertezze sulle prospettive, i diversi canali attraverso i quali l'aumento dei tassi di interesse influisce sull'economia e i possibili effetti di ricaduta dell'inasprimento in altri Paesi. In molte economie è da oltre vent'anni che non si verificava un irrigidimento della politica monetaria costante. L'aumento del debito, gli elevati prezzi delle attività, la mutata flessibilità dei prodotti e del mercato del lavoro, l'innovazione finanziaria unita all'aumento dell'offerta di credito non bancario e la maggiore apertura finanziaria e commerciale potrebbero accelerare la velocità con cui i rialzi dei tassi di riferimento entrano in vigore, soprattutto se si considera la diffusa stretta monetaria nella maggior parte dei Paesi del mondo. Sarà essenziale monitorare attentamente gli sviluppi per evitare il rischio che gli aumenti dei tassi di riferimento siano eccessivi o richiedano più tempo del necessario per ridurre l'inflazione.
Le misure di sostegno fiscale per affrontare la crisi energetica dovrebbero essere rapide e temporanee
La guerra in Ucraina e l'impennata dei prezzi dell'energia hanno portato a riconsiderare gli obiettivi fiscali a breve termine, malgrado l'aumento del debito durante la pandemia, l'incremento dei rendimenti obbligazionari e la pressione sulla spesa a lungo termine. Quasi tutti i Paesi hanno adottato ulteriori misure fiscali per proteggere le famiglie e le imprese dall'impennata dei prezzi dell'energia e dei generi alimentari. Diversi grandi Paesi europei hanno già annunciato ulteriori pacchetti di aiuti per un valore pari al 2 % o più del PIL, che probabilmente continueranno almeno fino al 2023. Germania, Francia e Regno Unito hanno già annunciato ulteriori misure di sostegno per l'anno prossimo e le proiezioni ipotizzano il proseguimento delle misure attualmente in vigore in Spagna, Italia e Giappone. L'impatto complessivo di queste misure sul debito è incerto, in quanto entrate superiori al previsto dovute all'aumento dell'inflazione e, in alcuni Paesi, entrate fiscali inaspettate derivanti dalla tassazione di profitti imprevisti di alcuni produttori e fornitori di energia, potrebbero contribuire a compensare adeguatamente il costo fiscale complessivo. La proposta di un tetto temporaneo dell'UE sui prezzi del gas corrisposti ai produttori di energia elettrica a costo inferiore (cioè da rinnovabili e nucleare), unita a un possibile contributo temporaneo di solidarietà sui profitti inattesi dei produttori di combustibili fossili potrebbero fornire risorse aggiuntive ai Paesi che non hanno già adottato tali misure. Tali fattori non sono stati tuttavia inclusi nelle proiezioni. Negli Stati Uniti, la stretta fiscale dovrebbe continuare fino al 2023.
Le misure fiscali a breve termine volte a preservare il tenore di vita dovrebbero essere calibrate in base alla necessità di evitare ulteriori stimoli sostenuti in un periodo di inflazione elevata, il che richiederebbe una stretta monetaria più prolungata e un aumento dei costi di servizio del debito, con la necessità di garantire la sostenibilità fiscale. Quadri fiscali attendibili possono contribuire a fornire una guida chiara sulla traiettoria a medio termine delle finanze pubbliche e mitigare le preoccupazioni legate alla sostenibilità del debito. Una rivalutazione approfondita della composizione della spesa e della tassazione contribuirebbe inoltre a salvaguardare gli investimenti a favore del potenziamento delle infrastrutture e della sicurezza energetica durante il periodo di ricostituzione dei margini fiscali.
L'intervento della politica fiscale volto a contribuire ad attenuare l'impatto dell'aumento dei prezzi dell'energia dovrebbe rivolgersi alle fasce di popolazione più vulnerabili, non superare il periodo di pressioni straordinarie sui prezzi e mantenere gli incentivi legati alla riduzione del consumo di energia. L'offerta di un sostegno aggiuntivo alle famiglie – soggetto a particolari condizioni di reddito – in un contesto di prezzi costantemente elevati, risponde generalmente a tali criteri, ma è più complessa dal punto di vista amministrativo e non può essere attuata con la stessa rapidità di misure meno mirate, come il contenimento dei prezzi dell'energia o la riduzione delle accise sull'energia. Tuttavia, queste ultime misure, pur attenuando le pressioni inflazionistiche nel breve periodo, comportano generalmente costi più elevati per le finanze pubbliche (figura 13). In Europa, l'eccezionale impennata dei prezzi del gas e dell'elettricità osservata a partire dalla metà del 2022 ha portato a uno spostamento temporaneo verso misure di sostegno più diffuse ma costose, sotto forma di tetti di prezzo per i consumatori e le imprese, in particolare le PMI. Occorre strutturare con attenzione queste diverse politiche per garantire che i consumatori e le imprese paghino prezzi energetici relativi più elevati e per assicurare che il processo di ridistribuzione non sia frenato dalla conservazione di attività ad alta intensità energetica, che non sono sostenibili nel medio termine. I governi dovrebbero anche tenere presente il rischio che la crisi energetica si protragga per diversi anni.
Il rallentamento della crescita globale, l'aumento del debito, l'incremento dei tassi d'interesse e l'apprezzamento del dollaro USA stanno limitando le possibilità di misure di sostegno fiscale in molte economie di mercato emergenti, in particolare quelle con alti livelli di debito in valuta estera o con deficit fiscali significativamente più elevati rispetto al periodo precedente la pandemia. I Paesi esportatori di materie prime hanno un certo margine di manovra per utilizzare le entrate impreviste per aiutare i cittadini vulnerabili, ma molti di loro devono anche continuare ad attuare misure per consolidare le proprie finanze pubbliche. Un numero crescente di Paesi in via di sviluppo a basso reddito si trova già in una situazione di sovraindebitamento, mentre un piccolo numero di Paesi è già in bancarotta e il rischio di contagio implica che anche le economie relativamente poco indebitate possano subire pressioni crescenti. Una maggiore cooperazione internazionale per la riduzione del debito, anche attraverso il G20, è essenziale per ridurre al minimo le conseguenze economiche e sociali negative del default.
I governi dovrebbero concentrarsi sull'azione contro il cambiamento climatico e sulla resilienza a lungo termine, oltre che sulla sicurezza energetica a breve termine.
L'invasione russa dell'Ucraina ha puntato i riflettori sul legame tra politica energetica e sicurezza energetica, visto che molti Paesi dell'OCSE continuano a dipendere fortemente dai combustibili fossili, in particolare dalla Russia. Soprattutto in Europa, potrebbero esservi tensioni tra la necessità immediata di adattarsi alla contrazione delle forniture di gas dalla Russia e l'esigenza di accelerare la transizione verso la neutralità carbonica entro il 2050. Le fluttuazioni estreme dei prezzi del gas in Europa hanno innescato, ad esempio, un passaggio dal gas al carbone o al petrolio, sostenendo in tal modo l'approvvigionamento energetico sul breve termine, ma compromettendo l'obiettivo della transizione verso l'azzeramento delle emissioni di carbonio. I responsabili politici devono adottare misure per garantire che gli obiettivi di sicurezza energetica siano compatibili con gli obiettivi di mitigazione dei cambiamenti climatici. Accelerare la transizione energetica dai combustibili fossili è il modo migliore per affrontare il calo delle forniture energetiche dalla Russia.
Sulla scia dello slancio impresso da iniziative quali il programma RePowerEU dell'UE e l'Inflation Reduction Act degli Stati Uniti, i governi dovrebbero attuare una serie di misure per promuovere sia la sicurezza energetica che la transizione verde. A tale scopo sarà necessario impiegare una serie di strumenti, quali la regolamentazione tariffaria e non tariffaria e gli investimenti pubblici, la cui importanza relativa varierà da un Paese all'altro, a seconda della loro posizione di partenza. L'AIE stima che gli investimenti globali in energia pulita e in infrastrutture energetiche dovranno più che triplicare entro il 2030 se si vuole che il mondo intraprenda un percorso credibile per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Per raggiungere questo obiettivo è probabile che siano necessarie traiettorie di prezzo del carbonio a lungo termine per garantire una maggiore sostenibilità di questi investimenti. È pertanto necessario un quadro politico chiaro che combini i segnali di prezzo con meccanismi normativi e fiscali.
Occorrerà inoltre rafforzare la cooperazione internazionale per garantire la sicurezza energetica a breve termine e adottare un approccio efficace al cambiamento climatico. In Europa urge un'azione coordinata per diversificare le fonti di approvvigionamento e ridurre il consumo di energia, per migliorare le interconnessioni del gas e dell'elettricità e per rafforzare la solidarietà tra gli Stati membri dell'UE al fine di prevenire le difficoltà energetiche di questo inverno nei Paesi dell'emisfero settentrionale più colpiti dalle interruzioni delle importazioni di energia dalla Russia. Più in generale, una più stretta cooperazione internazionale sulle politiche climatiche, compresa la determinazione del prezzo del carbonio, contribuirebbe a mitigare la rilocalizzazione delle emissioni, a ridurre il costo delle riduzioni delle emissioni e a migliorare l'accesso alle tecnologie a basse emissioni per tutti i Paesi.