Tra il 2000 e il 2021 il livello di istruzione è aumentato a un ritmo più lento rispetto alla media dei Paesi dell'OCSE. La percentuale di persone di età compresa tra i 25 e i 34 anni in possesso di una qualifica di istruzione terziaria è aumentata di 18 punti percentuali (dal 10 % nel 2000 al 21 % nel 2011 e al 28% nel 2021). L'Italia rimane uno dei 12 Paesi dell'OCSE in cui il livello di istruzione terziaria è ancora meno diffuso rispetto a quello secondario superiore o post-secondario non terziario in termini di livello più alto di titolo di studio conseguito dalle persone di età compresa tra i 25 e i 34 anni.
Il livello di istruzione conseguito influisce sui livelli salariali, ma il divario degli stipendi è inferiore in Italia rispetto alla media dei Paesi dell'OCSE. In media in tutta l'area dell'OCSE, i lavoratori di età compresa tra i 25 e i 64 anni in possesso di un titolo di studio terziario guadagnano circa il doppio rispetto a coloro che non hanno un'istruzione secondaria superiore. Nel 2018, i lavoratori in possesso di un titolo di studi universitario guadagnavano il 76% in più rispetto a quelli con un livello di istruzione inferiore a quello secondario superiore.
I vantaggi per il mercato del lavoro variano considerevolmente a seconda del campo di studi prescelto dagli adulti in possesso di un titolo universitario. Nel 2021 l'Italia ha registrato i tassi di occupazione più elevati tra gli individui in possesso di un titolo di studio terziario in ambito sanitario e sociale (89%) e quelli più bassi tra coloro che hanno intrapreso un percorso di studi in discipline artistiche (69%). Tra i 25-64enni con titoli di livello terziario nel campo di studi con il tasso di occupazione più basso, la percentuale era inferiore di 1,5 punti percentuali rispetto a coloro che sono in possesso di un titolo di studio secondario superiore (considerando tutti i campi di studio combinati).
Malgrado i vantaggi sul mercato del lavoro correlati al conseguimento di una laurea, molti studenti universitari non completano in tempo il percorso di studi o non si laureano affatto. In Italia, il 53% degli studenti di laurea triennale consegue il titolo entro tre anni dalla fine prevista del ciclo di studi, rispetto al 68% in media in tutta l'area dell'OCSE.
Le politiche pubbliche in materia di tasse universitarie e di sostegno finanziario agli studenti differiscono notevolmente da un Paese all'altro. In Italia, a livelli medi di tasse universitarie relativamente bassi corrispondono livelli medi di sostegno finanziario agli studenti. Gli istituti pubblici applicano tasse universitarie pari a 1 985 USD per gli studenti autoctoni a livello di laurea triennale e a 2 221 USD a livello di laurea specialistica, mentre il 38% di tutti gli studenti universitari percepisce un sostegno finanziario.
In Italia, il 92% di tutti i bambini di 3-5 anni è iscritto a programmi d’istruzione dell’infanzia: un dato superiore alla media dell'OCSE.
Gli stipendi medi reali dei docenti rimangono inferiori a quelli dei lavoratori con un'istruzione terziaria in quasi tutti i Paesi dell'OCSE e a quasi tutti i livelli di istruzione. Questo vale anche per l'Italia. In Italia, gli insegnanti di scuola secondaria inferiore guadagnano il 27,4% in meno rispetto agli altri lavoratori con un livello di istruzione terziaria. Al contrario, i salari reali dei dirigenti scolastici in Italia sono molto più alti di quelli degli altri lavoratori con un'istruzione terziaria, analogamente alla maggior parte dei Paesi dell'OCSE.
Durante la pandemia, anche le assenze degli insegnanti hanno influito sul regolare funzionamento delle scuole, a causa sia dei contagi da COVID-19 sia della quarantena preventiva. In Italia, le assenze degli insegnanti sono aumentate considerevolmente (di oltre il 5%) tra gli anni scolastici 2019/20 e 2021/22, soprattutto a causa della pandemia da COVID-19.
Nell'anno scolastico 2022, l'Italia ha attuato programmi nazionali per sostenere gli studenti colpiti dalla pandemia. Nell'ambito dell'istruzione primaria e secondaria superiore, le misure per affrontare gli effetti della pandemia da COVID-19 comprendevano l'adeguamento dei programmi scolastici, il sostegno psicosociale e alla salute mentale degli studenti e l’incremento di iniziative per rinforzare e potenziare le competenze disciplinari nel periodo estivo.
L'accresciuta digitalizzazione del sistema scolastico è stata una delle principali conseguenze della pandemia da COVID-19 in molti Paesi dell'OCSE. A livello di scuola secondaria inferiore, l'Italia ha risposto alla pandemia offrendo una maggiore disponibilità di strumenti digitali a scuola, di opportunità di apprendimento ibrido, formazione digitale interna per gli insegnanti e per gli studenti.
Le sfide legate alla pandemia da COVID-19 hanno generato ulteriori pressioni finanziarie sui sistemi di istruzione. Le stime di bilancio preliminari per il 2021 indicano che, rispetto al 2020, il bilancio destinato all'istruzione dei livelli da preprimario a terziario in Italia è aumentato considerevolmente (più del 5% in termini nominali).
Education at a Glance 2022
Italia
Punti salienti
I risultati degli istituti di istruzione e gli effetti dell'apprendimento
Nel 2021 in Italia la quota di persone tra i 25 e i 64 anni con un livello di istruzione terziaria ha raggiunto il 20 %, un valore pari a quasi la metà della media dei Paesi dell'OCSE (41%). Inoltre, il 43% degli adulti ha raggiunto un livello di istruzione secondario superiore o post-secondario non terziario (un dato leggermente superiore alla media dell'OCSE pari al 42%), mentre il restante 37% non ha conseguito un titolo di studio secondario superiore.
Il livello di istruzione è in crescita costante in tutta l'area dell'OCSE, in particolare a livello terziario e tra gli adulti più giovani. Tra il 2000 e il 2021, la percentuale di giovani tra i 25 e i 34 anni con un livello di istruzione terziaria è aumentata in media di 21 punti percentuali. Anche in Italia la quota è aumentata, sebbene a un ritmo più lento, di 18 punti percentuali (dal 10% nel 2000 al 21% nel 2011 e al 28% nel 2021) (Figura 1). L'Italia rimane uno dei 12 Paesi dell'OCSE in cui l'istruzione terziaria è ancora meno diffusa rispetto all'istruzione secondaria superiore o post-secondaria non terziaria in termini di livello più alto di titolo di studio conseguito dalle persone di età compresa tra i 25 e i 34 anni.
Il livello di istruzione secondaria superiore è spesso considerato una qualifica minima per la partecipazione al mercato del lavoro. Sebbene l'aumento generale del livello di istruzione sia stato accompagnato da una corrispondente diminuzione della percentuale di giovani tra i 25 e i 34 anni privi di un titolo di studio secondario superiore, il 14% dei giovani adulti dell'area OCSE ha interrotto gli studi senza conseguire un titolo di studio secondario superiore. In Italia, tale quota corrisponde al 23%: un dato superiore alla media dell'OCSE.
Un livello di istruzione più elevato è spesso associato a migliori prospettive occupazionali e ciò vale anche per l'Italia. Nel 2021, il tasso di occupazione dei 25-34enni laureati in Italia era di 20 punti percentuali superiore a quello di coloro che avevano un titolo di studio inferiore al secondario superiore e di 6 punti percentuali superiore rispetto a coloro che possedevano un titolo di studio secondario superiore o post-secondario non terziario. Nei Paesi dell'OCSE, in media, il tasso di occupazione dei 25-34enni laureati era di 26 punti percentuali superiore rispetto a quello di coloro in possesso di un titolo di studio inferiore al secondario superiore, nonché di 8 punti percentuali superiore rispetto al tasso di coloro che possedevano un titolo di studio secondario superiore o post-secondario non terziario. Sebbene il legame positivo tra livello di istruzione e tasso di occupazione sia valido sia per gli uomini che per le donne in tutta l'area dell'OCSE, si dimostra più forte per queste ultime. In Italia, il 31% delle donne con un livello di istruzione inferiore al secondario superiore aveva un impiego nel 2021, rispetto al 70% delle donne in possesso di un titolo di studi di livello terziario. Per gli uomini, invece, le percentuali erano rispettivamente del 64% e del 71%.
In tutta l'area dell'OCSE, i vantaggi sul mercato del lavoro legati al conseguimento di un titolo di studio terziario si sono dimostrati particolarmente considerevoli durante le crisi economiche. Tuttavia, in Italia, ciò non è accaduto durante la pandemia da COVID-19. Tra il 2019 e il 2020, la disoccupazione dei lavoratori di 25-34 anni è diminuita di 0,5 punti percentuali per quelli con un livello di istruzione inferiore al secondario superiore, di 0,2 punti percentuali per i lavoratori con un livello di istruzione superiore e di 0,4 punti percentuali per i lavoratori con un livello di istruzione terziaria. Nel 2021, la disoccupazione dei lavoratori con un livello di istruzione inferiore al secondario superiore è aumentata di 0,6 punti percentuali rispetto al 2020, di 0,1 punti percentuali per i lavoratori con un livello di istruzione secondaria superiore, nonché di 1,2 punti percentuali per i lavoratori con un livello di istruzione terziaria.
Il livello di istruzione influisce non solo sulle prospettive di occupazione, ma anche sui livelli salariali. In media nell'OCSE, i lavoratori tra i 25 e i 64 anni con un livello di istruzione secondaria superiore o post-secondaria non terziaria guadagnano il 29% in più rispetto ai lavoratori con un livello di istruzione inferiore a quello secondario superiore, mentre quelli con un livello di istruzione terziaria guadagnano circa il doppio. In Italia, i vantaggi in termini retributivi dei lavoratori con una qualifica di istruzione terziaria sono risultati inferiori alla media dell'OCSE. Nel 2018, i lavoratori con un titolo di studio secondario superiore guadagnavano il 27% in più rispetto a quelli con un titolo di studio inferiore al secondario superiore, mentre quelli con un titolo di studio terziario hanno guadagnato il 76% in più.
Le medie nazionali forniscono solo un quadro incompleto della situazione in un determinato Paese. Nella maggior parte dei Paesi dell'OCSE si riscontrano ampie differenze nel livello di istruzione tra le varie regioni all'interno di uno stesso Paese. Questo vale anche per l'Italia. Nel 2021, la differenza tra la regione con la quota più alta di 25-64enni laureati (il Lazio, con il 26%) e la regione con la quota più bassa (la Sicilia, con il 15%) era di 11 punti percentuali. Queste variazioni all'interno di uno stesso Paese non rispecchiano solo le differenze nelle opportunità di istruzione, ma sono dovute in larga misura alle condizioni economiche e ai modelli migratori interni.
Accesso all'istruzione, partecipazione e progressi
In Italia l'età dell'obbligo scolastico inizia a 6 anni e termina a 16. La fascia di età in cui almeno il 90% della popolazione partecipa a un programma di istruzione è più lunga del periodo di istruzione obbligatoria e va dai 3 anni ai 17 anni. Tale dato è simile a quello della maggior parte degli altri Paesi dell'OCSE, dove oltre il 90% della popolazione è iscritto a un programma di istruzione anche per un periodo superiore a quello della scuola dell'obbligo.
L'età in cui i bambini accedono all'educazione della prima infanzia varia ampiamente da un Paese all'altro. In Italia, l'educazione della prima infanzia inizia a offrire obiettivi educativi intenzionali all'età di 3 anni e il 5% dei bambini al di sotto di tale età è iscritto alla scuola dell’infanzia (ISCED 02). Nei Paesi dell'OCSE, il tasso medio di iscrizione dei bambini di età inferiore ai 3 anni è del 27%, ma i singoli tassi variano da meno dell'1% al 63%. Il tasso di iscrizione dei bambini di 3-5 anni ha registrato un sostanziale aumento in tutti i Paesi dell'OCSE. In Italia, il 92% di tutti i bambini appartenenti a tale fascia di età è iscritto a programmi di educazione della prima infanzia: un dato superiore alla media dell'OCSE.
Nei Paesi dell'OCSE, l'età media del conseguimento del diploma di scuola secondaria superiore a indirizzo liceale varia da 17 a 21 anni nei Paesi dell'OCSE ed è pari a 19 anni in Italia. Le differenze nell'età media di conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore a indirizzo tecnico-professionale sono molto più ampie e variano da 16 a 34 anni nei Paesi dell'OCSE. Esse dipendono in gran parte dal fatto che gli studenti dell'istruzione secondaria superiore a indirizzo tecnico-professionale si iscrivono solitamente a tali corsi verso la fine dell'istruzione dell'obbligo o a metà carriera. In Italia, l'età media di conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore a indirizzo tecnico-professionale è di 21 anni, un dato leggermente inferiore alla media dell'OCSE di 22 anni (Figura 2).
In quasi tutti i Paesi dell'OCSE le donne costituiscono la maggioranza dei neodiplomati dell'istruzione secondaria superiore a indirizzo liceale. In Italia, la quota è del 61% (la media dell'OCSE è pari al 55%). Gli uomini sono invece sovrarappresentati tra i neodiplomati dei programmi secondari superiori a indirizzo tecnico-professionale nella maggior parte dei Paesi dell'OCSE, come nel caso dell'Italia, dove costituiscono il 61% di tutti i neodiplomati dell'istruzione secondaria superiore a indirizzo tecnico-professionale: un dato superiore alla media dell'OCSE (55%).
In Italia, il 54% dei giovani tra i 18 e i 24 anni frequenta ancora, a tempo pieno o parziale, un corso di istruzione o formazione di livello secondario superiore o terziario (in linea con la media dell'OCSE). In Italia, un piccolo gruppo di detti studenti (il 3% dei 18-24enni) abbina al proprio percorso di istruzione o formazione un'attività lavorativa, rispetto al 17% della media dell'OCSE.
Una differenza significativa tra i sistemi di istruzione dei vari Paesi risiede nella possibilità che i programmi di istruzione secondaria superiore consentano, o meno, l'accesso all'istruzione terziaria. In 12 Paesi dell'OCSE e in altri Paesi partecipanti, tutti i neodiplomati di istituti secondari superiori a indirizzo tecnico-professionale possono direttamente accedere all'istruzione terziaria. In Italia, l'81% dei neodiplomati della scuola secondaria superiore a indirizzo tecnico-professionale può accedere all'istruzione terziaria.
In Italia, le discipline artistiche e umanistiche, con una percentuale del 20%, sono state le più diffuse i tra gli indirizzi scelti dalle matricole universitarie, a differenza di quanto accade nella maggior parte dei Paesi dell'OCSE, in cui le discipline più popolari sono state economia, gestione e giurisprudenza. Malgrado la crescente necessità di competenze digitali e le buone prospettive occupazionali per gli studenti laureati in tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), solo una piccola parte dei neoiscritti all'istruzione terziaria sceglie questi indirizzi. In Italia, l'88% dei 25-64enni con una qualifica terziaria nel campo delle TIC ha un lavoro, ma gli studenti di tali discipline rappresentano solo il 2% delle matricole universitarie. Tale dato è inferiore alla media dell'OCSE del 6%.
Risorse finanziarie investite nell'istruzione
Tutti i Paesi dell'OCSE destinano una quota consistente del loro prodotto interno lordo agli istituti di istruzione. Nel 2019, i Paesi dell'OCSE hanno speso in media il 4,9% del loro PIL per gli istituti di istruzione dal livello primario a quello terziario. In Italia, la quota corrispondente è stata pari al 3,8%. Tra il 2008 e il 2019, la spesa per gli istituti di istruzione intesa come quota del PIL è diminuita di 0,1 punti percentuali.
In Italia, la spesa pubblica per l'istruzione da primaria a terziaria è stata pari al 7,4% della spesa pubblica totale (Figura 3), un valore inferiore alla media dell'OCSE (10,6%). Inoltre, in rapporto al PIL, il dato della spesa pubblica per l'istruzione da primaria a terziaria (3,6%) è inferiore a quello della media dell'OCSE (4,4%).
La spesa per gli istituti di istruzione intesa come quota del PIL o dei bilanci pubblici sono indicatori fondamentali dell'importanza che i Paesi attribuiscono all'istruzione nelle loro decisioni di bilancio. Tuttavia, tali cifre non mostrano l'importo totale del finanziamento per studente, poiché i livelli di PIL, i bilanci pubblici e il numero di studenti variano da Paese a Paese. I Paesi dell'OCSE, per i vari livelli di istruzione da primario a terziario, spendono in media 11 990 USD all'anno per studente (in dollari equivalenti convertiti in base ai PPA rispetto al PIL) per gli istituti di istruzione. Nel 2019, l'Italia ha speso 10 902 USD per studente. La spesa cumulativa dell'Italia per l'istruzione di uno studente da 6 a 15 anni è stata di 105 754 USD, un dato leggermente superiore alla media dell'OCSE di 105 502 USD.
Nei Paesi dell'OCSE, l'offerta di istruzione a livello primario e secondario in termini di programmi didattici, metodi di insegnamento e gestione organizzativa comporta, in media, modelli simili di spesa per studente dal livello primario a quello post-secondario non terziario. I Paesi dell'OCSE nel loro complesso spendono in media circa 9 923 USD per studente nella scuola primaria e 11 400 USD nella scuola secondaria. In Italia, i valori sono pari 10 570 USD per studente nella scuola primaria e 10 558 USD nella scuola secondaria.
A differenza dei livelli di istruzione inferiori, la spesa per l'istruzione terziaria varia notevolmente tra i Paesi dell'OCSE. La spesa per studente a livello terziario in Italia è più alta rispetto agli altri livelli di istruzione, come accade in quasi tutti gli altri Paesi dell'OCSE. La spesa media per studente in Italia è di 12 177 USD all'anno, vale a dire 1 600 USD in più rispetto al livello primario e 1 600 USD in più rispetto al livello secondario. Tale spesa si colloca tra le più basse dell'area dell'OCSE. Il più alto livello di spesa media per l'istruzione terziaria (17 559 dollari USD) è dovuto ai valori elevati di alcuni Paesi. Con il 33%, la quota di spesa per la ricerca e lo sviluppo costituisce un componente maggiore della spesa per l'istruzione terziaria in Italia rispetto alla media dei Paesi dell'OCSE (29%).
Nell'istruzione non terziaria (primaria, secondaria e post-secondaria non terziaria) domina il finanziamento pubblico in tutti i Paesi OCSE, anche al netto dei trasferimenti al settore privato. In media, nell'area dell'OCSE, il finanziamento privato rappresenta il 10% della spesa a livello primario, secondario e post-secondario non terziario, mentre tale quota in Italia è stata pari al 6% nel 2019. La spesa privata a livello terziario, invece, è stata più elevata in tutti i Paesi dell'OCSE. In Italia, la quota di spesa privata a livello terziario ha raggiunto il 37%, un valore leggermente superiore alla media dell'OCSE del 31%, al netto dei trasferimenti dal pubblico al privato. Questi ultimi hanno rappresentato il 12% della spesa per gli istituti di istruzione di questo livello.
Docenti, ambiente di apprendimento e organizzazione degli istituti scolastici
I salari degli insegnanti e dei dirigenti scolastici costituiscono un importante fattore di attrattiva della professione di docente, ma rappresentano anche la principale voce di spesa nell'istruzione formale. Nella maggior parte dei Paesi dell'OCSE, gli stipendi tabellari degli insegnanti (e dei dirigenti scolastici) negli istituti pubblici aumentano proporzionalmente al grado di istruzione in cui insegnano, nonché in funzione degli anni di esperienza. Anche gli stipendi reali aumentano in base al livello di istruzione. In media, nei Paesi dell'OCSE, i salari reali variano da 41 941 USD a livello preprimario a 53 682 USD a livello secondario superiore. In Italia, i salari reali sono in media di 40 008 USD a livello preprimario e di 45 870 USD a livello secondario superiore.
Tra il 2015 e il 2021, in media nei Paesi dell'OCSE, gli stipendi tabellari degli insegnanti del livello secondario inferiore (programmi a indirizzo generale) con 15 anni di esperienza e le qualifiche più diffuse sono aumentati del 6% in termini reali. In Italia, l'aumento degli stipendi è stato pari all'1%, un valore inferiore alla media dell'OCSE.
Gli stipendi medi reali dei docenti rimangono inferiori a quelli dei lavoratori con un'istruzione terziaria in quasi tutti i Paesi dell'OCSE e a quasi tutti i livelli di istruzione. Questo vale anche per l'Italia. In Italia, gli insegnanti di scuola secondaria inferiore (programma a indirizzo generale) guadagnano il 27,4% in meno rispetto agli altri lavoratori con un livello di istruzione terziaria. Al contrario, gli stipendi reali dei dirigenti scolastici in Italia sono molto più alti rispetto ai salari degli altri lavoratori con un'istruzione terziaria. Tale dato è simile a quello della maggior parte dei Paesi dell'OCSE, dove i dirigenti scolastici tendono a guadagnare molto di più rispetto alla media dei lavoratori con un'istruzione terziaria.
Il numero medio di ore di insegnamento all'anno richiesto a un insegnante tipo negli istituti pubblici dei Paesi dell'OCSE tende a diminuire con l'aumentare del livello di istruzione. Questo vale anche per l'Italia.
In base ai regolamenti e agli accordi ufficiali, i docenti italiani insegnano 945 ore all'anno a livello preprimario, 744 ore a livello di scuola primaria, 608 ore a livello di scuola secondaria di primo grado (programmi a indirizzo generale) e 608 ore a livello di scuola secondaria di secondo grado (programmi a indirizzo liceale) (Figura 4).
Nei Paesi dell'OCSE, la durata della formazione iniziale degli insegnanti di scuola primaria e secondaria inferiore varia da 2,5 a 6,5 anni. In Italia, la formazione iniziale dei docenti dura in genere 6 anni per i futuri insegnanti della scuola secondaria inferiore (programmi a indirizzo generale), mentre è più breve per i futuri insegnanti della scuola primaria, pari a 5 anni. Come avviene in quasi tutti i Paesi dell'OCSE, ai futuri insegnanti di tutti i livelli di istruzione è rilasciato un titolo di studio terziario al termine della loro formazione iniziale.
Focus sull'istruzione terziaria
In Italia, tra le persone di 25-64 anni, la laurea magistrale è il titolo di studio terziario massimo raggiunto più diffuso, con una percentuale del 14% della popolazione, seguita dalla laurea triennale con il 5% e dalle qualifiche terziarie a ciclo breve (Istituti Tecnici Superiori) con meno dell'1%. Questo dato si discosta dalla media dell'OCSE, in cui le lauree triennali sono le più diffuse (19%), seguite dalle lauree magistrali (14%) e dalle qualifiche terziarie a ciclo breve (7%). Come in tutti i Paesi dell'OCSE e in altri Paesi partecipanti, solo una piccola parte della popolazione possiede un titolo di dottorato: in Italia la quota si attesta all'1%.
In media, i titoli di studio di livello terziario apportano un'ampia gamma di vantaggi sul mercato del lavoro, tra cui elevati tassi di occupazione. Tuttavia, esistono notevoli differenze a seconda del campo di studi. Nel 2021 l'Italia ha registrato i tassi di occupazione più elevati tra gli individui in possesso di un titolo di studio terziario in ambito sanitario e sociale (89%) e quelli più bassi tra coloro che hanno intrapreso un percorso di studi in discipline artistiche (69%). Tra i 25-64enni con titoli di livello terziario nel campo di studi con il tasso di occupazione più basso, la percentuale era inferiore di 1,5 punti percentuali rispetto a coloro che sono in possesso di un titolo di studio secondario superiore (considerando tutti i campi di studio combinati).
Malgrado i vantaggi sul mercato del lavoro correlati al conseguimento di una laurea, molti studenti universitari non completano in tempo il percorso di studi o non si laureano affatto. In Italia, il 21% degli studenti di corsi di laurea triennale consegue il titolo entro i tempi previsti. In tutta l'area dell'OCSE il tasso di completamento del ciclo di studi entro la durata prevista varia dal 12% al 69%. I tassi di completamento a tre anni dalla fine prestabilita del corso di studi sono considerevolmente più elevati nella maggior parte dei Paesi e le differenze tra i vari Paesi dell'OCSE si riducono lievemente. In Italia, il 53% degli studenti di laurea triennale consegue il titolo entro tre anni dalla fine prevista del ciclo di studi, rispetto al 68% in media in tutta l'area dell'OCSE.
In tutti i Paesi dell'OCSE, i tassi di completamento dell'istruzione terziaria sono più alti per le donne rispetto agli uomini. In Italia, il 56% delle donne consegue la laurea triennale entro tre anni dalla fine prevista del ciclo di studi, rispetto al 50% degli uomini.
Nella maggior parte dei Paesi dell'OCSE, compresa l'Italia, gli adulti con istruzione terziaria registrano tassi di partecipazione all'istruzione e alla formazione non formali più elevati rispetto a coloro che hanno un livello di istruzione inferiore. Nel 2021, in Italia il 18% delle persone tra i 25 e i 64 anni con un livello di istruzione terziaria ha partecipato a corsi di istruzione e formazione informale nelle quattro settimane precedenti alla loro partecipazione al sondaggio, rispetto al 2% dei loro coetanei con un livello di istruzione inferiore al secondario superiore.
L'iscrizione a un corso di studi universitario comporta spesso costi per gli studenti e le loro famiglie in termini di tasse universitarie, mancati guadagni e spese di vitto e alloggio, anche se possono ricevere un sostegno finanziario per potersi mantenere agli studi. Tuttavia, le politiche pubbliche sulle tasse universitarie e il sostegno finanziario agli studenti differiscono notevolmente da un Paese all'altro. In Italia, livelli medi di tasse universitarie sono abbinati a livelli medi di sostegno finanziario agli studenti. Gli istituti pubblici applicano tasse universitarie pari a 1 985 USD per gli studenti autoctoni a livello di laurea triennale e a 2 221 USD a livello di laurea specialistica.
I Paesi dell'OCSE adottano approcci diversi per fornire sostegno finanziario agli studenti iscritti all'istruzione terziaria, ma in generale i Paesi con il più alto livello di trasferimenti pubblici al settore privato tendono ad avere anche le tasse universitarie più alte. In sei tra i Paesi dell'OCSE e gli altri partecipanti, almeno l'80% degli studenti nazionali riceve un sostegno finanziario pubblico sotto forma di prestiti, borse di studio o sovvenzioni. In altri sei Paesi, meno del 25% degli studenti riceve un sostegno finanziario. In questi Paesi, il sostegno finanziario pubblico è mirato a gruppi ristretti di studenti, come quelli provenienti da famiglie svantaggiate da un punto di vista socio-economico. L'Italia si colloca tra questi due gruppi, con il 38% degli studenti che riceve un sostegno finanziario.
Nel corso dei decenni, sono stati fondati istituti privati indipendenti per soddisfare la crescente domanda di istruzione terziaria. Nell'OCSE, in media, il 17% degli studenti è iscritto a istituti privati indipendenti, ma tale percentuale cela grandi differenze tra i Paesi. In Italia, il 18% degli studenti dell'istruzione terziaria è iscritto a tali istituti. In tutti i Paesi dell'OCSE e in altri Paesi partecipanti con dati disponibili, ad eccezione di Cile e Lituania, gli istituti privati indipendenti applicano in media tasse di iscrizione annuali più elevate rispetto agli istituti pubblici per i corsi di laurea specialistica.
Il personale di livello terziario tende a iniziare la propria carriera relativamente tardi a causa della durata del percorso formativo necessario per ottenere la qualifica. In Italia, solo l'1% del personale accademico ha meno di 30 anni: un dato al di sotto della media dell'OCSE (8%). Al contrario, la percentuale di personale accademico di età pari o superiore ai 50 anni è del 56%, un valore superiore alla media OCSE di 16 punti percentuali.
COVID-19: il secondo anno della pandemia
Durante la pandemia, il regolare funzionamento degli istituti scolastici è stato intaccato anche dalle assenze del personale docente, dovute sia ai contagi da COVID-19 sia alla quarantena preventiva. Tuttavia, solo la metà circa dei Paesi ha raccolto informazioni sulle assenze degli insegnanti. L'Italia ha raccolto tali dati e, a differenza di molti altri Paesi, le assenze degli insegnanti sono aumentate considerevolmente (di oltre il 5%) tra gli anni scolastici 2019/20 e 2021/22. Tale incremento è attribuibile principalmente all'impatto della pandemia da COVID-19.
La maggior parte dei Paesi ha valutato le ricadute che la chiusura delle scuole ha avuto sui risultati dell'apprendimento a vari livelli di istruzione e in diversi contesti. L'Italia ha condotto studi per valutare gli effetti della pandemia e il suo impatto sull'istruzione primaria, secondaria inferiore, secondaria superiore a indirizzo liceale e professionale. Le valutazioni hanno riguardato la matematica e la lettura.
Nell'anno scolastico 2022, in Italia sono stati attuati programmi nazionali di sostegno agli studenti colpiti dalla pandemia a livello preprimario, primario, secondario inferiore, secondario superiore a indirizzo liceale e professionale, nonché a livello terziario. Nell'ambito dell'istruzione primaria e secondaria superiore, le misure per affrontare gli effetti della pandemia da COVID-19 comprendevano l'adeguamento dei programmi scolastici, il sostegno psicosociale e alla salute mentale degli studenti e l’incremento di iniziative per rinforzare e potenziare le competenze disciplinari nel periodo estivo. Il governo non ha in programma di valutare l'efficacia di tali misure.
L'accresciuta digitalizzazione del sistema scolastico è stata una delle principali conseguenze della pandemia da COVID-19 in molti Paesi dell'OCSE. A livello di scuola secondaria inferiore, l'Italia ha risposto alla pandemia offrendo una maggiore disponibilità di strumenti digitali a scuola, di opportunità di apprendimento ibrido, formazione digitale interna per gli insegnanti e per gli studenti.
Le sfide legate alla pandemia da COVID-19 hanno generato costi aggiuntivi per i sistemi di istruzione. Le stime di bilancio preliminari per il 2021 indicano che, rispetto al 2020, il bilancio destinato all'istruzione dei livelli da preprimario a terziario in Italia è aumentato considerevolmente (più del 5% in termini nominali).
La pandemia da COVID-19 ha avuto un impatto notevole sull'istruzione degli adulti nella maggior parte dei Paesi dell'OCSE. Nel 2020, nei Paesi dell'OCSE la percentuale di adulti che ha partecipato a un'attività di istruzione e formazione formale o informale nelle quattro settimane precedenti il sondaggio è diminuita in media di 2 punti percentuali rispetto al 2019. Tuttavia, nel 2021, la partecipazione all'istruzione e alla formazione informale è tornata ai livelli pre-pandemia nella maggior parte dei Paesi. L'Italia è in linea con questa tendenza. Dal 2019 al 2020, la quota di adulti che partecipano a un'attività di istruzione e formazione formale o informale è diminuita di 1 punto percentuale. Dal 2020 al 2021, è aumentata di 3 punti percentuali ed è quindi salita al di sopra dei livelli pre-pandemia.
I giovani adulti che non hanno un lavoro, né seguono un percorso scolastico o formativo (NEET) per periodi prolungati rischiano di avere risultati economici e sociali negativi sia a breve che a lungo termine. Dopo essere aumentata fino al 31,7% durante la pandemia da COVID-19 nel 2020, la quota di NEET di età compresa tra 25 e 29 anni in Italia ha continuato ad aumentare fino al 34,6% nel 2021. Tale quota è diminuita tra il 2019 e il 2020 dal 28,5% al 27,4% ed è aumentata fino al 30,1% nel 2021 per i giovani di età compresa tra 20 e 24 anni.
La percentuale di NEET varia a seconda del genere: è più alta tra le giovani donne rispetto ai loro coetanei maschi in molti Paesi dell'OCSE. In Italia, il divario di genere è relativamente basso tra i giovani di età compresa tra 15 e 19 anni (12,3% per le donne e 12,7% per gli uomini) e quelli di età compresa tra 20 e 24 anni (30,5% per le donne e 29,7% per gli uomini), ma si amplia per la fascia d'età 25-29, in cui il 39,2% delle donne e il 30,3% degli uomini sono NEET.
Riferimenti bibliografici
OECD (2022), Education at a Glance 2022: OECD Indicators, OECD Publishing, Parigi, https://dx.doi.org/10.1787/69096873-en.
OECD (2022), "Regional education", OECD Regional Statistics (banca dati), https://dx.doi.org/10.1787/213e806c-en.
Ulteriori informazioni
Per avere maggiori informazioni sulla pubblicazione "Uno sguardo sull'istruzione 2022" e accedere alla serie completa di indicatori, consultare: https://doi.org/10.1787/3197152b-en
Per maggiori informazioni sulla metodologia impiegata per la raccolta dei dati per ogni indicatore, sui riferimenti alle fonti e sulle note specifiche per ogni Paese, si veda l'Allegato 3 (https://www.oecd.org/education/education-at-a-glance/EAG2022_Annex3.pdf).
Per informazioni di carattere più generale sulla metodologia consultare la pubblicazione dal titolo "OECD Handbook for Internationally Comparative Education Statistics: Concepts, Standards, Definitions and Classifications" (https://doi.org/10.1787/9789264304444-en).
È possibile reperire online i dati aggiornati visitando l'indirizzo http://dx.doi.org/10.1787/eag-data-en e seguendo gli StatLinks sottostanti alle tabelle e ai grafici della presente pubblicazione.
Per taluni indicatori sono disponibili dati relativi alle regioni subnazionali nella banca dati "OECD Regional Statistics" (OECD, 2022). Nell'interpretare i risultati sulle entità subnazionali, è opportuno tenere conto del fatto che la dimensione della popolazione delle entità subnazionali può variare ampiamente all'interno dei Paesi. Ad esempio, la presenza di studenti che frequentano la scuola in una regione diversa dalla loro area di residenza, in particolare ai livelli di istruzione più alti, può influire sulla variazione regionale del numero degli iscritti. Inoltre, le disparità regionali tendono ad essere maggiori laddove nell'analisi si tenga conto di più entità subnazionali.
Per scoprire più dati, compararli e averne una raffigurazione si invita ad utilizzare l'"Education GPS":
https://gpseducation.oecd.org/
I dati relativi alle risposte dell'istruzione durante la pandemia da COVID-19 sono stati raccolti ed elaborati dall'OCSE sulla base del "Survey on Joint National Responses to COVID-19 School Closures" (Indagine sulle risposte nazionali congiunte alle chiusure scolastiche dovute al COVID-19), che è frutto di uno sforzo collaborativo condotto dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO), dall'Istituto di Statistica dell'UNESCO (UIS), dal Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF), dalla Banca Mondiale e dall'OCSE.