Cyrille Schwellnus
Studi economici dell'OCSE: Italia 2024
1. Principali approfondimenti
Abstract
L'economia italiana ha superato bene le crisi recenti, tuttavia la crescita sta attualmente rallentando in un contesto caratterizzato dall'irrigidimento delle condizioni finanziarie. Il debito pubblico è tra i più elevati dell'OCSE, il che limita il margine per proseguire con una politica di bilancio espansiva. Alla luce delle forti pressioni fiscali connesse all'invecchiamento della popolazione, ai costi del servizio del debito e all'imminente transizione climatica, sono necessarie riforme fiscali e della spesa atte a portare il debito pubblico su una traiettoria più prudente. L'ambizioso pacchetto di riforme strutturali e di investimenti pubblici previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresenta una grande opportunità per rilanciare la crescita e rendere più gestibili le pressioni sul bilancio. A tale fine occorrerà consolidare e ampliare le recenti riforme di ampio respiro che hanno interessato i settori della giustizia civile, della Pubblica Amministrazione e della concorrenza, dotare la forza lavoro delle competenze necessarie per avere successo nella transizione digitale e in quella verde, nonché aumentare la partecipazione al mercato del lavoro, soprattutto da parte delle donne.
1.1. Introduzione
L'economia italiana si è dimostrata resiliente alle recenti crisi, con una domanda interna relativamente salda, guadagni significativi in termini di competitività e disoccupazione a livelli storicamente bassi. Ciononostante, le condizioni finanziarie si sono irrigidite e il debito pubblico rimane tra i più elevati della zona dell'OCSE, andando a ridurre i margini a disposizione per continuare con una politica di bilancio espansiva. La graduale revoca delle misure di sostegno connesse alla crisi energetica migliorerà il saldo di bilancio del 2024, ma occorrerà operare un ulteriore risanamento del bilancio per orientare le finanze pubbliche su un percorso più prudente. Nei prossimi anni, l'attività economica sarà sostenuta dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) revisionato, che è finanziato in larga misura dai fondi di Next Generation EU (NGEU) e prevede un ambizioso pacchetto di riforme strutturali e un forte aumento degli investimenti pubblici. Tra quelle varate di recente, figurano le sostanziali riforme della giustizia civile, della Pubblica Amministrazione e della concorrenza, che miglioreranno le condizioni quadro per gli investimenti privati e la crescita. Inoltre, gli investimenti pubblici sono in aumento.
Guardando al futuro, le sfide principali che attendono l'Italia sono il rilancio della crescita economica e l'accelerazione della transizione climatica. La crescita del prodotto potenziale è stimata a circa l'1 % e dovrebbe diminuire ulteriormente a causa del rapido invecchiamento della popolazione, a meno che non venga incentivata la crescita della produttività e non venga rafforzata la partecipazione al mercato del lavoro. La transizione verso un modello di crescita ad alta produttività guidata dall'innovazione è stata ostacolata dalle inefficienze del sistema giudiziario e della Pubblica Amministrazione, da una scarsa concorrenza nei servizi, dalle carenti competenze della forza lavoro e dalla rigidità del mercato del lavoro. Le emissioni di carbonio pro capite in Italia sono inferiori alla media dell'OCSE, ma nell'ultimo decennio il ritmo dei progressi compiuti nella riduzione delle emissioni inquinanti è calato, in parte a causa della lenta diffusione delle energie rinnovabili.
In tale contesto, i principali messaggi del presente Studio sono:
Il debito pubblico è elevato e, a politiche fiscali e di spesa invariate, seguirà una traiettoria ascendente, in considerazione di quanto previsto nel biennio 2024-25, con crescenti costi correlati all'invecchiamento della popolazione e al servizio del debito che esercitano pressioni sulle finanze pubbliche. Sarebbe opportuno riportare il debito pubblico su un percorso più prudente mediante un duraturo risanamento delle finanze pubbliche negli anni a venire, utilizzando una combinazione di misure che impattino sulle entrate e sulla spesa. Sarà essenziale contrastare con fermezza l'evasione fiscale, spostando al contempo l'onere della tassazione dal lavoro ai beni immobili e ai consumi. Aumentando l'ambizione delle revisioni della spesa e riducendo la generosità delle pensioni per le famiglie a reddito più elevato, si potrebbe limitare l'incremento della spesa, mantenendo allo stesso tempo adeguati servizi pubblici e protezione sociale.
La crescita economica si trova ad affrontare venti avversi dovuti alla scarsa crescita della produttività e al rapido invecchiamento della popolazione. La crescita della produttività, stagnante negli ultimi dieci anni, potrebbe essere rinvigorita rafforzando la concorrenza nel settore dei servizi, continuando a potenziare l'istruzione terziaria e attuando rapidamente i progetti di investimento pubblico previsti dal PNRR. La partecipazione di un maggior numero di donne al mercato del lavoro e il rafforzamento degli incentivi al lavoro per i beneficiari di prestazioni sociali sosterrebbero la crescita dell'occupazione a fronte del decremento della popolazione in età lavorativa.
La transizione climatica è in atto, ma per conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti occorre potenziare le misure esistenti e attuare ulteriori politiche. Per rafforzare gli incentivi alla riduzione delle emissioni, come previsto dalla riforma fiscale in corso, si potrebbero allineare meglio le accise al livello di carbonio emesso. Gli iter autorizzativi per gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili e l'espansione della rete elettrica potrebbero essere semplificate al fine di limitare la dipendenza dal gas naturale e accelerare l'elettrificazione dell'economia. La prosecuzione delle opere di potenziamento dei trasporti pubblici e delle reti ferroviarie regionali, insieme all'aggiornamento del sistema di incentivi all'acquisto e alla rottamazione di autovetture, contribuirebbero a ridurre le emissioni dei veicoli. Un'ulteriore riforma del sistema di incentivi fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici accrescerebbe l'efficacia sotto il profilo dei costi.
1.2. La crescita del PIL sta rallentando
1.2.1. La ripresa dalla pandemia è stata vigorosa, tuttavia si osserva un indebolimento dell'attività economica
Prima della crisi energetica l'economia registrava una forte ripresa, grazie a un notevole supporto fiscale e a consistenti guadagni di competitività che hanno contribuito a riportare il PIL reale ai livelli precedenti la pandemia entro la metà del 2021. Nonostante il brusco rallentamento dell'attività avvenuto dalla seconda metà del 2022, il livello del PIL in termini reali rispetto all'ultimo trimestre del 2019 si avvicina alla media della zona euro (Figura 1.1, Grafico A), rispecchiando i risultati particolarmente positivi degli investimenti (Figura 1.1, Grafico B). Il tasso di investimento è tornato ad allinearsi alla media della zona euro dopo un decennio in cui si era posizionato bel al di sotto di essa (Figura 1.1, Grafico C), mentre le esportazioni hanno registrato buoni risultati.
La ripresa degli investimenti è stata in parte determinata dai generosi incentivi fiscali per gli investimenti nel comparto dell'edilizia residenziale. Il credito di imposta denominato "Superbonus", introdotto nel 2020 per incentivare il miglioramento dell'efficienza energetica delle abitazioni, ammontava al 110 % della spesa (subordinato ai massimali connessi alla natura del progetto di ristrutturazione) e non era correlato in funzione del reddito delle famiglie. Prima delle modifiche normative introdotte all'inizio del 2023, che hanno determinato un irrigidimento della misura, le imprese edili potevano cedere a titolo economico i crediti di imposta sul mercato secondario, principalmente alle banche, subito dopo la sottoscrizione del contratto di ristrutturazione. Ciò ha consentito loro di accedere immediatamente alla liquidità e di offrire ai clienti uno sconto del 100 % sui costi dei lavori di ristrutturazione, rendendo l'incentivo fiscale eccessivamente generoso. Tuttavia, l'introduzione del Superbonus non è l'unico fattore che possa aver determinato il buon andamento degli investimenti. Ipotizzando che circa la metà degli investimenti direttamente finanziata dal superbonus non sarebbe stata altrimenti realizzata, come suggerito dagli studi preliminari condotti dalla Banca d'Italia (2023c), il credito di imposta ha stimolato la crescita accumulata degli investimenti dopo la pandemia di circa 10 punti percentuali. Poiché la crescita accumulata degli investimenti dopo la pandemia ha superato il 20 % (Figura 1.1, Grafico B), ciò significa che, anche in assenza del credito di imposta, sarebbe stata ben superiore al resto della zona euro, dove invece è stata negativa nel periodo considerato. Ciò suggerisce che gli investimenti potrebbero essere stati sostenuti anche dai miglioramenti strutturali del contesto imprenditoriale e dagli incentivi fiscali per i beni di investimento connessi alla transizione digitale e verde (Transizione 4.0; Bratta et al., 2022).
L'inflazione elevata e l'aumento dei costi di finanziamento derivati dalla crisi energetica hanno determinato un rallentamento dell'attività economica nella seconda metà del 2022, ma l'attività nel settore dei servizi ha mostrato una capacità di tenuta relativamente buona. I rapidi aumenti dei prezzi dei beni energetici importati hanno innescato pressioni più significative sui prezzi, riducendo il reddito reale delle famiglie. L'inasprimento della politica monetaria nella zona euro ha determinato un incremento degli oneri finanziari di famiglie e imprese, limitando ulteriormente il reddito disponibile delle famiglie per i consumi e riducendo gli investimenti privati. All'inizio, il settore manifatturiero e quello delle costruzioni sono stati duramente colpiti, ma i servizi hanno continuato a crescere vigorosamente nonostante tali circostanze sfavorevoli (Figura 1.2), in quanto il forte sostegno fiscale accordato alle famiglie e alle imprese ha contribuito ad attutire gli effetti della crisi energetica. L'attività nel settore dei servizi è stata sostenuta anche dalla ripresa del turismo dopo la pandemia e dalla resilienza dei consumi privati che, a sua volta, può essere in parte spiegata dalla solidità della ricchezza delle famiglie. L'eccesso di risparmio accumulato dalle famiglie durante la pandemia ammonta ancora a circa il 7,5 % del PIL e il mercato immobiliare ha mostrato moderati segnali di debolezza malgrado l'innalzamento dei tassi di interesse.
1.2.2. La competitività è migliorata
Le esportazioni hanno registrato buoni risultati rispetto ad altri grandi Paesi della zona euro, soprattutto per effetto dell'aumento delle quote di mercato in un contesto di bassa crescita del costo unitario del lavoro (Figura 1.3). La particolare conformazione geografica e la specializzazione settoriale dell'Italia hanno in parte protetto il Paese dalle perturbazioni che hanno inciso sulle catene di approvvigionamento mondiali dovute alla pandemia da COVID-19. Rispetto ad altri Paesi della zona euro, la struttura geografica delle esportazioni italiane è orientata verso la Turchia, il Regno Unito, gli Stati Uniti e la Svizzera: tali Paesi si sono dimostrati più resilienti alla pandemia da COVID-19 rispetto alla Cina (Figura 1.3). L'Italia presenta una bassa specializzazione nei settori ad alta intensità energetica e in quelli ad elevata tecnologia, che sono stati colpiti dalla crisi energetica e dalle interruzioni della catena di approvvigionamento (Haramboure et al., 2023; Giglioli e Giordano, 2023). Tuttavia, il buon andamento delle esportazioni si spiega anche con la bassa crescita del costo unitario del lavoro rispetto ai principali concorrenti, che ha consentito agli esportatori italiani di acquisire quote di mercato. Il contenimento nell'incremento del costo unitario del lavoro è stato determinato da una modesta crescita salariale piuttosto che da un elevato incremento della produttività. In prospettiva, per migliorare ulteriormente la competitività delle esportazioni e il tenore di vita sarà essenziale stimolare la produttività, pur mantenendo la crescita dei salari in linea con quella della produttività.
1.2.3. La disoccupazione ha raggiunto livelli bassi in una prospettiva storica
Nonostante il rallentamento dell'attività economica, il tasso di disoccupazione si avvicina al livello più basso registrato negli ultimi 20 anni (Figura 1.4). Il tasso di posti di lavoro vacanti è superiore al livello precedente la pandemia, mentre un numero crescente di imprese ha difficoltà a reperire personale qualificato. Tali circostanze rispecchiano, in parte, l'invecchiamento della popolazione, in quanto la popolazione in età lavorativa è diminuita di circa il 2 % nell'ultimo decennio, nonché i disallineamenti occupazionali. L'analisi di fondo condotta per il presente Studio sulla base dei dati provenienti dalla piattaforma online Indeed suggerisce che gli squilibri tra domanda e offerta di lavoro sono rilevanti. Circa un quarto dell'offerta di lavoro, misurata dai clic delle persone in cerca di un impiego, dovrebbe essere riassegnato per soddisfare perfettamente la distribuzione della domanda di lavoro, misurata dalle offerte di lavoro delle imprese (Riquadro 1.1). Il livello di disallineamento occupazionale calcolato in base ai dati tratti dalla piattaforma Indeed potrebbe essere leggermente sovrastimato a causa delle differenze nella rappresentatività degli annunci e dei clic a seconda delle diverse professioni. Tuttavia, l'indicazione dell'esistenza di disallineamenti occupazionali è ampiamente in linea con le precedenti analisi dell'OCSE che documentano le notevoli asimmetrie tra domanda e offerta di competenze sul mercato del lavoro italiano (Adalet McGowan e Andrews, 2015). Le variazioni stimate degli squilibri successivi alla pandemia, che risentono meno dell'aspetto della rappresentatività, suggeriscono che il mercato del lavoro italiano ha resistito bene a una sostanziale ridistribuzione dei posti di lavoro a seguito della crisi pandemica, mentre le attuali asimmetrie si collocano lievemente al di sotto dei livelli pre-pandemia.
Riquadro 1.1. Disallineamento occupazionale in base alle offerte di lavoro pubblicate online e al numero di clic
È possibile comporre un indicatore temporale quasi in tempo reale degli squilibri tra domanda e offerta di lavoro utilizzando dati proprietari relativi alle offerte di lavoro pubblicate online dalle imprese e i clic effettuati da coloro che sono alla ricerca di un impiego sulla piattaforma Indeed, il principale motore di ricerca del lavoro al mondo. L'indicatore si basa sulla metodologia proposta da Lazear e Spletzer (2012) e misura la disomogeneità nella distribuzione delle offerte di lavoro e dei clic tra le diverse occupazioni. Può essere interpretato come la percentuale di clic che dovrebbe essere riassegnata per corrispondere esattamente alle offerte di lavoro pubblicate. Analogamente, la disomogeneità nella distribuzione dei clic in un dato periodo rispetto a un periodo di riferimento può essere interpretata come il numero di clic che dovrebbe essere riassegnato per coincidere perfettamente con la distribuzione iniziale, ossia come una misura della ridistribuzione dei clic.
L'analisi mostra che circa un quarto dei clic dovrebbe essere riassegnato per coincidere perfettamente con la distribuzione delle offerte di lavoro pubblicate per le varie professioni (Figura 1.5, Grafico A). In una certa misura, il livello di disallineamento può essere influenzato dalle differenze in termini di rappresentatività delle offerte di lavoro e dei clic tra i vari impieghi su Indeed. Le variazioni del disallineamento dovrebbero essere meno influenzate dalle questioni di rappresentatività e indicano che i disallineamenti occupazionali aggregati sono sostanzialmente tornati ai livelli precedenti la pandemia malgrado la significativa e duratura ridistribuzione dei clic e delle offerte di lavoro a seguito della pandemia da COVID-19 (Figura 1.5, Grafico B). L'aumento del disallineamento in alcune occupazioni è stato compensato da un decremento del medesimo in altre. Ciò è in linea con i dati provenienti dalle offerte di lavoro online negli Stati Uniti (Sinclair, 2022) e dalle indagini sulla forza lavoro nel Regno Unito e negli Stati Uniti (Pizinelli e Shibata, 2023). Tra i settori in cui l'aumento delle offerte di lavoro è stato nettamente superiore all'incremento dei clic dall'inizio della pandemia (aumento della carenza di manodopera) figurano l'ingegneria civile, l'immobiliare, l'edilizia e il settore manifatturiero (Figura 1.5, Grafico C). Tali considerazioni sono ampiamente allineate ai risultati delle indagini sulle imprese italiane, che indicano che la carenza di manodopera è particolarmente pronunciata in riferimento agli esperti ICT, al personale sanitario e agli operatori sociali, nonché ai lavoratori specializzati del settore dell'edilizia (Unioncamere-Anpal, 2023). Tra i settori nei quali l'incremento dei clic ha superato nettamente la crescita delle offerte di lavoro (aumento della carenza di posti di lavoro) figurano l'istruzione, l'assistenza all'infanzia e i servizi sociali e di assistenza alla comunità (Figura 1.5, Grafico D).
Sebbene il disallineamento occupazionale complessivo sia lievemente diminuito a seguito della pandemia, si registrano carenze di manodopera in una serie di settori che saranno essenziali per l'attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), tra cui l'ingegneria civile e le costruzioni (Figura 1.5, Grafico C). Pertanto, molte imprese continuano a mantenere il personale in forza, con un tasso di licenziamento ben al di sotto del livello precedente la pandemia (Figura 1.4, Grafico C). Il rapporto tra le dimissioni e i licenziamenti, che può essere considerato una misura del potere contrattuale dei lavoratori (Sojourner e DiVito, 2022), si colloca attualmente ben al di sopra del livello antecedente alla pandemia. In tale contesto, la decisione delle autorità di aumentare il numero di permessi di lavoro per i lavoratori di Paesi extra-UE da circa 70 000 nel 2022 a circa 165 000 nel 2025 costituisce un progresso positivo e potrebbe ridurre le carenze di manodopera, anche nel settore delle costruzioni, il che sarà fondamentale per contenere i costi e limitare i ritardi nei progetti finanziati dal PNRR. Tuttavia, nel 2023 i datori di lavoro hanno presentato un numero di richieste preliminari di permessi di lavoro di quattro volte superiore rispetto alla quota prevista per il 2024, il che lascia intendere che l'aumento delle quote di immigrazione sopperirà solo parzialmente alle carenze di manodopera. L'incremento della partecipazione al mercato del lavoro, in particolare dei giovani e delle donne, e il potenziamento delle politiche attive del lavoro per far corrispondere meglio la domanda e l'offerta di lavoro contribuirebbero ulteriormente a ridurre la carenza di manodopera (cfr. Sezione 0).
Malgrado la solidità del mercato del lavoro e l'inflazione elevata, la ripresa della crescita salariale si è rivelata modesta. Nel primo trimestre del 2023 l'incremento salariale medio è stato pari a circa il 2 %, mentre la crescita delle retribuzioni contrattuali collettive è salita al 3 % nel terzo trimestre (Figura 1.6). Per il prossimo anno, le trattative salariali collettive sono ancorate all'inflazione attesa al netto dell'energia importata. L'aumento dell'inflazione al netto dei prodotti energetici importati, stimato dall'Istituto nazionale di statistica a giugno di ogni anno, non è stato pienamente anticipato nel 2022, ma l'inflazione attesa al netto dell'energia importata stimata nel giugno 2023 è stata pari al 6,6 % per il medesimo anno e al 2,9 % per il 2024. Sebbene la crescita delle retribuzioni contrattuali collettive possa dunque aumentare notevolmente, è improbabile che raggiunga il 6,6 %. Qualora i sindacati e le associazioni dei datori di lavoro non riescano a raggiungere un accordo, il mancato rinnovo di un contratto collettivo comporterebbe una crescita dei salari nominali pari a zero, conferendo ai datori di lavoro un significativo potere contrattuale (Garnero, 2023).
1.2.4. L'inflazione è calata rapidamente
Verso la fine del 2022, l'inflazione complessiva ha subito un forte aumento, che si è gradualmente trasmesso a tutta l'economia. All'inizio, l'impennata dell'inflazione complessiva è stata principalmente determinata dall'inflazione dei prezzi dell'energia, che è aumentata in misura significativamente maggiore rispetto al resto della zona euro, soprattutto a causa dell'elevata quota di gas detenuta nel mix energetico italiano (Figura 1.7). L'inflazione complessiva è scesa rapidamente dal 12,5 % nel novembre 2022 a circa lo 0,5 % nel dicembre 2023. L'inflazione di fondo e quella dei servizi, che possono entrambe essere considerate misura delle pressioni sottostanti sui prezzi, si sono attestate intorno al 3-3,5 %. Le imprese manifatturiere e dei servizi hanno gradualmente trasmesso ai consumatori i rincari degli input a elevato consumo di energia, con l'impennata dell'inflazione di fondo registrata alla fine del 2022 e all'inizio del 2023 finora riconducibile principalmente alla trasmissione dei rincari degli input energetici ai prezzi dei prodotti (Riquadro 1.2).
Gli aumenti dei profitti per unità di prodotto esercitano una pressione limitata sull'inflazione di fondo, ma il costo unitario del lavoro è in aumento. Se l'inflazione da profitti unitari è aumentata bruscamente nel 2022 ed è rimasta elevata nel primo semestre del 2023, l'incremento ha seguito principalmente gli andamenti del settore energetico ("estrazione mineraria e servizi pubblici"), nonché di quello finanziario e agricolo, che non rientrano nell'ambito dell'inflazione di fondo e pertanto non hanno alcuna incidenza diretta sulla medesima (Figura 1.9, Grafico A). Nel settore dell'energia sono compresi i produttori di energie rinnovabili che non hanno subito gli effetti all'aumento dei prezzi dell'energia importata, nonché le imprese del petrolio, del gas e dell'elettricità che, grazie alla sottoscrizione di contratti a lungo termine, si sono assicurate l'approvvigionamento di energia a prezzi bassi. In tutti i settori, l'Italia ha registrato una crescita dei profitti unitari generalmente inferiore rispetto al resto della zona euro, ad eccezione dei settori energetico e finanziario (Figura 1.9, Grafico C). L'inflazione media del costo unitario del lavoro è rimasta contenuta, attestandosi a circa il 2 % nel 2022, per poi risalire a quasi il 5 % nel terzo trimestre del 2023 (Figura 1.9, Grafico B).
Riquadro 1.2. La trasmissione dell'aumento dei prezzi dell'energia all'inflazione di fondo
L'inflazione di fondo è determinata dalle variazioni dei costi degli input intermedi, compresi gli input energetici e quelli ad alta intensità energetica, nonché dei salari e dei margini di profitto. L'analisi condotta per il presente Studio utilizza i dati relativi all'intensità energetica della produzione nei vari settori, ricavati dalle tabelle di input-output, per scomporre statisticamente l'inflazione di fondo in una componente energetica e in una componente residua attribuibile ai salari e ai margini di profitto. Ipotizzando una trasmissione completa su un periodo di sei mesi, i risultati suggeriscono che l'impennata dell'inflazione di fondo in Italia è stata finora determinata in larga misura dall'inflazione dei prezzi dei beni energetici (Figura 1.8). È sorprendente notare che il contributo dell'inflazione dei prezzi dell'energia all'inflazione di fondo è significativamente maggiore in Italia rispetto al resto della zona euro, nella quale si è registrata un'inflazione dei prezzi dell'energia inferiore. Tali risultati sono sostanzialmente in linea con quelli ottenuti utilizzando approcci econometrici che stimano la risposta dell'inflazione di fondo agli shock sui prezzi dell'energia (Corsello e Tagliabracci, 2023).
1.2.5. L'economia si trova ad affrontare diversi venti contrari
Secondo le stime, il PIL reale dovrebbe registrare una crescita dello 0,7 % nel 2024, per poi risalire lievemente all'1,2 % nel 2025 (Tabella 1.1). La scarsa crescita dei salari e l'aumento dell'inflazione hanno eroso i redditi reali, le condizioni finanziarie si sono inasprite e la maggior parte del sostegno fiscale straordinario connesso alle crisi legate rispettivamente alla pandemia da COVID-19 e all'energia è stata revocata, gravando sui consumi privati e sugli investimenti. Il previsto calo dell'inflazione, le riduzioni mirate delle imposte sul reddito e l'aumento degli investimenti pubblici connessi ai fondi di Next Generation EU (NGEU) compenseranno solo in parte questi andamenti sfavorevoli. L'inflazione dovrebbe diminuire gradualmente tra il 2024 e il 2025 grazie al venir meno degli effetti derivanti dallo shock sui prezzi dell'energia della fine del 2022 e alla contenuta crescita dei salari nominali. Nel complesso, la rigidità delle condizioni finanziarie e l'orientamento sostanzialmente neutro della politica di bilancio per il 2024 dovrebbero condurre a un graduale allentamento delle pressioni inflazionistiche, mentre la crescita rimarrà modesta.
I rischi per la crescita rimangono al ribasso. Tra di essi, il principale è costituito da un inasprimento delle condizioni finanziarie superiore al previsto, che potrebbe derivare da una politica monetaria più restrittiva nella zona euro o da un premio più elevato sui titoli di Stato italiani. Inoltre, l'Italia è esposta a una serie di vulnerabilità a più lungo termine che potrebbero comportare notevoli cambiamenti nelle prospettive (Tabella 1.2). In un'ottica rialzista, un calo più rapido dei tassi di interesse concomitante alla diminuzione dell'inflazione nella zona euro potrebbe stimolare la domanda interna e la crescita nel 2024 e nel 2025.
Tabella 1.1. Le previsioni indicano un calo della crescita e dell'inflazione
2020 |
2021 |
2022 |
2023 |
2024 |
2025 |
|
---|---|---|---|---|---|---|
Prezzi correnti in miliardi di EUR |
Variazioni percentuali, volume (prezzi 2015) |
|||||
PIL ai prezzi di mercato |
1 659,8 |
8,3 |
3,9 |
0,7 |
0,7 |
1,2 |
Consumi privati |
963,9 |
5,3 |
5,0 |
1,2 |
0,7 |
1,0 |
Consumi pubblici |
343,5 |
1,5 |
0,7 |
-0,2 |
-0,4 |
-0,2 |
Investimenti fissi lords |
298,0 |
20,7 |
10,1 |
0,8 |
0,5 |
1,6 |
Domanda interna finale |
1 605,4 |
7,3 |
5,2 |
0,8 |
0,4 |
0,9 |
Formazione delle scorte1 |
-4,4 |
1,0 |
-0,6 |
0,1 |
0,1 |
0,0 |
Domanda interna totale |
1 601,0 |
8,4 |
4,5 |
0,9 |
0,5 |
0,9 |
Esportazioni di beni e servizi |
485,8 |
14,0 |
10,7 |
0,4 |
1,3 |
2,0 |
Importazioni di beni e servizi |
427,0 |
15,2 |
13,1 |
1,0 |
0,9 |
1,2 |
Saldo netto delle esportazioni1 |
58,9 |
0,2 |
-0,5 |
-0,3 |
0,2 |
0,4 |
Conti d'ordine |
||||||
Deflatore del PIL |
_ |
1,3 |
3,0 |
4,2 |
2,9 |
2,6 |
Indice armonizzato dei prezzi al consumo |
_ |
1,9 |
8,7 |
5,9 |
2,6 |
2,3 |
Indice armonizzato dell'inflazione di fondo2 |
_ |
0,8 |
3,3 |
4,5 |
3,1 |
2,5 |
Tasso di disoccupazione (% della forza lavoro) |
_ |
9,5 |
8,1 |
7,6 |
7,8 |
7,6 |
Tasso di risparmio delle famiglie, netto (% del reddito disponibile) |
_ |
8,1 |
1,8 |
-0,7 |
1,9 |
280 |
Saldo finanziario dell'amministrazione pubblica (% del PIL) |
_ |
-8,8 |
-8,0 |
-5,4 |
-4,2 |
-3,6 |
Saldo primario dell'amministrazione pubblica (% del PIL) |
-5,5 |
-4,0 |
-1,8 |
-0,3 |
0,4 |
|
Debito pubblico lordo (% del PIL potenziale) |
172,9 |
148,5 |
148,2 |
148,3 |
147,4 |
|
Debito pubblico lordo, definizione Maastricht3(% del PIL) |
_ |
147,2 |
141,6 |
141,4 |
141,4 |
140,5 |
Bilancio delle partite correnti (% del PIL) |
_ |
2,4 |
-1,5 |
-0,2 |
0,3 |
0,8 |
1. Contributi alle variazioni del PIL reale, importo effettivo riportato nella prima colonna.
2. Indice armonizzato dei prezzi al consumo, al netto di prodotti alimentari, energia, alcol e tabacco.
3. La definizione di debito pubblico di Maastricht comprende solo prestiti, titoli di debito, valute e depositi, con debito al valore nominale anziché al valore di mercato.
Fonte: OCSE
Tabella 1.2. Eventi che potrebbero comportare cambiamenti di rilievo nelle prospettive
Shock |
Possibili impatti |
Opzioni di risposta politica |
---|---|---|
Ritardi nell'attuazione dei piani di investimento pubblico nel quadro del PNRR o di progetti con elevati rapporti costi/benefici. |
L'attuazione parziale di progetti di investimento pubblico volti a stimolare la crescita limiterebbe il miglioramento del tenore di vita e renderebbe più arduo il compito di riportare il rapporto debito/PIL su un percorso più prudente. |
Attuare i piani di investimento pubblico nel quadro del PNRR entro il 2026, effettuando allo stesso tempo un'approfondita analisi costi-benefici. |
Crescita dell'avversione al rischio sui mercati finanziari |
Un differenziale più ampio nei tassi di interesse tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi aumenterebbe i costi di servizio del debito pubblico e potrebbe incidere sui bilanci delle banche. |
Consolidare gradualmente, ma in modo sostenibile, le finanze pubbliche a partire dal 2025 per mantenere la fiducia degli investitori e adottare un approccio prudente alla gestione del debito. |
Crescita costantemente inferiore nella zona euro a causa dell'aumento dei prezzi dell'energia e delle tensioni commerciali a livello mondiale. |
Una crescita inferiore nella zona euro ridurrebbe l'incremento delle esportazioni, con effetti a catena sulla crescita del PIL, in quanto gli altri Paesi della zona euro rappresentano la principale destinazione delle esportazioni italiane. |
Rafforzare la competitività delle esportazioni italiane attuando pienamente riforme strutturali volte a migliorare la produttività e allineando l'incremento dei salari reali alla crescita della produttività. |
1.3. Il settore finanziario ha mostrato una buona tenuta, ma i rischi sono in aumento
1.3.1. Gli oneri di finanziamento per le famiglie e le imprese aumentano, ma appaiono gestibili
Con l'inasprimento della politica monetaria nella zona euro avviato a metà del 2022, i costi di finanziamento a carico di famiglie e imprese sono aumentati (Figura 1.10, Grafico A). La crescita del credito bancario ha subito un rallentamento in conseguenza dell'irrigidimento dei criteri per la concessione del credito e la domanda di credito è diminuita: nella seconda metà del 2022, l'incremento su base annua dei prestiti alle società non finanziarie ha iniziato a diminuire e la crescita dei prestiti alle famiglie si è attenuata (Figura 1.10, Grafico B). L'indebitamento sia delle imprese che delle famiglie risulta contenuto rispetto alla media dell'OCSE, il che suggerisce che l'aumento degli oneri di finanziamento dovrebbe rimanere gestibile. Nello specifico, è improbabile che il mercato degli immobili residenziali subisca un'inversione significativa malgrado l'aumento dei costi di finanziamento, poiché nell'ultimo decennio i prezzi delle abitazioni hanno registrato un tasso di crescita tra i più bassi della zona dell'OCSE e, rispetto ai redditi da locazione, si sono rivelati inferiori alle rispettive medie di lungo periodo.
1.3.2. La solidità delle banche è stata rafforzata, ma i costi di finanziamento sono in aumento
Nel corso dell'ultimo decennio la solidità finanziaria delle banche è migliorata. La quota di crediti deteriorati è diminuita da oltre il 10 % del totale dei crediti nel 2015 a meno del 2 % nel 2022 (Figura 1.11), in parte grazie alla relativa attività di cartolarizzazione su vasta scala sostenuta da garanzie pubbliche per tranches senior (OECD, 2021a). Sebbene la quota di crediti deteriorati rimanga leggermente al di sopra della media dell'OCSE, attualmente essa si colloca al di sotto dei livelli precedenti la crisi economica e finanziaria del 2008-2009. Oltre la metà dello stock di crediti deteriorati in Italia è costituita da inadempienze probabili (i cosiddetti crediti UTP, Unlikely-to-pay), un segmento nel quale le operazioni di cessione e cartolarizzazione tendono a essere più complesse in quanto riguardano prestiti altamente eterogenei e potrebbero comportare la necessità di ulteriore sostegno finanziario ai debitori. Le posizioni di liquidità restano adeguate e quelle patrimoniali si avvicinano alla media della zona euro, in parte per effetto delle misure prudenziali di regolamentazione e della robusta redditività (Figura 1.11). Gli stress test condotti dall'Autorità bancaria europea nel 2023 indicano che, in uno scenario macroeconomico avverso, la maggior parte delle posizioni patrimoniali delle banche sarebbe simile alla media della zona euro, anche se alcune banche sarebbero vulnerabili in presenza di una contrazione prolungata (Autorità bancaria europea, 2023).
La redditività delle banche è stata favorita dall'incremento dei tassi di interesse e dall'ampliamento dei margini di interesse netti, ma i rischi sono in aumento. In prospettiva, l'effetto positivo dell'aumento dei tassi di interesse sui margini di interesse netti e sul capitale sarà probabilmente compensato dall'inasprimento delle condizioni finanziarie e dal previsto rallentamento dell'attività economica, che limiterà la crescita dei prestiti. Malgrado le maggiori capacità delle banche italiane nel selezionare e gestire il rischio di credito, derivanti in parte dall'innalzamento degli standard di vigilanza (Visco, 2023), il rischio di inadempienza potrebbe aumentare in quanto alcuni debitori potrebbero avere maggiori difficoltà a onorare i propri impegni in un contesto caratterizzato dall'incremento dei tassi di interesse e dal rallentamento della domanda. In particolare, ciò potrebbe accadere nel settore delle costruzioni, dove la graduale eliminazione della possibilità di cedere il credito del superbonus a terzi avviata all'inizio del 2023 ridurrà la liquidità e l'attività, sebbene una ripresa della spesa connessa al PNRR possa limitare il rallentamento dell'attività economica. Sarebbe opportuno monitorare l'evoluzione dei crediti deteriorati, compreso il segmento dei crediti UTP. Le autorità dovrebbero inoltre continuare a monitorare attentamente l'andamento dei crediti deteriorati cartolarizzati che, finora, è stato soddisfacente (Banca d'Italia, 2021). Tuttavia, si osserva un incremento delle pressioni sui debitori a causa dell'inasprimento delle condizioni finanziarie e del rallentamento dell'economia.
L'eliminazione graduale delle operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (TLTRO) della BCE nel periodo 2023-2024 condurrà le banche ad attingere a fonti di finanziamento più costose, quali depositi o obbligazioni. Talune banche potrebbero essere in grado di rimborsare le TLTRO in scadenza riducendo le riserve in eccesso, in quanto queste ultime superano, nel settore bancario nel suo complesso, l'ammontare di liquidità ottenuta attraverso dette operazioni della BCE (Figura 1.12). Tuttavia, secondo le stime della Banca d'Italia (2023b), circa la metà delle banche italiane non dispone di riserve sufficienti per rimborsare le TLTRO. Tuttavia, è improbabile che ciò comporti problemi di liquidità, in quanto le banche con garanzie di elevata qualità potranno ottenere prestiti dalla BCE nel breve periodo. L'ingente rimborso delle TLTRO avvenuto nel giugno 2023 non ha avuto alcun effetto significativo sulle posizioni di liquidità delle banche, soprattutto perché è stato compensato dall'emissione di obbligazioni. Nel medio termine, tuttavia, le banche dovranno attingere a fonti di finanziamento più costose: ciò potrebbe ridurre la redditività del capitale proprio di circa 130 punti base in media (Banca d'Italia, 2023b). Pressioni analoghe sulla redditività potrebbero essere avvertite dalle banche che devono ancora emettere strumenti conformi ai requisiti minimi di fondi propri e strumenti di passività ammissibili (MREL).
In un contesto caratterizzato da rischi crescenti dovuti all'indebolimento delle prospettive economiche, all'aumento dei costi di finanziamento e al persistere di ingenti esposizioni al debito sovrano nazionale (Figura 1.13), è opportuno preservare il capitale nei periodi in cui la redditività è elevata. La detenzione di tanti titoli di debito pubblico nazionale può esporre le banche ai rischi connessi ai tassi d'interesse: un ulteriore inasprimento della politica monetaria della zona euro o un incremento del differenziale di interesse tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi farebbe diminuire il valore dei titoli sovrani nei bilanci delle banche, riducendo così le posizioni patrimoniali. Tuttavia, i rischi connessi ai tassi di interesse appaiono gestibili per le banche italiane, dato che solo il 30 % circa dei titoli di Stato presenti nei bilanci delle banche è valutato al fair value (valore equo) e che l'adeguatezza delle posizioni di liquidità delle banche rende remota la probabilità che esse siano costrette a vendere titoli di Stato in perdita. Tali circostanze indicano, tuttavia, che sarebbe opportuno prestare costante attenzione al mantenimento delle posizioni patrimoniali a fronte di livelli elevati di redditività onde evitare che si verifichino problemi nel medio termine, soprattutto per le banche più deboli. L'istituzione di un'autorità macroprudenziale con un ruolo guida per la Banca d'Italia è prossima al completamento e costituisce una misura utile per rafforzare il quadro di riferimento della politica macroprudenziale.
1.3.3. Il settore assicurativo è ben capitalizzato, ma il ramo vita inizia a mostrare segnali di debolezza
Il settore assicurativo è ben capitalizzato, ma è esposto ai titoli di Stato e al rimborso anticipato dei contratti nel settore delle assicurazioni sulla vita. Alla fine del 2022 il coefficiente di solvibilità era pari a circa il 250 %, vicino alla media europea (EIOPA, 2023). In linea generale, il rischio derivante dall'esposizione ai titoli di Stato è gestibile, dato il basso sfasamento di durata tra attività e passività, ma può essere più pronunciato nel settore delle assicurazioni sulla vita. Gli investitori acquistano contratti di assicurazione sulla vita come prodotti finanziari standard, e alcuni di essi consentono il rimborso anticipato garantendo al tempo stesso il capitale investito. Le compagnie di assicurazione, a loro volta, investono i proventi di questi contratti in titoli di Stato con scadenze diverse. Considerato l'aumento dei tassi di interesse a breve termine nell'ultimo anno, l'attrattiva dei contratti di assicurazione sulla vita esistenti è diminuita rispetto ad altri prodotti finanziari con rischio comparabile, come i conti di risparmio o i certificati di deposito. Negli ultimi mesi, il tasso di riscatto dei contratti di assicurazione vita esistenti è aumentato in misura significativa, determinando deflussi finanziari netti dalle compagnie di assicurazione del ramo vita (Figura 1.14), il che potrebbe costringere alcune di esse ad attingere alle proprie riserve o ad accusare perdite sui loro portafogli di titoli di Stato che finora erano nozionali. Sul breve termine, sarà fondamentale salvaguardare il capitale per mantenere in salute il settore assicurativo e, a tale riguardo, la recente raccomandazione dell'Autorità di vigilanza sulle assicurazioni di limitare la distribuzione degli utili costituisce una misura adeguata.
1.4. Per riportare le finanze pubbliche su un percorso più sostenibile occorre attuare riforme
1.4.1. La politica di bilancio ha sostenuto l'attività economica
L'Italia ha fornito un generoso sostegno fiscale durante la crisi energetica, anche attraverso la riduzione delle accise sui combustibili fossili, i crediti di imposta per la spesa energetica sostenuta dalle imprese, la riduzione degli oneri fissi sul gas e l'elettricità, nonché i tagli mirati dei contributi previdenziali e i sostegni al reddito per le famiglie più indigenti. Nel complesso, le misure di sostegno per la crisi energetica introdotte a seguito dell'aggressione russa nei confronti dell'Ucraina nel febbraio 2022 si sono dimostrate relativamente ben mirate nel confronto internazionale (OECD, 2023c). Le misure inefficienti sotto il profilo dei costi e non mirate erano limitate e la maggior parte di esse è stata gradualmente revocata all'inizio del 2023, compresa la riduzione delle accise sui combustibili fossili. Il sostegno mirato al reddito per le famiglie a basso reddito, la sospensione generalizzata degli oneri fissi sulle bollette del gas e la riduzione generalizzata delle imposte sul valore aggiunto sul gas utilizzato per la combustione, il teleriscaldamento e l'energia termica sono stati prorogati fino alla fine del 2023. Il Governo prevede di eliminare gradualmente tali misure nel 2024.
L'orientamento della politica di bilancio sarà sostanzialmente neutrale nel 2024. La recente modifica, imposta da Eurostat, del trattamento dei crediti di imposta per le ristrutturazioni edilizie (ivi incluso il Superbonus) ha spostato la registrazione della spesa fiscale dalla data di richiesta del credito di imposta a quella della firma del contratto di ristrutturazione. Ciò significa che il recente inasprimento dei crediti di imposta per le ristrutturazioni delle abitazioni migliorerà il saldo del bilancio pubblico di competenza del 2024, ma non quello di cassa, che è in gran parte determinato dai crediti di imposta concessi nel periodo 2021-2023 e richiesti negli anni successivi. Nel corso del 2023 il sostegno erogato in occasione della crisi energetica è stato ridimensionato, ma alcune misure sono state prorogate al quarto trimestre, tra cui: gli aiuti mirati alle famiglie più indigenti, la sospensione degli oneri fissi sulle bollette del gas, e la riduzione delle imposte sul valore aggiunto sul gas. Il Governo prevede di eliminare gradualmente tali misure nel corso del 2024, il che dovrebbe rendere possibili risparmi di bilancio pari a circa l'1 % del PIL. Tali risparmi saranno ampiamente compensati da riduzioni mirate delle imposte sul reddito per le famiglie a basso e medio reddito e dall'atteso incremento della spesa connessa a Next Generation EU (NGEU). In base alle leggi vigenti, nel 2025 i tagli mirati delle imposte sul reddito introdotte nel 2024 e i tagli mirati ai contributi previdenziali introdotti nel 2023 dovrebbero giungere a scadenza: ciò comporterà un lieve inasprimento fiscale e un miglioramento del saldo primario pari a circa lo 0,5 % del PIL (Figura 1.15).
La spesa pubblica è sostenuta dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) finanziato mediante le sovvenzioni e i prestiti a tasso agevolato dell'Unione europea (Riquadro 1.3). Circa un terzo dei finanziamenti è costituito da sovvenzioni senza effetti sul saldo di bilancio e due terzi da prestiti. Il PNRR potrebbe imprimere un forte impulso agli investimenti pubblici, che negli ultimi vent'anni si sono mostrati deboli (Figura 1.16). I fondi totali assegnati al Piano per il periodo 2021-2026 ammontano complessivamente a circa il 10 % del PIL annuo, con circa il 60 % destinato agli investimenti pubblici. La spesa aggiuntiva potrebbe incentivare in modo significativo la crescita del PIL in termini reali, sia stimolando la domanda aggregata nel breve termine sia aumentando la produttività del lavoro nel medio termine. Stando ad alcune simulazioni basate su modelli effettuate dal Governo, la piena attuazione della spesa pubblica aggiuntiva prevista potrebbe far aumentare il livello del PIL reale dell'1,8-3,4 % entro il 2026, in gran parte grazie agli effetti sulla domanda e in funzione dell'efficienza degli investimenti pubblici (Ministero dell'Economia e delle Finanze, 2023b, Di Bartolomeo e D'Imperio, 2023).
Riquadro 1.3. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) dell'Italia è stato approvato dalla Commissione europea nel luglio 2021 (Presidenza del Consiglio, 2021; Parlamento europeo, 2022). Esso fornisce il sostegno finanziario dell'UE per il periodo 2021-2026, subordinatamente ai progressi compiuti nell'attuazione degli investimenti e delle riforme strutturali concordati. A seguito di una revisione del Piano approvata dalla Commissione europea nel novembre 2023, all'Italia sono stati assegnati 194,4 miliardi di EUR (Commissione europea, 2023a), pari a circa il 10 % del PIL del 2022 e a circa un quarto dell'intero Dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility – RFF). L'Italia ha integrato le risorse assegnate dall'Unione europea con fondi nazionali pari a 30,6 miliardi di EUR (circa l'1,5 % del PIL del 2022).
Le risorse disponibili offrono l'opportunità di affrontare le debolezze strutturali dell'economia italiana che hanno frenato la crescita e l'inclusione sociale negli ultimi due decenni, nonché di sostenere le transizioni digitale e verde, anche attraverso gli investimenti pubblici. Nel Piano rivisto, le misure politiche sono articolate in sette ambiti principali: le transizioni digitale e verde rappresentano circa il 50 % delle risorse complessive del PNRR (Figura 1.17).
L'erogazione dei fondi dell'Unione europea è subordinata al raggiungimento di una serie predefinita di traguardi qualitativi (ad esempio, la riforma giudiziaria) e obiettivi quantitativi (ad esempio, la riduzione della durata dei processi), con riforme strutturali anticipate nel 2021-2022, mentre la maggior parte degli investimenti è prevista per il periodo 2023-2026. L'erogazione dei fondi è suddivisa in rate semestrali, mentre lo stanziamento complessivo dei fondi assegnati è subordinato al completamento del Piano entro la metà del 2026.
Le riforme strutturali del PNRR sono classificate secondo due assi principali. Il primo asse consiste in riforme orizzontali volte a migliorare le prestazioni in tutti i settori strategici del Piano e ad agevolarne l'attuazione. Tra di esse figurano la riforma giudiziaria volta a ridurre la durata dei processi civili e penali, le misure per aumentare l'efficienza della Pubblica Amministrazione e l'adozione annuale di una legge sulla concorrenza. Il secondo asse consiste in riforme settoriali volte a migliorare l'impatto degli investimenti pubblici in ciascun settore strategico, come la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e del sistema giudiziario.
In termini di spesa pubblica, circa il 60 % è destinato a progetti di investimento pubblico, tra cui Internet ad alta velocità, ferrovie ad alta velocità, strutture per la cura della prima infanzia e scuole; circa il 20 % è costituito da incentivi fiscali per le imprese, tra cui gli investimenti in beni immateriali attraverso il piano Transizione 4.0 per l'industria; il restante 20 % è rappresentato dalla spesa corrente, dai trasferimenti alle famiglie e dalla riduzione dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (Presidenza del Consiglio, 2021). Il PNRR rivisto riassegna circa 21 miliardi di EUR agli investimenti pubblici, compreso il Piano Transizione 5.0 (l'evoluzione del Piano Transizione 4.0) e ai progetti di infrastrutture energetiche. Dall'avvio del piano alla fine del mese di dicembre 2023, la Commissione europea ha approvato quattro richieste di pagamento, pari all'erogazione di circa il 54 % dell'intera dotazione del PNRR (circa 102 miliardi di EUR).
A seguito delle modifiche apportate alla struttura di governance del Piano all'inizio del 2023, è stata istituita una Cabina di Regia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per fornire orientamenti strategici, svolgere attività di coordinamento tra i ministeri competenti e le amministrazioni locali responsabili dell'attuazione, nonché rappresentare il contatto unico per le relazioni sui progressi alla Commissione europea. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha il compito di monitorare, riferire e controllare in merito all'esecuzione del Piano. L'attuazione delle riforme e dei progetti di investimento è gestita dai ministeri competenti e dalle amministrazioni locali. Queste ultime sono responsabili di circa la metà dei progetti di investimento previsti dal Piano. Cassa Depositi e Prestiti (CDP) ha il compito di gestire direttamente una serie di fondi (tra cui i nuovi Fondi per la transizione verde e digitale) e di fornire assistenza tecnica alle Pubbliche Amministrazioni.
Al fine di conseguire i benefici attesi dal PNRR, è fondamentale attuare appieno i progetti di investimento pubblico. L'Italia ha compiuto notevoli progressi nell'attuazione del PNRR, anche varando riforme strutturali ambiziose nei settori della Pubblica Amministrazione, della giustizia civile e della concorrenza, come illustrato di seguito. Nel mese di dicembre 2023, la Commissione europea ha approvato la quarta rata di pagamento corrispondente ai traguardi e agli obiettivi del primo semestre del 2023. Sono tuttavia emerse diverse sfide per quanto riguarda l'attuazione dei progetti di investimento pubblico, tra cui i tempi ristretti per la loro esecuzione, gli aumenti dei prezzi dell'energia e delle materie prime, nonché le interruzioni della catena di approvvigionamento. Alla fine del 2022 la spesa cumulata del PNRR era inferiore di circa il 50 % rispetto alla pianificazione iniziale. La spesa per l'efficienza energetica e la mobilità sostenibile è stata superiore al piano di spesa originale, il che è principalmente connesso al superbonus e agli altri crediti di imposta per la ristrutturazione delle abitazioni piuttosto che agli investimenti pubblici (Corte dei conti, 2023). Per contro, vi erano stati ritardi nell'attuazione dei progetti di investimento pubblico, in quanto nel 2022 gli investimenti pubblici realizzati erano pari a meno di un quarto dell'importo inizialmente previsto (0,2 % del PIL rispetto allo 0,9 %; Ministero dell'Economia e delle Finanze, 2022a; 2023a).
Le autorità hanno adottato misure atte ad accelerare l'attuazione dei progetti di investimento pubblico previsti dal PNRR, tra cui la semplificazione delle procedure di appalto pubblico mediante lo snellimento delle norme sulle gare d'appalto pubbliche e il riconoscimento dell'attribuzione di responsabilità dei dipendenti pubblici per l'omissione e per gli atti compiuti con dolo e/o colpa grave. Le autorità hanno inoltre potenziato le misure per lo sviluppo delle capacità delle amministrazioni locali. Sebbene siano responsabili di circa il 50 % della spesa del PNRR, le amministrazioni locali spesso non dispongono delle capacità adeguate per pianificare, monitorare ed eseguire i progetti di investimento pubblico previsti dal Piano. Ad esempio, le richieste di finanziamento presentate dai Comuni erano nettamente inferiori rispetto alle risorse del PNRR destinate alla costruzione di nuovi centri per la cura dell'infanzia (Openpolis, 2023). Il governo centrale fornisce assistenza tecnica e si affida alle competenze di Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e di Invitalia, l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa. È altresì in corso l'assunzione di personale specializzato nella pianificazione e gestione di progetti di investimento pubblico. Tali sforzi dovrebbero concentrarsi sulle regioni del Sud del Paese, dove le capacità appaiono particolarmente scarse (OECD, 2021a).
Il PNRR rivisto, approvato dalla Commissione europea nel novembre 2023, potrebbe accelerare l'attuazione della componente del Piano relativa agli investimenti pubblici. Tale revisione riorienta il PNRR verso progetti realizzabili entro il 2026, con una maggiore attenzione ai progetti infrastrutturali di grandi dimensioni e gestiti a livello centrale e, in alcuni casi, implicando una riduzione dei finanziamenti per i progetti gestiti a livello locale che hanno scarse probabilità di essere attuati prima del 2026 (Commissione europea, 2023a). La revisione ridefinisce ulteriormente e adegua anche milestone e target del PNRR, così da tener conto del mutato contesto economico, ivi inclusi i maggiori costi degli input produttivi. Elimina, inoltre, alcuni dei progetti di investimento preesistenti che potrebbero non essere ammissibili ai sensi del Dispositivo per la ripresa e la resilienza (RFF), nonché i progetti che possono essere realizzati meglio mediante il Fondo di Coesione o i finanziamenti nazionali. Ciò consente di liberare risorse da destinare al nuovo Capitolo REPowerEU incluso nel PNRR, che si concentra su grandi progetti di investimento gestiti a livello centrale relativi alle energie rinnovabili, alle competenze verdi, all'efficienza energetica e alle infrastrutture per l'elettricità. L'attenzione che il PNRR, così come rivisto, rivolge ai progetti di investimento pubblico di grandi dimensioni gestiti a livello centrale, insieme alla riassegnazione al Fondo di Coesione o ai finanziamenti nazionali dei progetti potenzialmente non realizzabili entro la metà del 2026 migliora le prospettive di piena attuazione del PNRR. A ciò potrebbe aggiungersi una più generale riassegnazione dei progetti alle Pubbliche Amministrazioni più capaci ed efficaci.
La riforma attualmente in corso della Pubblica Amministrazione è cruciale per rendere più efficace l'attuazione del PNRR
La Pubblica Amministrazione (PA) italiana è percepita come meno efficace rispetto alla PA della maggior parte degli altri Paesi dell'OCSE, nonostante le riforme passate e quelle in corso di attuazione (Figura 1.18). Una strategia globale volta ad affrontare la complessità normativa e le pratiche organizzative carenti accrescerebbe la capacità della Pubblica Amministrazione di attuare riforme strutturali e progetti di investimento pubblico complessi, tra cui il PNRR. Diverse riforme attualmente in corso mirano a ridurre la complessità normativa e a migliorare la gestione delle risorse umane. Tra le iniziative promettenti figurano la semplificazione di 600 procedure regolamentari nei settori dell'energia, del lavoro, della fiscalità e della politica sociale entro il 2026. Ad integrazione di dette misure, si potrebbe istituzionalizzare la valutazione sistematica dei regolamenti esistenti e previsti, come fatto, ad esempio, dalle commissioni per la produttività dell'Australia e della Nuova Zelanda (OECD, 2020a). Il lancio di una piattaforma unica per l'assunzione dei dipendenti pubblici e la recente introduzione di un massimale di 180 giorni per la durata delle procedure di selezione rappresentano misure che contribuiscono a individuare i candidati competenti e a ridurre la durata delle procedure di assunzione, mentre il piano che prevede la formazione di 750 000 dipendenti pubblici entro il 2026 e il rinnovo della piattaforma di apprendimento online (Syllabus 2.0) dovrebbero ampliare il capitale umano. Le riforme in corso mirano inoltre a rafforzare la fornitura di servizi digitali e la digitalizzazione dei processi interni della Pubblica Amministrazione. Tra i progetti più rilevanti figurano l'introduzione di nuovi strumenti che consentano ai cittadini di pagare digitalmente i servizi e la creazione di una nuova piattaforma digitale (PA digitale 2026) che fornisca alle Amministrazioni Pubbliche locali gli strumenti adatti per candidarsi alle gare d'appalto e gestire i progetti connessi al PNRR.
Migliorare l'efficienza degli appalti pubblici sarà un elemento cruciale per riformare la Pubblica Amministrazione. La riforma in corso del codice degli appalti pubblici si basa su tre pilastri fondamentali. Il primo è incentrato sulla digitalizzazione integrale delle procedure di appalto pubblico. Il secondo pilastro riguarda il rafforzamento della capacità delle Amministrazioni aggiudicatrici attraverso l'istituzione di una procedura di certificazione. Solo le Amministrazioni certificate potranno appaltare opere pubbliche di importo superiore a 500 000 EUR e beni e servizi per importi superiori a 140 000 EUR. L'obiettivo è favorire la trasformazione delle piccole Amministrazioni locali, che spesso non dispongono di capacità adeguate, in enti appaltanti di più grandi dimensioni. La promozione dello scambio di informazioni e del coordinamento tra gli enti appaltanti, come avviene in Australia, contribuirebbe ulteriormente a rafforzare la capacità (OECD, 2021a). Il terzo pilastro prevede lo svolgimento di procedure di appalto diverse dalle aste pubbliche per opere pubbliche di valore fino a 5,3 milioni di EUR e beni e servizi fino a 140 000 EUR. Gli effetti delle nuove soglie sulla concorrenza e sulla corruzione dovrebbero essere monitorati e, se del caso, adeguati. Sebbene sia opportuno continuare a concentrarsi sulla velocizzazione delle procedure di appalto pubblico nel contesto di un'accelerata attuazione del PNRR, occorre tenere conto anche del fatto che le aste competitive tendono a determinare riduzioni di prezzo del 2-4 % rispetto agli appalti non competitivi (Banca d'Italia, 2023d).
È necessario compiere ulteriori progressi in materia di retribuzione legata ai risultati nonché di mobilità professionale dei dipendenti pubblici. La priorità fondamentale dovrebbe essere quella di modernizzare i sistemi di valutazione delle prestazioni con l'obiettivo di far corrispondere meglio le retribuzioni dei dipendenti pubblici e i loro avanzamenti di carriera alla rispettiva performance. Negli ultimi anni sono stati compiuti progressi nei contratti collettivi di lavoro, che consentono di erogare i premi una tantum legati ai risultati e riconoscono le valutazioni della performance individuale come fattori significativi nelle decisioni sugli aumenti retributivi permanenti. Tali iniziative dovrebbero essere rafforzate e ampliate, anche aumentando la quota di retribuzione legata alla performance e operando una sufficiente differenziazione delle valutazioni delle prestazioni. I costi per le finanze pubbliche potrebbero essere limitati riducendo gli scatti automatici delle retribuzioni legati all'anzianità, come già avvenuto per i dipendenti pubblici a livello dirigenziale. È inoltre prioritario promuovere la mobilità, che potrebbe accrescere il capitale umano, agevolare la riassegnazione del personale alle Pubbliche Amministrazioni con un'elevata domanda di manodopera, e ridurre il rischio che i dipendenti pubblici rimangano ancorati in posizioni con un'eccessiva discrezionalità sulle procedure amministrative. Negli ultimi anni sono stati compiuti progressi significativi in tale ambito, anche attraverso la creazione di una piattaforma unica per tutti i posti vacanti nelle istituzioni pubbliche centrali e locali, unitamente all'abolizione dell'obbligo per i dipendenti pubblici di ottenere un'autorizzazione alla mobilità dalla Pubblica Amministrazione di provenienza. Si potrebbero compiere ulteriori progressi mediante la condivisione dei risultati delle valutazioni delle performance tra le Amministrazioni e limitando la durata della permanenza dei dipendenti pubblici in una medesima posizione (Gerson, 2020; OECD, 2019a; Cottarelli, 2018).
Tabella 1.3. Precedenti raccomandazioni dell'OCSE volte a migliorare l'efficienza della Pubblica Amministrazione
Raccomandazione |
Misure adottate |
---|---|
Passare in rassegna i compendi di normative esistenti, iniziando dai settori che saranno prioritari per la ripresa post-COVID. |
È in corso la semplificazione di 600 procedure normative nei settori dell'energia, del lavoro, della fiscalità e della politica sociale, che sarà completata entro il 2026. |
Ringiovanire la forza lavoro del settore pubblico rendendo più snello il processo di assunzione, erogando attività di formazione e fornendo sostegno alla gestione delle carriere, concentrandosi sulle carenze di competenze necessarie per la digitalizzazione del settore pubblico. |
È stata lanciata una piattaforma unica per l'assunzione dei dipendenti pubblici. Le autorità prevedono di erogare formazione a 650 000 dipendenti pubblici entro il 2026. |
Chiarire le competenze dei diversi livelli di governo con il sostegno di organismi che individuino, diffondano e sostengano pratiche efficaci. |
Il PNRR prevede la semplificazione e lo snellimento delle procedure per definire meglio il ruolo dei vari livelli di governo. |
1.4.2. Vi sono notevoli esigenze di risanamento di bilancio
In un contesto caratterizzato dall'aumento della spesa connessa all'invecchiamento della popolazione nei prossimi due decenni, dall'aumento dei costi del servizio del debito e dalla necessità di ingenti investimenti pubblici per realizzare la transizione verde e digitale, la politica di bilancio dovrebbe concentrarsi, in via prioritaria, sul conseguimento di una traiettoria più sostenibile del debito sul medio termine. L'Italia presenta uno dei più alti rapporti debito/PIL della zona dell'OCSE. Esso è aumentato a poco meno del 155 % del PIL nel 2020 a causa dell'elevata spesa pubblica e del calo del PIL nominale durante la pandemia, ma è calato a circa il 140 % del PIL nel 2023, sostenuto dall'ampio differenziale negativo tra il tasso di interesse effettivo sul debito e la crescita del PIL nominale. Sebbene ci si attenda che il livello del debito pubblico rimanga sostanzialmente costante nel biennio 2024-2025, secondo le simulazioni eseguite per il presente Studio, nel medio termine il debito pubblico seguirà una traiettoria ascendente, in uno scenario di politiche invariate (Figura 1.19, Grafico A; Figura 1.20, Grafico A). Si prevede che la spesa lorda connessa all'invecchiamento della popolazione (pensioni, sanità e assistenza di lungo termine) aumenterà di circa il 2,5 % del PIL entro il 2040 a causa del rapido invecchiamento della popolazione, prima che si possano registrare gli effetti delle precedenti riforme delle pensioni (Commissione europea, 2021). Tuttavia, la minore spesa per l'istruzione dovuta alla riduzione delle nascite potrà attenuare leggermente tale pressione sul bilancio pubblico. Qualora il recente incremento dei tassi di interesse nella zona euro si riveli persistente, i costi per il servizio del debito in percentuale del PIL aumenteranno considerevolmente, dato l'elevato rapporto debito/PIL. Nel complesso, l'aumento della spesa lorda per l'invecchiamento della popolazione e il servizio del debito eserciterà una pressione al rialzo sulla spesa pubblica di circa il 4,5 % del PIL entro il 2040 (Figura 1.19, Grafico B).
In assenza di variazioni delle politiche di spesa e fiscali, l'aumento della spesa per pensioni, sanità e assistenza di lungo termine, nonché l'incremento dei costi del servizio del debito, porterebbero il debito pubblico a circa il 180 % del PIL entro il 2040 e continuerebbero ad aumentare rapidamente in seguito (Figura 1.20, Grafico A). Tale aumento renderebbe l'Italia sempre più vulnerabile agli shock di bilancio e comporterebbe probabilmente un ulteriore incremento del premio di rischio sul debito pubblico. Il ritorno, entro il 2026, al saldo primario medio pre-pandemia del periodo 2012-2019, pari all'1,5 % del PIL — che necessiterebbe di un miglioramento sostanziale del saldo primario di circa il 2 % del PIL rispetto al saldo previsto per il 2024 (Tabella 1.1), in un contesto caratterizzato dall'incremento dei costi dell'invecchiamento demografico — non sarebbe sufficiente a posizionare il debito su una traiettoria discendente nel medio termine.
Tuttavia, il rapporto debito/PIL potrebbe essere ricondotto su un percorso discendente entro il 2031 e raggiungere circa il 130 % del PIL entro il 2040 (Figura 1.20, Grafico A) se l'Italia introducesse un aggiustamento di bilancio settennale a partire dal 2025, in coerenza con le nuove norme dell'UE in materia di bilancio rivolte ai Paesi che intraprendono riforme strutturali (Commissione europea, 2023). A tale fine occorrerebbe operare un sostanziale risanamento dei conti pubblici negli anni a venire, soprattutto considerando il fabbisogno di finanziamento nazionale necessario per sostituire le sovvenzioni di Next Generation EU alla loro scadenza nel 2026, nonché registrare un ampio saldo primario di bilancio nel medio periodo.
Nel quadro delle riforme proposte per la governance fiscale europea (Commissione europea, 2023b), il richiesto miglioramento complessivo del saldo primario strutturale di bilancio per il periodo 2025-2031 potrebbe ammontare a circa il 4 % del PIL nell'arco di tempo considerato (Figura 1.20, Grafico B). In un contesto caratterizzato da costi crescenti legati all'invecchiamento della popolazione, anche il mantenimento di un saldo strutturale primario costante richiederà l'introduzione di ulteriori misure fiscali e di spesa, generando pressioni aggiuntive sul bilancio. Entro il 2031 il saldo primario di bilancio sottostante dovrebbe raggiungere un avanzo del 3 % del PIL. Dopo il 2031 non dovrebbe esservi alcuna ulteriore necessità di risanamento e le nuove norme in materia di bilancio proposte dall'UE non dovrebbero comportare la necessità di compensare l'aumento dei costi legati all'invecchiamento della popolazione; pertanto, l'avanzo primario potrebbe diminuire leggermente tra il 2032 e il 2040, pur rimanendo elevato al 2,5 % del PIL.
L'aggiustamento fiscale inizialmente richiesto sarà molto impegnativo, visti l'entità, il limitato margine di manovra per aumentare le aliquote fiscali e la composizione della spesa pubblica. Sarebbe particolarmente complicato mantenere ampi avanzi primari di bilancio dopo l'aggiustamento iniziale, che dovrebbe comunque superare in media il 2,5 % del PIL nel decennio successivo al programma di aggiustamento. Sebbene l'Italia abbia già operato in passato un adeguamento iniziale di tale portata, con operazioni analoghe realizzate negli anni Novanta prima dell'adozione dell'euro e all'inizio degli anni 2010 a seguito della crisi della zona euro, negli ultimi 30 anni solo pochi Paesi dell'OCSE hanno mantenuto avanzi primari superiori all'1,5 % del PIL per periodi prolungati (OECD, 2023b; Eichengreen e Panizza, 2016). Per realizzare un avanzo di tale entità occorre intraprendere un'azione politica sostenuta finalizzata ad aumentare le entrate, anche mediante il rafforzamento del rispetto degli obblighi fiscali, e a rendere più efficiente la spesa, nonché operare riforme strutturali a sostegno della crescita.
Tali riforme potrebbero svolgere un ruolo cruciale per migliorare le dinamiche del debito. Il pacchetto di riforme raccomandato dal presente Studio (cfr. Tabella 1.9) ridurrebbe il rapporto debito/PIL di 20 punti percentuali entro il 2060 elevando il livello del PIL (Figura 1.20, Grafico A), oppure consentirebbe di ridurre gli avanzi primari di bilancio così da porre il debito su un percorso discendente. L'aumento dell'immigrazione netta di un terzo rispetto allo scenario di riferimento, in linea con le recenti proiezioni demografiche pubblicate da Eurostat (2023), ridurrebbe il rapporto debito/PIL di altri 10 punti percentuali entro il 2060. Tuttavia, è opportuno che le politiche volte a stimolare la crescita del PIL siano integrate da continue e ambiziose riforme di bilancio volte a contribuire a migliorare le finanze pubbliche, che saranno essenziali per mantenere la credibilità presso gli investitori.
Gli effetti negativi del necessario aggiustamento di bilancio sulla domanda aggregata sarebbero attenuati, in conformità delle norme proposte dall'UE, ripartendo il risanamento di bilancio annualmente nel periodo tra il 2025 e il 2031 e attuando i piani adottati dal Governo italiano, che prevedono di spostare la composizione della spesa pubblica verso investimenti pubblici che stimolino la domanda nel breve periodo ed aumentino il prodotto potenziale. L'aggiustamento complessivo necessario per il saldo primario di bilancio sottostante ammonterebbe a circa il 4 % del PIL nel periodo 2025-2031. L'analisi di fondo condotta per il presente Studio sulla base del modello NiGEM (National Institute Global Econometric Model) suggerisce che un aggiustamento di bilancio graduale pari a circa lo 0,6 % del PIL all'anno senza variazioni nella composizione della spesa pubblica ridurrebbe il livello del PIL in termini reali di circa il 2 % rispetto a uno scenario di riferimento senza aggiustamento di bilancio entro gli inizi degli anni 2030 (Figura 1.21). L'assenza di un aggiustamento fiscale nello scenario di riferimento implica un aumento dei livelli del debito, che potrebbe avere effetti di retroazione negativi sulla crescita che non sono pienamente presi in considerazione nelle simulazioni, e comporterebbe, in futuro, la necessità di un risanamento di portata maggiore per stabilizzare il debito. Inoltre, con il previsto riorientamento della composizione della spesa pubblica verso gli investimenti pubblici, in linea con i piani del PNRR, l'impatto negativo sul livello del PIL reale entro i primi anni del 2030 dovrebbe limitarsi al massimo a circa l'1 %. La realizzazione di questo graduale sforzo di risanamento dovrebbe assicurare che non vi siano conseguenze negative nel 2026, ossia al termine delle sovvenzioni a valere sulle risorse di Next Generation EU. Nel complesso, tali circostanze indicano che un aggiustamento di bilancio graduale che distribuisca il risanamento nell'arco di diversi anni e preservi gli investimenti pubblici sottrarrebbe solo 0,15 punti percentuali circa alla crescita annua nel periodo 2025-2031 e ricollocherebbe le finanze pubbliche su un percorso più sostenibile. Ciò si differenzia rispetto a quanto fatto nel risanamento fiscale compiuto dopo la crisi dell'euro, che è stato maggiormente anticipato e intrapreso riducendo gli investimenti, determinando impatto più marcato sull'attività economica.
Tabella 1.4. Raccomandazioni pregresse per ricondurre il debito pubblico su un percorso più prudente
Raccomandazione |
Misure adottate |
---|---|
Migliorare la composizione della spesa pubblica al fine di promuovere la crescita e la creazione di posti di lavoro. Migliorare il coordinamento tra le agenzie incaricate dell'attuazione dei progetti di investimento pubblico al fine di aumentare i livelli di esborso. Convogliare le attività relative agli appalti delle piccole agenzie verso enti dotati di maggiori capacità. |
La spesa nell'ambito del PNRR dovrebbe sostenere la crescita e la creazione di posti di lavoro. Per risolvere i problemi di coordinamento, il nuovo sistema di governance del PNRR prevede una Cabina di Regia che riunisce i rappresentanti del Governo centrale e delle amministrazioni locali incaricati dell'attuazione dei progetti. I requisiti di certificazione disposti dal nuovo codice degli appalti pubblici prevedono incentivi per il consolidamento degli enti appaltanti. |
Contenere la spesa pensionistica lasciando scadere il regime di pensionamento anticipato ("Quota 100") e la cosiddetta "Opzione Donna" nel dicembre 2021, e ristabilire immediatamente la correlazione tra età pensionabile e speranza di vita. |
I regimi di pensionamento anticipato sono diventati più rigidi e meno generosi. |
Migliorare il criterio di stanziamento delle risorse e l'efficacia della spesa pubblica attraverso revisioni di spesa potenziate che tengano altresì conto di una serie sintetica di indicatori di performance strategica. |
Presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze è stata istituita un'Unita di Missione per l'analisi e la valutazione della spesa. Sono stati pubblicati orientamenti destinati ai ministeri competenti in merito alla formulazione e al monitoraggio dei piani di spending review. |
Attuare una riforma fiscale olistica che mitighi la complessità del regime e riduca permanentemente le imposte sul lavoro, finanziata grazie alle entrate derivanti da migliori livelli di compliance, minori spese fiscali e maggiori imposte su beni immobili e successioni. |
La legge di delega relativa alla riforma del sistema fiscale contiene elementi volti a ridurre la complessità del sistema fiscale (ad esempio la razionalizzazione delle agevolazioni fiscali) e a facilitare gli adempimenti fiscale (ad esempio attraverso la digitalizzazione dell'amministrazione fiscale). |
Per conseguire l'aggiustamento di bilancio sarà necessario operare scelte complicate
Al fine di migliorare di circa il 4 % del PIL il saldo primario di bilancio sottostante nel periodo 2025-31, è necessario modificare in maniera sostanziale le attuali politiche fiscali e di spesa, nonché introdurre misure ambiziose per riformare il sistema fiscale e migliorare l'efficienza e la distribuzione delle priorità di spesa, in aggiunta alle misure già attuate o previste dal Governo. Se attuato interamente attraverso misure di spesa, l'aggiustamento richiesto equivarrebbe a un congelamento o a una modesta riduzione della spesa primaria in termini reali o al mantenimento della crescita nominale della spesa primaria a circa 2 punti percentuali al di sotto della crescita nominale del PIL.
Una sfida cruciale è costituita dal fatto che circa la metà della spesa pubblica totale è attualmente impegnata per le pensioni, l'assistenza sociale e i costi di servizio del debito (Figura 1.22, Grafico A). Queste spese non sono sotto il controllo diretto del Governo e sono destinate ad aumentare nei prossimi anni a causa del previsto incremento dei tassi di interesse. Qualora un qualsiasi adeguamento continui a tutelare il mantenimento delle pensioni e i programmi di assistenza sociale, i tagli reali necessari in altri settori potrebbero essere considerevoli e di grande impatto. A confronto con gli altri Paesi, la sanità, l'istruzione e altre voci di spesa sociale risultano già bassi (Figura 1.22, Grafico B).
Per quanto riguarda la spesa pubblica, è opportuno concentrarsi sulla definizione delle priorità e su un ulteriore incremento dell'efficienza per generare risparmi sui costi e migliorare i servizi pubblici. Dall'inizio della crisi economica e finanziaria mondiale del 2008-2009, l'Italia ha operato diverse revisioni della spesa. Il PNRR prevede l'istituzione di un processo annuale di revisione della spesa, con la creazione di un'Unità di Missione presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze incaricata del coordinamento, in collaborazione con un Comitato scientifico. Le revisioni della spesa sono state integrate nel processo di bilancio e sono stati disposti finanziamenti iniziali ai ministeri competenti per l'assunzione di esperti in materia di valutazione. Ciò dovrebbe contribuire a modificare la spesa in modo più mirato rispetto ai tagli generalizzati operati dalle revisioni della spesa dei primi anni 2010 (Commissione europea, 2020), anche se alcuni tagli potrebbero dover essere attuati in modo più generalizzato, facendo sì che gli effetti derivanti siano distribuiti su una serie di settori. Il quadro istituzionale delle nuove revisioni della spesa è in linea con le migliori pratiche e le raccomandazioni formulate nello Studio economico precedente (OECD, 2021a; Tryggvadottir, 2022).
Tuttavia, l'obiettivo di un risparmio di bilancio annuo pari in media allo 0,4 % circa della spesa pubblica totale nel periodo 2023-2025 (circa lo 0,2 % del PIL) appare poco ambizioso alla luce delle necessarie esigenze di risanamento di bilancio nel medio termine. I dati indicano che le revisioni della spesa incentrate sull'efficienza e sul rapporto qualità-prezzo prive di obiettivi ambiziosi di ridistribuzione o di risparmio possono produrre risultati contrastanti (Tryggvadottir, 2022). Revisioni ambiziose della spesa possono contribuire al successo del risanamento di bilancio, come accaduto per la revisione globale della spesa del 2010 operata dai Paesi Bassi, che ha introdotto tagli in un'ampia gamma di settori, pari a circa il 10 % della spesa pubblica complessiva e al 5 % del PIL (Kabel, 2015). Un graduale aumento dell'efficienza della spesa pubblica (output per unità di spesa) in Italia del 4 % nei prossimi anni, anche attraverso l'ulteriore digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e degli appalti pubblici, produrrebbe un risparmio di bilancio pari a circa il 2 % del PIL (Tabella 1.6).
Il mantenimento di una quota elevata della spesa pubblica per le pensioni — che risulta tra le più elevate dell'OCSE, pari a circa il 16,5 % del PIL, tenendo conto delle pensioni di vecchiaia e di reversibilità — renderebbe più complicato l'adeguamento della spesa complessiva senza ridurre la spesa per il comparto dell'istruzione, che è fondamentale da un punto di vista economico e sociale, e per gli investimenti pubblici. Il regime pensionistico è stato riformato nel 1995 e sostituito da un regime a contribuzione nozionale definita (Franco e Tommasino, 2022), che in futuro consentirà di aumentare i risparmi rispetto al vecchio sistema. Tuttavia, è previsto un lungo periodo di transizione che vede la coesistenza dei lavoratori assunti prima del 1995, coperti dal vecchio regime a contribuzione definita su base proporzionale, e quelli che hanno iniziato dopo il 1995 e che sono pienamente coperti dal nuovo regime a contribuzione nozionale definita. Il vecchio regime a contribuzione definita sarà completamente eliminato solo intorno al 2040, quando la maggior parte delle persone che hanno iniziato a lavorare prima del 1995 sarà andata in pensione. Dal 2012, l'età pensionabile legale è stata correlata alla speranza di vita al fine di limitare l'aumento della spesa pensionistica nel quadro del vecchio regime a contribuzione definita. Tuttavia, alla luce del previsto rapido invecchiamento della popolazione e dei generosi livelli delle prestazioni del precedente regime a contribuzione definita (OECD, 2021b), la spesa pensionistica continuerà comunque ad aumentare fino al 2040 (Commissione europea, 2021).
Il sistema pensionistico a contribuzione nozionale definita post-1995 costituisce un miglioramento sostanziale rispetto al vecchio regime a contribuzione definita e garantirà che le pensioni future siano strettamente legate alla storia contributiva. Tuttavia, la piena attuazione della riforma pensionistica del 2012 è stata rinviata con l'adozione di regimi di pensionamento anticipato ad hoc, da ultimo nella Legge di Bilancio 2023. Le leggi temporanee del 2023 consentono ai lavoratori di età superiore ai 62 anni con almeno 41 anni di contributi (Quota 103) di andare in pensione anticipata: si prevede che esse costeranno circa lo 0,1 % del PIL nel 2023 (Ciotti et al., 2023), mentre non dovrebbero essere introdotti nuovi regimi di pensionamento anticipato.
Data la necessità di risanare le finanze pubbliche e riorientare le priorità di spesa verso settori favorevoli alla crescita, il Governo dovrebbe riesaminare le opzioni per limitare la spesa pensionistica nei prossimi decenni, concentrandosi sulle generose norme del vecchio regime a contribuzione definita. Il vecchio regime pensionistico è relativamente generoso, poiché consente alle persone di età superiore ai 65 anni che hanno ampiamente beneficiato di esso di avere un reddito medio superiore del 3 % rispetto a quello della popolazione, allorché nella zona dell'OCSE è mediamente inferiore del 14 % (OECD, 2023d). La riduzione una tantum dell'indicizzazione delle pensioni elevate prevista dalla Legge di Bilancio 2023 dovrebbe ridurre la spesa per le pensioni correnti di circa lo 0,4 % del PIL sia nel 2023 che nel 2024 (Ciotti et al., 2023). Tuttavia, il mantenimento della riduzione dell'indicizzazione per un periodo di tempo prolungato potrebbe porre problemi di natura costituzionale, in quanto pregiudicherebbe i diritti acquisiti di alcuni pensionati e consentirebbe risparmi significativamente inferiori una volta rientrata l'inflazione.
Tra le opzioni per contenere la spesa per le pensioni attuali figurano il contributo di solidarietà prelevato dalle pensioni elevate, che non siano giustificate da elevati contributivi versati, nonché l'introduzione di un requisito anagrafico per poter beneficiare delle pensioni di reversibilità. Il contributo di solidarietà potrebbe assumere la forma di un'imposta progressiva sulle pensioni che esenta le pensioni al di sotto di una determinata soglia e potrebbe basarsi sulla differenza tra le pensioni attualmente percepite e le pensioni calcolate in base alle norme di contribuzione definita (Patriarca et al., 2014). La riduzione della generosità delle pensioni attuali solleva questioni di equità e le pensioni basse dovrebbero essere tutelate. Tuttavia, considerata la necessità di contenere la crescita complessiva della spesa, è opportuno prevedere il prelievo di un contributo dalle pensioni attuali. Ciò contribuirebbe a gestire i costi complessivi del sistema, rivolgendosi allo stesso tempo alle famiglie più abbienti che probabilmente detengono maggiori risparmi privati. Riducendo solo la quota delle pensioni attuali non collegate a uno storico contributivo, si possono evitare le questioni costituzionali poste dalla riduzione dei diritti acquisiti. La spesa per le pensioni attuali potrebbe anche essere contenuta riducendo l'ammissibilità alle pensioni di reversibilità, che sono le più elevate della zona dell'OCSE, pari a circa il 2,5 % del PIL nel 2019. L'elevato livello di spesa riflette in parte l'assenza di un criterio anagrafico per accedere alla prestazione previdenziale. L'introduzione di un criterio che avvicini l'età a cui è possibile accedere alla pensione di reversibilità a quella prevista dalla legge per il pensionamento ridurrebbe i costi e potrebbe limitare gli effetti negativi sulla partecipazione dei beneficiari di tali prestazioni al mercato del lavoro (OECD, 2019d).
La riforma fiscale prevista dovrebbe mirare a rendere il regime di tassazione più favorevole alla crescita, preservando nel contempo le entrate
Alla luce delle pressioni poste sul bilancio, sarà fondamentale tutelare il gettito fiscale e vi è margine per rendere il regime fiscale più favorevole alla crescita. Pari a circa il 43 % del PIL, il gettito fiscale in percentuale del PIL è tra i più elevati della zona dell'OCSE e ben al di sopra della media dell'OCSE, che si attesta a circa il 34 % del PIL: ciò limita il margine di manovra per aumentare il gettito fiscale senza compromettere la crescita. Tuttavia, le imposte sono fortemente sbilanciate verso il lavoro, con una quota sorprendentemente bassa del gettito proveniente dalle imposte sui consumi indiretti (Figura 1.23, Grafico A), generalmente considerate meno dannose per la crescita rispetto a quelle sul lavoro (Arnold et al. 2011). La legge di delega per la riforma del sistema fiscale mira a ridurre l'onere della tassazione sul lavoro, razionalizzando nel contempo il sistema delle agevolazioni fiscali e rafforzando l'adempimento degli obblighi fiscali, anche attraverso un maggiore ricorso agli strumenti digitali (Tabella 1.5). Sebbene non siano ancora disponibili stime dettagliate relative agli effetti sulle entrate, questi obiettivi sono sostanzialmente in linea con le raccomandazioni formulate negli Studi precedenti che indicavano di ridurre l'onere fiscale sul lavoro, limitare le agevolazioni fiscali scarsamente mirate (ad esempio limitando alle persone di età superiore a quella pensionabile legale la copertura della deduzione fiscale del "coniuge a carico", che disincentiva la partecipazione delle donne al mercato del lavoro), nonché di contrastare l'evasione fiscale (OECD, 2021a).
Tuttavia, le riforme mirano a realizzare un graduale passaggio a un'imposta forfettaria sul reddito delle persone fisiche che potrebbe ridurre la progressività e determinare perdite significative in termini di entrate (OECD, 2006). L'esperienza internazionale suggerisce che solo in pochissimi Paesi sono in vigore regimi di imposizione forfettaria sul reddito con sistemi di protezione sociale relativamente limitati e che, a seconda dell'impostazione, essi gravano sui lavoratori a reddito medio, mentre i lavoratori a basso e alto reddito tendono a beneficiarne (OECD, 2006; Banca d'Italia, 2023). La base imponibile dell'imposta sul reddito è già stata erosa dalla proliferazione di regimi di imposta forfettaria, tra cui l'imposizione forfettaria del 15 % sui redditi dei lavoratori autonomi fino a 85 000 EUR. L'introduzione di un'imposta forfettaria sui premi e sui redditi straordinari dei lavoratori dipendenti rischia di erodere ulteriormente la base imponibile dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e di violare il principio dell'equità verticale (ossia l'equità tra le persone fisiche ad alto e basso reddito).
Mentre la prevista soppressione dell'Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) semplificherà il sistema fiscale eliminando il calcolo di una base imponibile aggiuntiva, la programmata introduzione di un'addizionale sul reddito delle società per compensare tale modifica amplierà le differenze tra il finanziamento del debito rispetto a quello del capitale, che saranno ulteriormente aumentate con l'introduzione di una soglia di esenzione per gli interessi passivi nell'imposta sulle società. Ciò è dovuto al fatto che la base imponibile dell'IRAP (utili lordi) comprende il pagamento di interessi, mentre quella dell'imposta sul reddito delle società li esclude.
Tabella 1.5. Principali misure previste dalla legge di delega per la riforma del sistema fiscale
Settore della politica fiscale |
Misure principali di bilancio |
---|---|
Imposta sul reddito delle persone fisiche |
Ristrutturazione degli scaglioni fiscali e modifica della soglia di esenzione. |
Introduzione di un'imposta forfettaria per i premi e i redditi straordinari dei lavoratori dipendenti. |
|
Razionalizzazione delle agevolazioni fiscali. |
|
Imposta sul reddito da capitale |
Raggruppamento dei "redditi da capitale" e dei "redditi finanziari diversi" ai fini fiscali, anche per la compensazione delle perdite. |
Imposte sul reddito delle società |
Introduzione di un'aliquota preferenziale o di altri incentivi fiscali per gli utili non distribuiti utilizzati per gli investimenti, l'assunzione o la creazione di piani di partecipazione agli utili stabili negli anni successivi. |
Introduzione di un'addizionale connessa alla soppressione dell'Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP). |
|
Introduzione di una soglia di esenzione per gli interessi passivi. |
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Imposta sul Valore Aggiunto |
Armonizzazione con le norme europee e razionalizzazione del sistema delle aliquote ridotte. |
Imposte ambientali |
Maggiore computazione dell'impatto ambientale delle accise e delle sovvenzioni ai combustibili fossili. |
Adempimento degli obblighi fiscali, amministrazione fiscale e riscossione delle imposte |
Riduzione degli oneri di conformità, anche mediante l'estensione della dichiarazione fiscale precompilata (compresa l'IVA). |
Maggiore utilizzo degli strumenti digitali per la profilazione dei rischi, compresa la fusione di banche dati. |
|
Ampliamento del programma cooperativo di conformità. |
|
Istituzione di un sistema di accordo preventivo tra il contribuente e l'amministrazione in materia di debiti fiscali ("concordato preventivo biennale") per le piccole imprese. |
Fonte: Ministero dell'Economia e delle Finanze
Una riforma globale volta a rendere il sistema fiscale più favorevole alla crescita dovrebbe prendere in considerazione la reintroduzione di imposte patrimoniali ricorrenti sull'abitazione principale, l'aggiornamento dei calcoli della base imponibile per l'imposta sugli immobili nonché l'aumento delle imposte di successione. Dal punto di vista dell'equità orizzontale, sarebbe preferibile collegare più strettamente i valori catastali agli attuali valori di mercato piuttosto che applicare un aumento trasversale della base imponibile dell'imposta sugli immobili, ma occorrerebbe affrontare i possibili effetti negativi sulle famiglie a basso reddito. Le entrate provenienti dalle imposte sui beni immobili sono prossime alla media dell'OCSE (Figura 1.23), il che è spiegabile dai tassi molto elevati di proprietà delle abitazioni piuttosto che dall'elevato livello di imposizione. Le imposte di successione sono tra le più basse della zona dell'OCSE (Figura 1.23). Un loro aumento genererebbe entrate con limitati effetti negativi sulla crescita economica e potrebbe contribuire alla mobilità dei redditi intergenerazionali. I dati indicano, in generale, che le imposte di successione hanno effetti positivi sull'offerta di lavoro da parte degli eredi (OECD, 2021d). L'opposizione politica a tali misure potrebbe essere in parte superata attraverso misure che tutelino il potere d'acquisto delle famiglie a basso e medio reddito, garantendo che non siano tassate le eredità di modesta entità, che siano operati tagli mirati delle imposte sul reddito e che sia resa permanente la riduzione temporanea dei contributi previdenziali per i lavoratori a basso e medio reddito attuata nel 2023-2024.
La lotta all'evasione fiscale, che secondo le stime ammonta a circa il 5 % del PIL, potrebbe imprimere un impulso significativo al gettito fiscale e alla crescita (Ministero dell'Economia e delle Finanze, 2022b). Le entrate derivanti dall'Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) sono ben al di sotto della media dell'OCSE (Figura 1.23, Grafico A). Ciò riflette in parte il divario di conformità dell'IVA, che rimane tra i più elevati dell'Unione europea, malgrado il forte calo registrato nel 2021 (Figura 1.23, Grafico B). Il divario di conformità in materia di IVA (ossia la differenza tra il gettito fiscale che sarebbe riscosso in regime di piena conformità e le entrate effettivamente riscosse), a sua volta, riflette l'evasione fiscale, che riduce il gettito a qualsiasi aliquota nominale e distorce la concorrenza tra imprese adempienti e non adempienti. Alla luce dei dati empirici che indicano che massimali più bassi per le operazioni in contanti riducono l'entità dell'economia sommersa e dell'evasione fiscale (Giammatteo et al., 2022; Russo, 2022; Bernardini e Renzi, 2022), l'aumento del tetto massimo per i pagamenti in contanti da 1 000 a 5 000 EUR previsto dalla Legge di Bilancio 2023 appare controproducente e dovrebbe essere modificato. Gli accordi ex-ante per un adempimento collaborativo (o cooperative compliance) possono produrre effetti positivi sul rispetto e sulla certezza degli obblighi fiscali (OECD, 2013; OECD, 2016b); tuttavia, la loro prevista proroga non dovrebbe andare a scapito dei controlli ex post che hanno contribuito alla significativa riduzione dell'evasione fiscale negli ultimi anni, determinando un calo del divario fiscale complessivo di circa lo 0,4 % del PIL nel periodo 2016-2019. Anche la riduzione degli sgravi fiscali sulle accise e dei sussidi sui combustibili fossili potrebbe contribuire ad aumentare le entrate (cfr. Capitolo 2). Nel complesso, l'ambizioso pacchetto di riforme della tassazione e della spesa raccomandato dal presente Studio potrebbe far aumentare il saldo di bilancio di circa il 4,3 % del PIL (Riquadro 1.6).
Riquadro 1.4. Impatto sul bilancio delle riforme strutturali e fiscali raccomandate
Le stime fornite di seguito si basano su una serie di fonti ed elaborazioni a cura dell'OCSE. L'impatto complessivo che le misure in materia di tassazione e spesa indicate nella Tabella 1.6 avranno sul saldo di bilancio corrisponde all'aggiustamento di bilancio richiesto dalla simulazione di una versione stilizzata delle nuove norme europee proposte in materia di bilancio (miglioramento del saldo primario nominale del 3,5 % + lo 0,8 % del PIL in relazione alla fine delle sovvenzioni NGEU; Figura 1.20, Grafico B).
Tabella 1.6. Impatto fiscale illustrativo di riforme selezionate
Raccomandazione |
Scenario |
Impatto sul saldo di bilancio (su base annua, % del PIL) |
---|---|---|
Misure in materia di entrate |
||
Rafforzare l'adempimento degli obblighi fiscali, in particolare per quanto riguarda l'IVA |
Riduzione del divario dell'IVA per allinearsi alla media dell'UE |
+1,0 |
Incrementare l'imposizione sui beni immobili e sulle successioni |
Aumento delle imposte di successione per allinearle alla media dell'OCSE |
+0,5 |
Eliminare o riprogettare gradualmente le agevolazioni fiscali prive di giustificazione economica o distributiva, anche ridefinendo il sostegno per la ristrutturazione degli edifici. |
Riduzione delle agevolazioni fiscali del 10 % |
+0,4 |
Ridurre gli sconti sulle accise sui combustibili fossili |
Allineamento delle accise sul trasporto su strada e offroad all'aliquota normale sulla benzina |
+0,4 |
Ridurre il cuneo fiscale |
Riduzione delle imposte sul reddito e dei contributi previdenziali per i lavoratori a basso reddito |
-1,2 |
Totale misure relative alle entrate |
+1,1 |
|
Misure relative alla spesa |
||
Aumentare l'ambizione delle revisioni della spesa |
Definizione di obiettivi per conseguire un aumento dell'efficienza della spesa pubblica pari a circa il 4 % |
+2,6 |
Introdurre un contributo di solidarietà per le pensioni elevate e restringere i criteri di ammissibilità alle pensioni di reversibilità |
Applicazione di un'imposta progressiva sulle pensioni elevate non correlate a uno storico contributivo alto, come indicato in Patriarca et al. (2014) e introduzione di un requisito legato all'età per l'accesso alle pensioni di reversibilità. |
+0,5 |
Non estendere i regimi di pensionamento anticipato |
Come indicato da Ciotti et al. (2022) |
+0,2 |
Fornire accesso all'assistenza sociale alle persone con prospettive di occupazione molto basse (Adi) |
Come indicato da Maitino et al. (2023) |
-0,1 |
Totale misure relative alla spesa |
+3,2 |
|
Impatto complessivo sul saldo di bilancio |
+4,3 |
Fonte: Ciotti et al. (2022); Maitino et al. (2023); elaborazioni a cura dell'OCSE.
1.5. Per rilanciare la crescita economica occorrono riforme strutturali
Nell'ultimo decennio, la crescita del PIL in termini reali è stata scarsa e la produttività del lavoro alla fine del 2021 si è attestata a un livello inferiore rispetto al 2010 (Figura 1.24). La debole crescita della produttività registrata negli ultimi dieci anni è spiegabile in parte dalla debolezza degli investimenti e dalla scarsa disponibilità di capitale, mentre la crescita della produttività multifattoriale ha attraversato una fase di ristagno negli ultimi trent'anni (OECD, 2021a). Il problema principale sembra essere l'incapacità dell'economia italiana di passare da una crescita di ripresa, che beneficiava dell'innovazione importata negli anni 1950-1970 a una crescita endogena guidata dall'innovazione (Codogno e Galli, 2022), soprattutto nelle regioni meridionali dove la produttività del lavoro rimane inferiore di circa il 20 % rispetto alla parte settentrionale del Paese (Boeri et al., 2021).
La debolezza della crescita guidata dall'innovazione si riflette in una quota di occupazione insolitamente elevata di microimprese a bassa produttività, una bassa spesa in ricerca e sviluppo (R&S) e un livello di digitalizzazione inferiore alla media (Figura 1.25). Mentre le grandi imprese italiane sono mediamente più produttive rispetto a quelle di altri Paesi europei, le microimprese italiane sono meno produttive di circa il 30 % rispetto alle loro omologhe. Al contempo, la quota di occupazione delle microimprese è superiore di circa 15 punti percentuali rispetto ad altri Paesi europei, mentre la quota di occupazione delle grandi imprese altamente produttive è inferiore di circa 20 punti percentuali. Le piccole imprese a conduzione familiare spesso non hanno le dimensioni necessarie per svolgere un'efficiente attività di ricerca e sviluppo, né dispongono di competenze gestionali e incentivi per l'adozione delle tecnologie (Pellegrino e Zingales, 2017). Ciò concorre a mantenere basso il livello della spesa complessiva per la ricerca e lo sviluppo nell'economia e della digitalizzazione, il che implica un mancato guadagno in termini di produttività legato all'attuale rivoluzione digitale. Per favorire la transizione verso una crescita guidata dall'innovazione occorrerà mettere in campo un ambizioso pacchetto di riforme strutturali che incoraggi le piccole imprese a crescere o a uscire dal mercato. A tale riguardo, la riforma in corso dei mercati dei capitali costituisce un primo passo per promuovere la crescita delle piccole e medie imprese e incoraggiare le società a quotarsi in borsa e accedere a finanziamenti dai mercati dei capitali. Tuttavia, la recente analisi dei mercati dei capitali condotta dall'OCSE suggerisce che vi è margine per sviluppare ulteriori iniziative in tal senso (OECD, 2020c). La restante parte della presente sezione si concentra sulla necessità di rafforzare ulteriormente la concorrenza sul mercato dei prodotti e di consolidare gli incentivi per l'adozione di tecnologie, anche rafforzando la certezza del diritto e sviluppando le competenze dei lavoratori.
Tabella 1.7. Raccomandazioni pregresse in materia di potenziamento della crescita e dell'inclusività
Raccomandazione |
Misure adottate |
---|---|
Aumentare le risorse destinate ai tribunali affinché gestiscano meglio il lavoro arretrato e potenzino la celerità e l'efficienza delle procedure giudiziarie civili. |
Sono stati creati gli uffici per il processo (UPP), finalizzati ad assistere i giudici nel loro lavoro. La riforma della giustizia civile attualmente in corso prevede il rafforzamento delle procedure di risoluzione extragiudiziale. |
Ridurre le barriere normative all'ingresso per i servizi professionali, anche sostituendo i sistemi delle licenze con schemi di certificazione meno distorsivi. Introdurre un comitato nazionale per la produttività che individui e comunichi i costi e i benefici delle riforme e costruisca un consenso nazionale. |
La nuova normativa mira a semplificare e accelerare l'accesso ad alcune professioni, eliminando l'obbligo di superare un esame statale in seguito al conseguimento di una laurea. |
Potenziare l'accesso degli adulti all'acquisizione di competenze, attraverso un miglioramento delle procedure di domanda del Fondo preposto a finanziare attività di formazione e un migliore coordinamento dei servizi pubblici per l'impiego. |
Nel periodo di programmazione 2021-2027 dei Fondi europei per la Politica di Coesione sono state assegnate risorse aggiuntive al Fondo preposto a finanziare attività di formazione. |
Ridurre le aliquote fiscali marginali effettive per i redditi secondari. Migliorare l'accesso a servizi di qualità di assistenza all'infanzia in tutte le regioni del Paese. |
L'introduzione dell'indennità universale per i figli a carico ("Assegno Unico") ha ridotto l'aliquota marginale effettiva dell'imposta sul reddito dei percettori secondari. |
Definire un piano a lungo termine per armonizzare e aumentare gradualmente i prezzi del carbonio, con politiche e tempistiche tali da attenuare i costi sociali e di transizione verso un modello di competitività. |
Sono state eliminate alcune esenzioni e riduzioni sulle accise sui combustibili fossili ed è prevista l'eliminazione di altre. |
1.5.1. Occorre rendere più efficiente il sistema giudiziario
Il sistema giudiziario è relativamente inefficiente, il che aumenta il costo dell'attività imprenditoriale e frena gli investimenti. Un sistema giudiziario efficiente caratterizzato da un'adeguata applicazione dei contratti e da una rigorosa tutela dei diritti di proprietà sostiene gli investimenti, lo sviluppo finanziario, la distribuzione efficiente del lavoro e del capitale e, in ultima analisi, la crescita della produttività aggregata (Ciapanna et al., 2020). I dati indicano che la debole applicazione dei contratti potrebbe rappresentare uno dei fattori alla base dell'ampia presenza di microimprese in Italia (Giacomelli e Menon, 2017). Gli indicatori relativi alla percezione dell'efficienza giudiziaria indicano, in generale, che l'Italia è tra i Paesi con i livelli più bassi di Stato di diritto tra i Paesi dell'OCSE (Figura 1.26). Ciò è dovuto, in larga misura, alla durata relativamente lunga dei processi. Sebbene le riforme passate abbiano accorciato la durata prevista dei processi e abbiano contribuito a ridurre l'arretrato giudiziario, la durata prevista dei processi civili rimane la più elevata tra i Paesi dell'Unione europea (Figura 1.26).
La riforma della giustizia civile attualmente in corso costituisce un passo importante verso un sistema giudiziario più efficiente. Si compone di tre elementi principali. In primo luogo, potenzia la digitalizzazione del sistema giudiziario introducendo la possibilità di svolgere processi a distanza, con fascicoli completamente digitalizzati e udienze in videoconferenza. In secondo luogo, snellisce le procedure, anche semplificandole per i casi manifestamente infondati e accelerando l'iter per la deposizione degli elementi probatori presso i tribunali. Sarà conseguita un'ulteriore razionalizzazione incentivando le risoluzioni pregiudiziali o stragiudiziali, ampliando le competenze dei giudici di pace e creando nuovi tribunali per le cause minorili e familiari al fine di non appesantire i tribunali civili ordinari e promuovere la specializzazione. In terzo luogo, la riforma crea nuovi uffici per il processo (UPP) per assistere i giudici nel lavoro legale, consentendo loro di concentrarsi su compiti complessi, lasciando quelli meno articolati agli assistenti giudiziari. Al mese di gennaio 2023 erano stati assunti 8 000 assistenti giudiziari e il PNRR ne prevede l'assunzione di altri 8 000 prima del 2026. Ciò dovrebbe contribuire a eliminare l'arretrato delle cause e consentire una maggiore efficienza giudiziaria anche quando i fondi del PNRR non saranno più disponibili.
La riforma della giustizia civile rafforzerà, inoltre, gli incentivi legati alla performance di giudici e tribunali, che al momento sono deboli. Si rilevano attualmente notevoli differenze in termini di efficienza tra i giudici e i tribunali, anche se si tiene conto della complessità media delle cause (Cugno et al., 2022). I giudici che sono considerati altamente efficienti smaltiscono circa 700 cause all'anno, mentre quelli considerati meno efficienti ne chiudono solo circa 400 all'anno (Figura 1.27), senza alcuna prova che i processi più brevi diano luogo a sentenze di qualità inferiore, come misurata in base al tasso di successo degli appelli (Cugno et al., 2022). L'efficienza dei giudici e dei tribunali varia in modo significativo da una regione all'altra, con un livello significativamente inferiore nel Sud del Paese rispetto al Centro-Nord. Se, da un lato, l'esperienza del Portogallo suggerisce che le riforme giudiziarie incentrate sulla digitalizzazione e sullo snellimento delle procedure possono produrre ampi effetti positivi sull'efficienza giudiziaria (OECD 2019c; OECD, 2020b), dall'altro potrebbe essere necessario inasprire i requisiti di performance per i giudici e i tribunali poco efficienti, rivedendo gli attuali schemi di valutazione dei risultati e istituendo un legame tra la valutazione e la retribuzione e l'avanzamento di carriera. Fino a qualche tempo fa, il sistema di valutazione della performance non consentiva di differenziare in maniera adeguata i giudici con ottimi risultati da quelli con risultati scarsi, considerato che oltre il 99 % dei giudici ha ricevuto valutazioni positive nel periodo 2017-2021 (Cartabia, 2021). La retribuzione e la promozione dei giudici erano per lo più legate all'anzianità piuttosto che ai risultati, fornendo in tal modo scarsi incentivi a migliorare la performance (Cepej, 2022).
Tra le misure chiave previste dalla riforma della giustizia civile mirate a rafforzare gli incentivi legati alla performance dei giudici e dei tribunali figurano una profonda ridefinizione del sistema di valutazione delle prestazioni e il rafforzamento del legame tra risultati ottenuti, retribuzione e progressione di carriera. I criteri di valutazione della performance dei giudici diventeranno più rigorosi e terranno conto del conseguimento degli obiettivi fissati nel quadro dei programmi annuali di gestione delle cause elaborati dai presidenti dei tribunali. I giudizi che potranno essere espressi nella valutazione della performance si differenzieranno in tre votazioni ("sufficiente", "buono" o "ottimo") e terranno conto specificamente delle competenze organizzative dei giudici. I presidenti dei tribunali saranno tenuti a monitorare costantemente l'operato del tribunale e dei singoli giudici. In presenza di un forte aumento del numero di cause pendenti o di prestazioni insufficienti da parte dei singoli giudici, il presidente del tribunale sarà tenuto a elaborare un piano per porre rimedio alla situazione. Le prestazioni dei singoli giudici saranno correlate all'avanzamento di carriera e alla retribuzione: le valutazioni insufficienti ritarderanno l'avanzamento di carriera e i relativi aumenti salariali. Le decisioni di nomina dei presidenti dei tribunali terranno esplicitamente conto delle competenze organizzative dei candidati. Inoltre, il mancato rispetto da parte dei presidenti dei tribunali degli obblighi di controllo e intervento e la mancata collaborazione da parte dei singoli giudici con i loro diretti responsabili costituiranno infrazioni disciplinari. Nel complesso, queste misure rappresentano passi significativi per rafforzare gli incentivi legati alla performance dei giudici e dei tribunali. Per garantire il successo della loro applicazione, occorrerà operare un'adeguata differenziazione tra i giudici con valutazioni elevate e quelli con risultati modesti, altresì garantendo che solo una percentuale limitata di essi ottenga il giudizio più alto previsto dal sistema di valutazione. L'attribuzione di una valutazione elevata a un numero eccessivo di giudici rischierebbe di trasformare le promozioni e i relativi aumenti salariali in una componente assicurata della carriera piuttosto che in un incentivo alla performance (Commissione europea, 2022).
1.5.2. Sarebbe opportuno eliminare i rimanenti ostacoli alla concorrenza nel settore dei servizi
Un livello elevato di concorrenza costituisce un fattore chiave per la crescita della produttività, fornisce maggiori stimoli alle imprese per adottare innovazioni organizzative e tecnologiche, e migliora la distribuzione delle risorse nell'economia (OECD, 2015). In Italia, le principali problematiche connesse alla concorrenza sono costituite dalle barriere presenti nel settore dei servizi, dove la crescita della produttività è stata particolarmente bassa (Figura 1.28). Se, da un lato, tale situazione è in parte legata alla specializzazione settoriale che caratterizza i servizi, nonché alla rilevanza del turismo nel settore, dall'altro è dovuta ai rimanenti ostacoli alla concorrenza, in particolare per i servizi professionali e i servizi pubblici locali, quali l'approvvigionamento idrico, i trasporti e lo smaltimento dei rifiuti. Nella misura in cui i servizi sono utilizzati come input dalle imprese di altri settori, tali barriere alla concorrenza ostacolano in maniera amplificata la crescita della produttività. Ad esempio, gli elevati ostacoli all'accesso ai servizi legali aumentano il costo di tali servizi utilizzati dalle imprese di tutti i settori di attività, limitando in tal modo i benefici in termini di produttività derivanti dalla riforma del sistema giudiziario in corso.
La riforma della concorrenza varata nel 2022 contribuisce in una certa misura a ridurre le barriere all'ingresso nel settore dei servizi, anche imponendo aste competitive per i beni pubblici. Una legge annuale volta a rafforzare la concorrenza costituisce un requisito fondamentale del PNRR, e la riforma del 2022 subordina le concessioni demaniali marittime, quelle per la produzione di energia idroelettrica e quelle per il commercio ambulante (ad esempio, mercati e fiere) allo svolgimento di aste competitive alla scadenza dei contratti piuttosto che a un loro rinnovo automatico. Tali misure dovrebbero essere attuate rapidamente e si dovrebbe evitare qualsiasi passo indietro.
Le regole di "equo compenso" previste per i servizi professionali rischiano di limitare l'ingresso nel mercato e la successiva crescita delle imprese ad alta produttività. Una recente riforma ha ampliato l'ambito di applicazione delle regole di "equo compenso" dagli avvocati a tutte le professioni (tra cui commercialisti, architetti, ingegneri civili, agenti immobiliari e notai) e dai contratti tra professionisti e amministrazioni pubbliche o grandi imprese del settore finanziario a tutti i contratti con le medie e grandi imprese. Vi è il rischio che gli operatori di mercato percepiscano tali regole, in senso più esteso, come tariffe minime. Saranno fissati tassi di "equo compenso" tra associazioni professionali e di categoria che rappresentano le medie e grandi imprese. In tal modo si corre il rischio di limitare la possibilità delle imprese ad alta produttività per fissare tariffe più basse al fine di acquisire quote di mercato, favorendo al contempo gli operatori già presenti nel mercato che dispongono di una base consolidata di clienti (Autorità garante della concorrenza, 2017). La fissazione delle tariffe dei servizi dovrebbe, invece, derivare dalla negoziazione tra le parti contraenti.
Il mercato dei servizi pubblici locali, come i trasporti, l'approvvigionamento idrico e la gestione dei rifiuti, è estremamente frammentato e caratterizzato dalla presenza di fornitori di piccole dimensioni ed inefficienti sotto il profilo dei costi, che coesistono con quelli di più grandi dimensioni che beneficiano di economie di scala (Refricerche, 2023). In molti casi, gli enti pubblici locali aggiudicano appalti per la fornitura di servizi interni a imprese di cui sono proprietari in toto o in parte, favorendo gli aggiudicatari storici ed escludendo fornitori esterni potenzialmente più efficienti. Ciò contribuisce alla scarsa efficienza e alla carente qualità dei servizi, ad esempio nella raccolta dei rifiuti urbani o nei servizi pubblici di trasporto in autobus. La legge adottata nel 2023 irrigidisce le norme in materia di fornitura interna, anche imponendo alle amministrazioni locali l'obbligo di dimostrare gli effetti positivi sugli investimenti, l'efficienza in termini di costi e la qualità del servizio dopo l'aggiudicazione dell'appalto. L'Autorità garante della concorrenza è stata incaricata di monitorare i nuovi contratti e ha avuto accesso alla banca dati dell'Agenzia Nazionale Anticorruzione (ANAC) relativa a tutti i contratti di appalti pubblici. Le nuove norme rappresentano un passo in avanti per rendere più contendibile il mercato dei servizi pubblici locali, ma l'impatto sull'offerta interna deve essere attentamente monitorato. Nel caso in cui le nuove norme non limitino la prevalenza dei fornitori interni, potrebbe essere necessario inasprirle, anche imponendo alle amministrazioni locali di fornire la prova degli effetti positivi prima dell'aggiudicazione dell'appalto anziché ex post.
Malgrado i progressi compiuti in termini di riduzione dei vincoli operativi nel settore del commercio al dettaglio, le restrizioni alle vendite promozionali presso i negozi fisici e all'apertura di punti vendita restano relativamente rigide. Le norme sull'orario di apertura sono state completamente liberalizzate a livello nazionale, ma quelle relative alle vendite promozionali e ai periodi di saldi per i punti vendita al dettaglio rimangono stringenti rispetto a quanto previsto per i rivenditori online. Ciò può conferire un indebito vantaggio normativo ai rivenditori online, a prescindere dalla loro posizione competitiva, con un conseguente impatto negativo sulla produttività. L'ammontare di adempimenti burocratici necessari per l'apertura di nuove società è stato notevolmente ridotto attraverso la piattaforma digitale "impresa in un giorno", ma la soglia di dimensione d'impresa oltre la quale è necessaria un'autorizzazione amministrativa per creare un punto vendita è relativamente bassa rispetto alla media dell'OCSE.
1.5.3. Migliorare l'efficienza del sistema di istruzione terziaria
Gli storici punti deboli dell'istruzione terziaria e della ricerca di base impediscono all'Italia di sfruttare appieno i potenziali guadagni di produttività derivanti dai cambiamenti tecnologici in corso. La percentuale di giovani che non hanno un lavoro, né seguono un percorso scolastico o formativo (NEET) è tra le più elevate dell'OCSE, il che produce effetti negativi a lungo termine sulle competenze richieste dal mercato del lavoro (Figura 1.29, Grafico A). La quota di laureati nella popolazione di età compresa tra i 25 e i 34 anni è la seconda più bassa dell'OCSE dopo il Messico, e molti neolaureati emigrano. Tra il 2011 e il 2021 l'emigrazione netta cumulata di neolaureati è stata di circa 110 000 persone, pari a circa un terzo della classe annuale di laureati. Le esperienze professionali temporanee all'estero possono migliorare le competenze e portare a un guadagno netto di cervelli quando gli emigrati temporanei rientrano. In Italia, tuttavia, l'emigrazione in età più giovane non sembra essere compensata dalla migrazione netta di ritorno in età più adulta (Figura 1.29, Grafico B), il che suggerisce l'esistenza di una significativa fuga di cervelli. Malgrado alcuni progressi compiuti negli ultimi anni, la qualità delle università italiane, misurata - seppur in maniera imperfetta - dal numero di università presenti tra le 200 migliori al mondo, si colloca dietro altri grandi Paesi europei, in particolare Francia, Germania e Regno Unito (Figura 1.29, Grafico C). Gli scarsi risultati dell'istruzione terziaria rispecchiano in parte i bassi livelli di finanziamento, visto che la spesa per studente è inferiore di circa il 30 % rispetto alla media dell'OCSE (OECD, 2022). Tuttavia, vi è un margine di manovra per rendere il sistema più efficiente. Ad esempio, il Portogallo ottiene risultati nettamente migliori applicando tassi di finanziamento per studente sostanzialmente equivalenti.
Una rinnovata attenzione allo sviluppo di un'istruzione tecnica post-secondaria di alta qualità, compresi i modelli di formazione duale, abbinata al rafforzamento dell'orientamento degli studenti e a un maggiore allineamento dei programmi dell'istruzione terziaria alle esigenze del mercato del lavoro aumenterebbe l'efficienza della spesa per tale comparto dell'istruzione. Ciò comprende il potenziamento degli Istituti Tecnologici Superiori (ITS Academy) che offrono percorsi di formazione tecnica della durata di 2 o 3 anni in stretta collaborazione con le imprese regionali. Gli istituti ITS Academy, se dotati di risorse adeguate e ben gestiti, racchiudono un notevole potenziale di attrattiva per i giovani che non dispongono dei mezzi per iscriversi all'università o non sono interessati a farlo, e potrebbero contribuire ad affrontare le problematiche legate alle scarse competenze tecniche, nonché a migliorare le prospettive occupazionali dei laureati. Inoltre, il titolo conseguito presso tali istituti consente di iscriversi all'università, creando un ponte tra i percorsi di formazione. Il tasso di occupazione dei diplomati degli istituti ITS Academy è di circa il 90 % un anno dopo il conseguimento del titolo. È opportuno utilizzare appieno i finanziamenti messi a disposizione dal PNRR per aumentare le iscrizioni rispetto al livello attuale, che risulta basso (circa 20 000 studenti iscritti nel 2022).
Nonostante i tassi di occupazione dei diplomati dell'istruzione terziaria abbiano continuato a crescere negli ultimi anni, occorre proseguire con le misure attualmente in corso per migliorare le prospettive occupazionali dei neolaureati e potenziarle. Tra queste ultime figurano gli interventi volti a migliorare l'orientamento degli studenti, le iniziative volte a fornire agli studenti un sostegno psicologico e la riforma dei diplomi finalizzata a introdurre maggiore flessibilità e multidisciplinarietà nel percorso accademico. La recente riforma dei programmi di dottorato condotta per rispondere alle attuali esigenze in materia di innovazione, promuovere l'assunzione dei ricercatori da parte delle imprese e rendere i percorsi di istruzione sempre più orientati ai fabbisogni del mercato del lavoro costituisce un ulteriore passo in avanti che dovrebbe avere seguito. A medio termine, le autorità potrebbero anche prendere in considerazione la possibilità di riassegnare i fondi provenienti da settori del sistema di istruzione terziaria che portano a scarsi risultati sul mercato del lavoro dei laureati, sebbene le recenti riforme dell'ITS Academy abbiano aumentato in modo duraturo la capacità.
Inoltre, sarebbe possibile potenziare le università rafforzando ulteriormente i meccanismi di valutazione e ampliando le iniziative volte ad attrarre più talenti di ricerca dall'estero, compresi i ricercatori italiani che lavorano in istituti di ricerca stranieri. I criteri di valutazione delle università tengono sempre più conto dell'eccellenza e della rilevanza della ricerca, come ad esempio l'entità delle sovvenzioni competitive internazionali ricevute e i trasferimenti tecnologici alle università. Dal 2018, il programma "Dipartimenti di eccellenza" assegna finanziamenti alle università pubbliche per sostenere lo sviluppo strategico dei loro migliori dipartimenti. A tali fini occorrerà garantire condizioni di lavoro più attraenti e un legame sostanzialmente più forte tra performance e retribuzione. La retribuzione media dei ricercatori italiani è bassa rispetto ai dati rilevati per Francia, Germania e Regno Unito, soprattutto al livello di ingresso (Figura 1.30). Ciò scoraggia i ricercatori di talento dall'intraprendere carriere accademiche, privando le università italiane dei migliori talenti della ricerca. Inoltre, il sistema universitario italiano è l'unico tra i suoi omologhi a non offrire una componente variabile della retribuzione (Civera et al., 2023). L'introduzione di un supplemento retributivo connesso ai risultati ottenuti nella ricerca e in altre attività fondamentali aumenterebbe la retribuzione media e rafforzerebbe gli incentivi legati alla performance contenendo i costi. Una differenziazione dei salari che tenga conto delle grandi differenze di costo della vita sul territorio italiano aumenterebbe l'attrattiva delle posizioni accademiche e del ruolo di ricercatore nel Nord del Paese.
1.5.4. Ricollocare i lavoratori in imprese ad alta produttività
Il miglioramento della distribuzione del lavoro aumenterebbe la crescita della produttività consentendo alle imprese più innovative di espandersi e attrarre lavoratori da quelle a bassa produttività. In Italia, la tutela dei lavoratori regolari è rigida, soprattutto nelle imprese con più di 15 dipendenti (Figure 1.31, Grafico A). Mentre il reintegro automatico dei lavoratori in caso di licenziamento ingiusto è stato abolito dal Jobs Act del 2015, la Corte costituzionale si è pronunciata contro le nuove norme che stabiliscono una correlazione lineare tra gli anni di servizio e il risarcimento per il licenziamento illegittimo (2 mesi di stipendio per ciascun anno di servizio). La sentenza conferisce ai giudici un potere discrezionale in merito all'importo del risarcimento entro un intervallo stabilito per legge e indipendente dall'anzianità di servizio. Per le imprese con più di 15 dipendenti l'intervallo è compreso tra 6 e 36 mesi, il che reintroduce un elemento di incertezza giuridica e riduce gli incentivi per le imprese più grandi ad assumere con contratti a tempo indeterminato, scoraggiando al tempo stesso le imprese più piccole dal crescere. Nel complesso, la quota di contratti a tempo indeterminato all'inizio del 2023 era inferiore rispetto al 2015 (Figure 1.31, Grafico B). Collegare l'intervallo di riferimento per il risarcimento dovuto a seguito di un illegittimo licenziamento all'anzianità di servizio - l'importo minimo e massimo dell'indennizzo dovrebbero aumentare con l'anzianità di servizio - fornirebbe ai giudici un certo margine di discrezionalità sull'importo e potrebbe pertanto essere in linea con le norme costituzionali. A condizione che gli intervalli siano fissati in modo sufficientemente ristretto, tale assetto garantirebbe una certezza giuridica maggiore rispetto a quella attuale. In contrapposizione, l'allentamento delle norme sulla proroga dei contratti a tempo determinato per una durata superiore a 12 mesi, come recentemente stabilito per legge, potrebbe aggravare ulteriormente la dualità del mercato del lavoro, collocando alcuni lavoratori a tempo determinato in occupazioni a bassa produttività e a basso salario (OECD, 2018a).
Il ricorso a clausole di non concorrenza nei contratti di lavoro può impedire ai lavoratori di spostarsi verso imprese concorrenti. La legislazione italiana prevede chiari limiti all'uso delle clausole di non concorrenza, e il loro uso indebito dà luogo a una inapplicabilità giuridica. Ciononostante, dati recenti basati su una piccola indagine condotta su un campione di 2 000 lavoratori indicano che circa il 16 % dei lavoratori italiani è soggetto a clausole di non concorrenza nei contratti di lavoro, la maggior parte delle quali sarebbe giuridicamente inapplicabile (Boeri et al., 2023). Ciò potrebbe tuttavia dissuadere alcuni lavoratori, che non dispongono di informazioni sufficienti sull'applicabilità di dette clausole, dal trasferirsi in aziende concorrenti. Per trarre conclusioni definitive, sarà necessario condurre indagini più complete; tuttavia, qualora si riveli accurata, la stima rappresenterebbe una percentuale sorprendentemente elevata di lavoratori. Sebbene le clausole di non concorrenza possano essere giustificate per i lavoratori altamente specializzati al fine di prevenire la fuga di segreti commerciali, è poco plausibile che esse siano necessarie per una parte significativa della forza lavoro, compresi i lavoratori scarsamente qualificati e a basso salario. Diversi Paesi dell'OCSE (tra cui il Portogallo, il Regno Unito e gli Stati Uniti) hanno pubblicato orientamenti sulle clausole di non concorrenza per i datori di lavoro al fine di limitarne l'uso ai soli casi giustificati. L'Autorità Italiana Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) potrebbe essere incaricata di emanare linee guida analoghe e di rafforzare la sensibilizzazione in questo settore.
1.6. Incrementare la partecipazione al mercato del lavoro e rendere la crescita più inclusiva
Il tasso di povertà è superiore alla media dell'OCSE, in parte a causa dei bassi tassi di occupazione, in particolare dei giovani e delle donne, e della tradizionale debolezza della rete di sicurezza sociale (Figura 1.32). Dalla metà degli anni 2010, il tasso di disoccupazione giovanile è sceso a circa il 23 %, ma rimane tra i più elevati dell'OCSE, mentre il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro (circa il 52 %) rimane ben al di sotto della media dell'OCSE, nonostante i significativi aumenti registrati negli ultimi due decenni. Il Reddito di Cittadinanza, un regime di reddito minimo avviato nel 2019, ha rappresentato un valido strumento per proteggere le famiglie vulnerabili dal rischio di povertà estrema durante la pandemia da COVID-19 (Istat, 2022). Tuttavia, esso era privo di misure di attivazione ben sviluppate che potessero incoraggiare e sostenere le persone a reinserirsi nel mondo del lavoro, mentre le prestazioni sociali non erano sufficientemente mirate rispetto a coloro che ne avevano maggiormente bisogno (Pacifico e Scarpetta, 2021; Hyee et al., 2020). Le aliquote fiscali effettive di assunzione a bassi livelli di reddito sono state del 100 %, molto più alte rispetto ad altri Paesi con ampi regimi di reddito minimo, come la Francia e il Regno Unito, dove il sistema fiscale e previdenziale fornisce migliori incentivi alla partecipazione al mercato del lavoro. Il Reddito di Cittadinanza è stato recentemente sostituito da un regime che rende più mirato il programma nazionale di assistenza sociale e rafforza gli incentivi al lavoro. Il nuovo regime comprende due nuovi programmi distinti: un regime di assistenza sociale per le famiglie con specifiche responsabilità di assistenza (minori, anziani o disabili), denominato Adi, e un assegno di formazione per gli adulti di età compresa tra i 18 e i 59 anni che partecipano attivamente a una politica attiva del lavoro, denominato SFL (Riquadro 1.5).
Riquadro 1.5. Le recenti riforme dell'assistenza sociale
Il nuovo regime di assistenza sociale (Assegno di inclusione, Adi) è destinato a coloro che hanno specifiche responsabilità di assistenza e sarà simile al precedente Reddito di Cittadinanza introdotto nel 2019 (Tabella 1.8). Il sussidio ammonterà a 500 EUR al mese moltiplicati per un parametro della scala di equivalenza che tiene conto delle dimensioni del nucleo familiare, a cui si aggiunge un contributo per l'affitto fino a 280 EUR al mese. Come per il Reddito di Cittadinanza, solo il componente familiare con "gravose" responsabilità di assistenza sarà esentato dai requisiti in materia di attivazione e disponibilità al lavoro. L'Adi potrà essere erogato per un massimo di 18 mesi, con possibilità illimitate di rinnovo per periodi di 12 mesi. Secondo le simulazioni illustrate in Maitino et al. (2023), circa il 50 % degli attuali percettori di Reddito di Cittadinanza sarà idoneo all'erogazione dell'Adi.
Per le famiglie a basso reddito e gli adulti privi di responsabilità di assistenza, la riforma prevede l'introduzione di un assegno di formazione (Supporto per la Formazione e il Lavoro, SFL). Il sussidio è corrisposto esclusivamente a coloro che partecipano a una politica attiva del lavoro. Ammonta a 350 EUR al mese e può essere richiesto da più persone appartenenti allo stesso nucleo familiare. Il reddito da lavoro aggiuntivo connesso all'assunzione di un impiego nel corso dell'anno non sarà considerato per il calcolo dell'ammissibilità ai fini della prestazione fino ad un massimale annuo di 3 000 EUR. L'erogazione del sussidio sarà soggetta a condizioni rigorose, in termini sia di partecipazione alle misure di attivazione che di disponibilità al lavoro. La durata massima della prestazione sarà di 12 mesi senza possibilità di rinnovo.
Tabella 1.8. Le recenti riforme dell'assistenza sociale
Regime precedente del Reddito di Cittadinanza (RdC) |
Nuovo regime dell'Assegno di inclusione (Adi) |
Nuovo regime di Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL) |
||
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Criteri di ammissibilità |
Caratteristiche demografiche |
Nessuna |
Almeno un membro della famiglia <18 anni, > 60 anni, o disabile |
Età compresa tra 18 e 59 anni, nessuna disabilità, nessuna responsabilità specifica in materia di assistenza |
Limite ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) |
<9 360 EUR |
<9 360 EUR |
<6 000 EUR |
|
Limiti patrimoniali1 |
Residenza secondaria <30 000 EUR, altro patrimonio <10 000 EUR |
Residenza principale <150 000 EUR, altri beni immobili <30 000 EUR, altro patrimonio <10 000 EUR |
Residenza principale <150 000 EUR, altri beni immobili <30 000 EUR, altro patrimonio <10 000 EUR |
|
Requisiti di residenza |
>10 anni |
>5 anni |
>5 anni |
|
Condizioni |
Disponibilità al lavoro |
Registrazione presso i Centri per l'impiego dei membri della famiglia occupabili e accettazione di offerte di lavoro adeguate |
Analoghe a quelle per l'RdC, ma con una definizione più rigorosa di offerta di lavoro adeguata: a/ salario>salario minimo collettivo; b/ distanza <80km; c/ durata>1 mese; orario> 60 % di un posto di lavoro a tempo pieno |
Analoghe a quelle per l'RdC, ma con una definizione più rigorosa di offerta di lavoro adeguata: a/ salario>salario minimo collettivo; b/ distanza <80km; c/ durata>1 mese; orario> 60 % di un posto di lavoro a tempo pieno |
Partecipazione alle PAL |
Sì, a seconda del piano di attivazione |
Sì, a seconda del piano di attivazione |
Sì |
|
Sussidio |
Sussidio massimo al netto della moltiplicazione per il parametro corrispondente della scala di equivalenza |
500 EUR/mese + 280 EUR/mese come contributo per l'affitto |
500 EUR/mese + 280 EUR/mese come contributo per l'affitto |
350 EUR/mese |
Scala di Equivalenza (adeguamento in base alla struttura del nucleo familiare, SE) |
< 2,2 |
< 2,3 |
=1 (ogni componente del nucleo familiare di età compresa tra i 18 e i 60 anni può percepire il sussidio) |
|
Sussidio mensile effettivo |
500 EUR*SE + 280 EUR come contributo per l'affitto — reddito del nucleo familiare |
500 EUR*SE + 280 EUR come contributo per l'affitto — reddito del nucleo familiare |
350 EUR/mese |
|
Trattamento dei redditi da lavoro aggiuntivi connessi all'assunzione di un impiego |
Ai fini del calcolo della prestazione effettiva non viene considerato fino al 20 % dei guadagni derivanti da reddito aggiuntivo |
Sospensione dell'erogazione della prestazione in caso di contratto a breve termine (1-6 mesi); ai fini del calcolo della prestazione effettiva si escludono i redditi per un massimo di 3 000 EUR |
Sospensione dell'erogazione della prestazione in caso di contratto a breve termine (1-6 mesi); ai fini della determinazione dell'ammissibilità al sussidio si escludono i redditi fino a un massimo di 3 000 EUR |
1. Il limite massimo per "altri tipi di patrimonio" si riferisce a un nucleo familiare composto da tre persone.
Fonte: banca dati dell'OCSE su imposte e sussidi.
L'impossibilità di rinnovo dell'assegno SFL, indipendentemente dal livello di vulnerabilità economica del beneficiario, e l'obbligo di partecipazione a una politica attiva del lavoro implicano che, a differenza del Reddito di Cittadinanza, l'SFL costituisce un contributo economico per favorire la partecipazione a un programma di formazione piuttosto che un sussidio standard di reddito minimo. I percettori dell'SFL non diventano automaticamente ammissibili all'Adi dopo la scadenza dell'assegno di formazione. Secondo le simulazioni illustrate in Maitino et al. (2023), circa il 20 % degli attuali percettori di Reddito di Cittadinanza sarà ammissibile all'SFL per 12 mesi.
L'introduzione dell'assegno di formazione (Supporto per la Formazione e il Lavoro – SFL) che sostituirà il Reddito di Cittadinanza per le persone occupabili - di età compresa tra i 18 e i 59 anni e senza specifiche responsabilità di assistenza - può rafforzare gli incentivi al lavoro riducendo la generosità e la durata delle prestazioni e imponendo condizioni rigide. Potrebbe inoltre comportare risparmi di bilancio pari a circa l'1 % del PIL sul breve termine (Maitino et al., 2023). Tuttavia, l'SFL rischia di conseguire tali risultati a scapito dell'aumento della povertà dei percettori, in particolare di coloro che non possono accedere a una formazione adeguata o che hanno raggiunto la durata massima della prestazione. Inoltre, l'assenza di un contributo integrativo per l'affitto può comportare effetti negativi sulla povertà. Al fine di rafforzare l'impatto della riforma sulla partecipazione al mercato del lavoro, attenuando nel contempo il rischio di povertà più elevata, le autorità dovrebbero potenziare gli incentivi al lavoro e le politiche di attivazione, mantenendo l'accesso alla protezione sociale per coloro che non riescono a trovare un'occupazione.
Occorre rafforzare gli incentivi finanziari correlati all'assunzione di un impiego. La revoca della sospensione sia dell'Adi che dell'SFL per i percettori che vengono assunti per un breve periodo e la revoca delle prestazioni in caso di aumento del reddito, come accade per il regime dell'Universal Credit nel Regno Unito, ridurrebbero l'aliquota di imposta effettiva sull'accesso al lavoro. Il costo fiscale di tali misure sarebbe modesto, visto il limitato potenziale di reddito medio dei beneficiari. Gli incentivi finanziari per l'assunzione di un impiego potrebbero essere ulteriormente migliorati correlando l'importo della prestazione al costo della vita locale, che varia notevolmente tra le regioni italiane. Secondo i dati dell'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (INPS), nel Sud del Paese il sussidio del Reddito di Cittadinanza era superiore al reddito netto da lavoro del 45 % dei dipendenti del settore privato (INPS, 2019). Un primo passo potrebbe consistere nello stabilire un collegamento tra il massimale del contributo per le spese di affitto al costo della vita locale, come avviene ad esempio in Finlandia e Svezia.
Perché la riforma abbia successo, sarà fondamentale rinsaldare le politiche attive del mercato del lavoro al fine di ridurre gli ostacoli all'occupazione per le persone vulnerabili. A tale fine occorrerà assicurare un deciso potenziamento del sistema di formazione (OECD, 2019b). La creazione di una nuova piattaforma digitale (Sistema Informativo per l'Inclusione Sociale e Lavorativa, SIISL) rappresenta un passo positivo che può agevolare il collegamento tra le persone in cerca di lavoro e i prestatori di servizi per l'impiego consolidando le banche dati regionali, nonché unificando le banche dati regionali sulle offerte di lavoro e di formazione e mettendole a disposizione dei beneficiari delle prestazioni sociali. Il finanziamento pari a circa il 2,5 % del PIL disponibile attraverso il PNRR per un nuovo programma (Garanzia occupabilità dei lavoratori, Gol) volto a potenziare i percorsi di apprendimento lungo tutto l'arco della vita rappresenta un progresso, ma deve essere integrato da un rigoroso controllo di qualità sugli enti erogatori della formazione (OECD, 2021e). In particolare, le autorità dovrebbero armonizzare i 21 quadri di accreditamento a livello regionale per i prestatori di servizi per l'impiego in un unico quadro a livello nazionale onde garantire che i fornitori attivi sulla nuova piattaforma SIISL soddisfino gli standard minimi di qualità. Inoltre, sarebbe opportuno consolidare e ampliare l'attuale regime dell'Assegno di ricollocamento, che fornisce alle agenzie del lavoro un buono che aumenta proporzionalmente alla distanza delle persone dal mercato del lavoro e che può essere liquidato solo quando la persona trova un lavoro per un periodo minimo di tempo. Più in generale, i requisiti di formazione per i percettori dell'SFL dovrebbero essere ambiziosi e tenere conto sia delle competenze delle persone in cerca di lavoro che delle esigenze del mercato del lavoro. Attualmente, la partecipazione a qualsivoglia corso di formazione, indipendentemente dal numero di ore mensili o dalle prospettive del mercato del lavoro, è considerata conforme ai requisiti di formazione dell'SFL. I corsi di formazione che prevedono solo poche ore al mese o che non migliorano l'occupabilità del destinatario non dovrebbero essere considerati conformi ai requisiti di formazione previsti dall'SFL.
L'accesso alla protezione sociale potrebbe essere migliorato tenendo conto delle prospettive di inserimento nel mercato del lavoro di coloro che richiedono le prestazioni. La riforma considera occupabile qualsiasi persona di età compresa tra i 18 e i 59 anni, non affetta da disabilità e senza specifiche responsabilità di assistenza. Tuttavia, solo il 20 % circa dei percettori di Reddito di Cittadinanza che risultavano occupabili secondo tale definizione aveva un lavoro nel 2022 e circa il 60 % non era stato occupato nei tre anni precedenti (Anpal, 2022). Ciò suggerisce che un'ampia percentuale di percettori di Reddito di Cittadinanza considerati occupabili dalla riforma sono di fatto molto distanti dal mercato del lavoro. Per affrontare il problema, le autorità potrebbero avvalersi degli strumenti di profilazione quantitativa esistenti (Anpal, 2023) per stimare i punteggi di occupabilità a livello individuale e indirizzare le persone con punteggi molto bassi ai servizi sociali per una valutazione multidimensionale approfondita. Qualora i servizi sociali confermino la stima dello strumento di profilazione, i richiedenti potrebbero avere accesso all'Adi, eventualmente a un livello di prestazione inferiore, a prescindere dal fatto che abbiano responsabilità specifiche di assistenza. Tutti gli altri richiedenti potrebbero essere indirizzati ai servizi per l'impiego e presentare domanda per l'SFL. I beneficiari dell'SFL che non riescono a trovare un impiego dopo 12 mesi potrebbero essere riesaminati dai servizi sociali e avere accesso ad un Adi di importo inferiore oppure dovrebbero essere invitati a presentare nuovamente domanda per l'SFL. Tale assetto garantirebbe che i fondi limitati messi a disposizione per la formazione siano destinati alle persone effettivamente occupabili, garantendo nel contempo che i disoccupati siano coperti dalla rete di sicurezza sociale. La semplificazione della procedura di presentazione delle domande per l'SFL, che attualmente comporta la registrazione presso una serie di agenzie e siti web, limiterebbe il rischio che le persone vulnerabili con scarse competenze digitali siano inavvertitamente escluse dal sussidio.
Occorrerà introdurre misure specifiche al fine di aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro che, in particolare nel Sud del Paese, si attesta tra i livelli più bassi dell'OCSE (OECD, 2019a). Inoltre, molte donne lavorano a tempo parziale e percepiscono salari orari inferiori rispetto agli uomini con qualifiche analoghe (Figura 1.33). In una certa misura, tali circostanze potrebbero essere legate agli stereotipi di genere che possono influenzare le scelte in materia di istruzione e di occupazione (Bertrand, 2020), oppure ai pregiudizi intenzionali o involontari dei datori di lavoro che possono dar luogo alla percezione secondo cui la donna media è meno produttiva dell'uomo medio. Secondo tale interpretazione, i divari di genere rispecchiano il cosiddetto "sticky floor", ossia l'insieme dei persistenti svantaggi che le donne sperimentano lungo l'arco della loro vita lavorativa, dall'ingresso nel mercato del lavoro al pensionamento (Ciminelli et al, 2021). In Italia, le ragazze scelgono percorsi di istruzione secondaria superiore e universitaria con prospettive di inserimento nel mercato del lavoro notevolmente peggiori rispetto ai ragazzi, sebbene ottengano risultati migliori in termini di istruzione (Carta et al., 2023). Tali scelte rispecchiano in larga misura le consuetudini culturali e gli stereotipi di genere e potrebbero essere invertite esponendo gli studenti a modelli positivi (donne che lavorano nel settore delle STEM o occupano posizioni di alto livello) e sensibilizzando i genitori e gli insegnanti in merito alla presenza di stereotipi nei media e nei materiali che i genitori e gli educatori utilizzano per la crescita dei bambini. Diversi Paesi europei (tra cui il Belgio, la Finlandia, la Francia, la Norvegia e il Regno Unito) hanno introdotto una normativa volta a limitare l'uso di stereotipi di genere nel campo della pubblicità.
Le politiche in materia di famiglia e lavoro contribuiscono, inoltre, a dare priorità al lavoro domestico non retribuito rispetto all'occupazione formale, in particolare laddove le consuetudini sociali e gli stereotipi di genere continuano a considerare le donne come i principali prestatori di assistenza. In Italia l'accesso all'educazione della prima infanzia è limitato, con un tasso d'iscrizione pari a circa il 26 %, ben al di sotto della media dell'OCSE del 36 % (OECD, 2023a), il che rende difficile per le donne tornare a lavorare dopo la maternità. Le donne, inoltre, sono sovrarappresentate nel campo dell'assistenza informale di lungo termine agli anziani e costituiscono, in genere, circa i due terzi dei prestatori di assistenza informale (Brugiavini et al., 2023). Inoltre, i percorsi di carriera delle donne possono impedire loro di accumulare capitale umano allo stesso ritmo degli uomini, ad esempio perché interrompono la carriera dopo aver avuto figli, trascorrono meno tempo sul posto di lavoro rispetto ai loro coetanei di sesso maschile o rinunciano alle opportunità di promozioni. Se, da un lato, il calcolo delle imposte in base al reddito individuale anziché quello congiunto del nucleo familiare e la recente introduzione di un supplemento al sussidio per i genitori destinato al percettore secondario di reddito (Assegno Unico Universale) incentivano la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, il sistema fiscale e previdenziale rimangono, in linea di massima, favorevoli alle famiglie monoreddito (Carta et al., 2023). Ciò rispecchia in larga misura le prestazioni sociali subordinate al reddito del nucleo familiare e il credito di imposta del coniuge a carico, che dovrebbero essere gradualmente eliminate.
Riquadro 1.6. Impatto stimato sul PIL di determinate riforme strutturali
Le stime fornite in quanto segue quantificano l'impatto cumulato degli scenari di riforma sul PIL entro il 2050 e sono a scopo illustrativo.
Tabella 1.9. Impatto illustrativo sul PIL di una selezione di raccomandazioni
Riforme strutturali |
Scenario |
Effetto di lungo periodo sul livello del PIL pro capite (2050) |
---|---|---|
Migliorare l'efficienza della giustizia civile. |
Riduzione della metà del divario rispetto alla media dell'OCSE entro il 2060. |
+ 1,6 % |
Migliorare l'efficienza della Pubblica Amministrazione. |
Riduzione della metà del divario rispetto alla media dell'OCSE entro il 2060. |
+ 1,3 % |
Rafforzare la concorrenza sul mercato dei prodotti, in particolare nei servizi. |
Riduzione della metà del divario rispetto ai 5 Paesi con i risultati migliori entro il 2031. |
+ 1,6 % |
Aumentare il numero di iscrizioni all'istruzione terziaria e migliorarne la qualità. |
Aumento del tasso di successo scolastico di 0,5 anni entro il 2060 rispetto ai parametri di riferimento. |
+ 1,5 % |
Migliorare la qualità delle politiche attive del lavoro. |
Aumento della spesa destinata ai disoccupati del 10 % entro il 2031 rispetto allo scenario di riferimento. |
+ 1,0 % |
Aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. |
Aumento del tasso di occupazione femminile di 1,5 punti percentuali entro il 2050 rispetto allo scenario di riferimento. |
+ 1,0 % |
Totale |
+ 8,0 % |
Fonte: Modello di lungo periodo dell'OCSE.
Tra le priorità del PNRR figura la riduzione dei divari di genere nel mercato del lavoro. Sarebbe opportuno attuare rapidamente e integralmente i piani stabiliti dalla revisione del PNRR che riguardano la realizzazione di nuovi centri di cura della prima infanzia, destinati ad accogliere 150 000 bambini. Per far sì che la copertura dei servizi di cura della prima infanzia raggiunga il 45 % entro il 2030, potrebbe rivelarsi necessaria un'ulteriore espansione di tali servizi in aggiunta a quanto stabilito dal PNRR rivisto. Sarebbe altresì opportuno individuare risparmi di bilancio in altri settori per fornire i fondi necessari a tale scopo e coprire i costi operativi dei centri sul medio termine. Potrebbe inoltre essere necessario intensificare la formazione onde garantire la disponibilità di un numero sufficiente di insegnanti una volta che i nuovi centri per la prima infanzia saranno divenuti operativi. Ipotizzando classi di dimensioni pari a 7-10 bambini, potrebbero essere necessari tra 15 000 e 21 000 nuovi insegnanti per poter raggiungere gli obiettivi fissati dal PNRR rivisto. Le autorità potrebbero anche introdurre misure volte a incentivare ulteriormente il congedo di paternità, ad esempio disponendo una "quota padre" nel diritto al congedo parentale condiviso (attualmente pari 10 mesi) che può essere utilizzata solo dal padre, oppure estendendo il numero di "mesi bonus" se il padre usufruisce di una percentuale minima del congedo complessivo che spetta al nucleo familiare. La normativa italiana in vigore prevede già un mese di congedo parentale supplementare se il padre richiede almeno tre mesi di congedo. Ciò potrebbe contribuire a condividere l'onere dell'assistenza all'infanzia, consentendo a entrambi i genitori di lavorare, nonché a modificare la percezione del ruolo dell'uomo e della donna. Gli enti di formazione pubblici e privati potrebbero intervenire erogando corsi di formazione specificamente mirati alle donne che desiderano tornare al lavoro dopo un congedo di maternità prolungato. L'attenzione alle competenze digitali può essere cruciale a tale riguardo, poiché le barriere all'ingresso e la scarsa accessibilità economica dell'istruzione digitale, così come i pregiudizi radicati e le consuetudini socio-culturali, spesso limitano la possibilità delle ragazze e delle donne di beneficiare delle opportunità offerte dalla trasformazione digitale (OECD, 2018b). L'ampliamento delle strutture di assistenza a lungo termine per gli anziani ridurrebbe ulteriormente le responsabilità informali in materia di assistenza, il che potrebbe abbattere gli ostacoli alla partecipazione delle donne al mercato del lavoro, sebbene occorra tenere conto dell'impatto di tali provvedimenti sulle finanze pubbliche.
1.7. Occorre proseguire gli sforzi volti a combattere la corruzione
La corruzione riduce le entrate fiscali e frena la crescita della produttività distorcendo la distribuzione delle risorse. Dati recenti indicano che le vendite e la crescita dell'occupazione delle imprese italiane con legami a livello politico sono più elevate rispetto a quelle che non dispongono di relazioni di questo tipo, mentre la crescita della produttività non segue tale schema (Akcigit et al., 2023). Se, da un lato, le misure amministrative per il controllo della corruzione possono determinare la riassegnazione delle risorse alle imprese più produttive piuttosto che a quelle con legami politici, dall'altro le misure amministrative troppo rigide relative al controllo della corruzione rischiano di aumentare il costo dell'attività, soprattutto per le piccole e medie imprese (PMI) che dispongono di capacità limitate per districarsi nei complessi sistemi amministrativi.
La corruzione percepita in Italia è superiore ai livelli di altri Paesi dell'UE e dell'OCSE (Figura 1.34). Sebbene la corruzione percepita sia aumentata dall'inizio degli anni 2000 alla metà degli anni 2010, in seguito è stato sperimentato un netto miglioramento che ha coinciso con l'istituzione dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) nel 2014. Gli indicatori basati sulla percezione non forniscono un quadro completo della corruzione, poiché possono essere condizionati dalle differenze tra i Paesi nell'interpretazione di ciò che è considerato corruzione e sono fortemente influenzati dalla copertura mediatica relativa alla corruzione nel periodo vicino alla data in cui è svolta l'indagine (Rizzica e Tonello, 2020). Pertanto, sebbene vi sia una certa incertezza circa l'esatto posizionamento dell'Italia in termini di corruzione, il quadro generale suggerisce che qui la corruzione è probabilmente più elevata rispetto alla maggior parte dei Paesi dell'Europa occidentale e settentrionale.
La duplice strategia anticorruzione attuata dalle autorità combina un'attenzione particolare alla prevenzione e attività di repressione. La strategia di prevenzione si basa sul rafforzamento della trasparenza dei conti pubblici, compresi gli appalti pubblici, e nella nomina dei funzionari pubblici. L'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha il compito di monitorare, comminare sanzioni e definire un piano triennale anticorruzione a livello nazionale. In termini di trasparenza fiscale, che riduce le possibilità di evasione, l'Italia è pienamente conforme e le norme antiriciclaggio risultano efficaci (Figura 1.35). La strategia di prevenzione è integrata da una strategia di repressione che prevede sanzioni per un'ampia gamma di reati di corruzione. Sebbene il quadro generale sia sostanzialmente in linea con le migliori pratiche, si potrebbe agire in maniera più incisiva per rendere obbligatoria la divulgazione dei beneficiari finali dei contratti di appalto pubblico. Sul fronte della repressione, la recente normativa sul whisteblowing volta a rafforzare la protezione delle persone che, nell'ambito del contesto lavorativo, segnalano violazioni delle disposizioni di legge costituisce un passo avanti e dovrebbe essere pienamente attuata. Per affrontare le cause profonde della corruzione, sarebbe utile adottare un approccio che preveda l'obbligo di mobilità dei dipendenti pubblici per ridurre le possibilità che questi si radichino in posizioni caratterizzate da eccessiva discrezionalità sulle procedure amministrative, anche a livello locale dove ciò non accade. Inoltre, la massima semplificazione e digitalizzazione possibili delle procedure amministrative potrebbe contribuire a ridurre il margine di manovra discrezionale dei dipendenti pubblici. La rivalutazione, nell'ambito della recente riforma degli appalti (Sezione 1.4.1), delle soglie degli appalti pubblici al di sopra delle quali diventa obbligatorio brandire un'asta pubblica può ridurre i rischi di corruzione e collusione tra gli offerenti a cui sono esposti gli appalti pubblici, anche nel contesto dei progetti infrastrutturali (OECD, 2016a).
1.8. Raccomandazioni relative ai principali approfondimenti
PRINCIPALI CONCLUSIONI |
RACCOMANDAZIONI |
---|---|
Transizione da una politica di bilancio espansiva alla prudenza in materia di bilancio |
|
In base alle politiche previste per il 2024, il debito pubblico segue una traiettoria ascendente, limitando il margine di manovra della politica di bilancio. |
Consolidare stabilmente le finanze pubbliche a partire dal 2025 per riportare il debito su un percorso più prudente. |
I ritardi nell'attuazione dei progetti di investimento pubblico previsti dal PNRR rischiano di frenare la crescita. Il Governo ha adottato misure per accelerarne l'attuazione. |
Riorientare il PNRR verso progetti di investimento di grande entità e gestiti a livello centrale che possono essere realizzati, come stabilito dalla revisione del Piano. Continuare ad ampliare il servizio di assistenza tecnica alle amministrazioni locali e ad incrementare l'assunzione di personale specializzato. |
Lo stato di salute finanziaria delle banche è migliorato nel corso dell'ultimo decennio, ma i rischi sono al rialzo. Le banche e le compagnie di assicurazione continuano a essere esposte al debito sovrano nazionale, e il ramo vita del settore registra deflussi finanziari netti. |
Continuare a monitorare l'aumento del rischio di interesse e di credito man mano che le condizioni finanziarie si inaspriscono e l'attività economica rallenta. Continuare a monitorare l'evoluzione dei crediti deteriorati cartolarizzati. |
Portare il debito su un percorso più prudente |
|
Per risanare i conti pubblici saranno necessarie misure volte a limitare la crescita della spesa pubblica e a migliorarne l'efficienza negli anni a venire. La spesa pubblica è fortemente sbilanciata verso il pagamento delle pensioni e degli interessi, che dovrebbero aumentare nei prossimi vent'anni. |
Eliminare gradualmente i regimi di pensionamento anticipato. Introdurre un contributo di solidarietà per le pensioni elevate non correlate a elevati contributivi versati. Rendere più ambiziosi gli obiettivi di risparmio di bilancio delle prossime revisioni della spesa. |
Sul totale del gettito fiscale, la quota delle imposte sul lavoro è più elevata rispetto agli altri Paesi dell'OCSE, mentre l'IVA riscossa e le imposte di successione sono inferiori. L'evasione fiscale determina la perdita di una quota consistente delle entrate. La base imponibile dell'imposta sul reddito è erosa da costose agevolazioni fiscali. Una recente legge di delega prevede una riforma fiscale di ampio respiro. |
Trasferire l'imposizione dal lavoro ai beni immobili e alle successioni, garantendo nel contempo il mantenimento o l'aumento delle entrate. Aggiornare i parametri per i calcoli della base imponibile degli immobili, tenendo conto degli impatti distributivi. Proseguire le azioni di contrasto all'evasione fiscale, altresì continuando a promuovere l'uso dei pagamenti digitali e invertendo l'aumento del massimale per le operazioni in contanti. Eliminare gradualmente le onerose agevolazioni fiscali prive di giustificazione economica o distributiva, ad esempio limitando la copertura della detrazione per il coniuge a carico. |
La Pubblica Amministrazione italiana è percepita come meno efficace rispetto a quella della maggior parte degli altri Paesi dell'OCSE, malgrado le riforme passate e quelle attuali. Le riforme attualmente in corso mirano a migliorare la gestione delle risorse umane e a ridurre gli oneri amministrativi, anche nel settore degli appalti pubblici. |
Continuare a rafforzare il legame tra performance, progressione di carriera e retribuzione dei dipendenti pubblici. |
Aumentare il PIL potenziale rafforzando la crescita della produttività |
|
Il sistema giudiziario è caratterizzato da una scarsa efficienza, che concorre a una bassa crescita della produttività. L'ampia riforma della giustizia civile attualmente in corso mira a promuovere la digitalizzazione, a semplificare le procedure e ad alleggerire le mansioni dei giudici attraverso la creazione di uffici per il processo (UPP). |
Continuare a rafforzare la correlazione tra la performance dei giudici, la progressione di carriera e la loro retribuzione, e garantire che la valutazione della loro performance sia pienamente attuata. |
La crescita della produttività è particolarmente debole nei servizi, il che rispecchia in parte la regolamentazione che tiene a freno la concorrenza, soprattutto nel comparto dei servizi professionali. |
Attuare la riforma della concorrenza approvata nel 2022, altresì prevedendo concessioni per gli appalti pubblici alla loro scadenza. Ridurre l'ambito di applicazione delle regole di "equo compenso" nel comparto dei servizi professionali. |
I bassi tassi di iscrizione all'istruzione terziaria e le scarse percentuali di laureati frenano l'innovazione e la digitalizzazione. |
Proseguire nel potenziamento degli Istituti Tecnologici Superiori (ITS Academy). Continuare a migliorare l'orientamento degli studenti e ad allineare i programmi di studio alle esigenze del mercato del lavoro. |
Il mercato del lavoro non sostiene adeguatamente la distribuzione dei lavoratori alle imprese ad alta produttività, considerando che le microimprese rappresentano un'ampia quota dell'occupazione. |
Ridurre l'incertezza giuridica per i datori di lavoro istituendo una correlazione tra gli indennizzi per licenziamenti illeciti e l'anzianità di servizio. |
Aumentare la partecipazione al mercato del lavoro e rendere la crescita economica più inclusiva |
|
I tassi di occupazione sono bassi, in parte a causa di una debole presenza di incentivi finanziari che inducano i percettori di prestazioni sociali ad accettare un impiego. È in corso una riforma dell'assistenza sociale. |
Rendere più graduale la revoca delle prestazioni nell'ambito dell'Adi e dell'SFL in caso di assunzione. Collegare il limite massimo del contributo per l'affitto al costo della vita locale. Imporre ai percettori dell'assegno di formazione (Supporto per la Formazione e il Lavoro – SFL) l'obbligo di dedicare un numero minimo di ore alla formazione. Ampliare l'accesso alla nuova prestazione di assistenza sociale (Assegno di inclusione – Adi), anche alle persone con prospettive molto deboli sul mercato del lavoro. |
Le persone vulnerabili incontrano ostacoli all'occupazione, in parte a causa delle carenze delle politiche attive del lavoro. Il PNRR fornisce finanziamenti per un nuovo programma di apprendimento permanente. |
Migliorare il controllo di qualità degli erogatori di formazione introducendo un sistema di certificazione a livello nazionale. |
La partecipazione delle donne al mercato del lavoro è tra le più basse dell'OCSE, il che è in parte dovuto alla scarsa disponibilità di servizi per la cura della prima infanzia, alle carenze delle politiche in materia di congedo parentale e alle lacune delle politiche attive del lavoro. |
Estendere in maniera considerevole la copertura dei servizi per la cura della prima infanzia. Incentivare il congedo di paternità introducendo una "quota padre" o aumentando il numero di "mesi bonus" dei congedi fruiti dai padri. |
Continuare a contrastare la corruzione |
|
La corruzione percepita è diminuita notevolmente dall'istituzione dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) nel 2014, ma continua a costituire un problema. |
Valutare in quale misura influiscano sulla corruzione le nuove soglie al di sopra delle quali diviene obbligatorio brandire un'asta pubblica e, se necessario, abbassarle. Imporre la mobilità dei dipendenti pubblici all'interno della loro Amministrazione, anche a livello locale. |
Riferimenti bibliografici
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